Oggi ti voglio scrivere qualcosa che non ha niente di tecnico o di costruito… ma è solo un piccolo diario del cuore. In occasione del compleanno di “Mamma AIS” mi voglio lasciare trasportare dalla passione… e raccontarti di come si è evoluto il mio amore per il vino. E del perché sono qui oggi ed esiste Perlage Suite.

Avevo appena 18 anni quando ho sentito nominare per la prima volta l’Associazione Italiana Sommelier da Mirko Morini (oggi vicedelegato AIS Alta Romagna). Subito ero rimasta affascinata da questo mondo, pur capendoci poco, soprattutto di vino. Venivo da una casa con una cultura del bere sicuramente leggermente sopra la media, ma i vini che giravano rimanevano principalmente del supermercato ed erano sempre gli stessi 4 vitigni: albana, sangiovese, teroldego e greco di tufo… con piccole variazioni verso la falanghina.

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Ho bevuto il mio primo bicchiere di vino nell’agosto 1990, a poco più di 5 anni, era albana dolce ed ero in bottega con nonno a fingere di restaurare un comò di fine ‘700. Mio nonno era restauratore di mobili antichi, ed era molto bravo. Adoravo battere i chiodi nel legno di ciliegio con il mio piccolo martello che mi aveva costruito su misura. Nonna Mira ci aveva portato un bicchierone di albana fresca, di un giallo dorato intenso che ancora ricordo, coperta con un sottobicchiere d’argento per non far passare la polvere della bottega del nonno. Fu amore a prima vista. Da li le mie attività pomeridiane inclusero anche andare nei tini con la nonna a pigiare le uve raccolte nel nostro giardino, dove c’erano alcuni filari. Ci facevamo un succo buonissimo… e un vino, se si può chiamare così, scadente. Nonno stava alla finestra, un piccolo specchio appeso all’infisso e si faceva la barba ancora con il pennello e i rasoi di una volta. Ci guardava e sorrideva. Io li amavo sopra ogni cosa e non finirò mai di dire loro grazie per la splendida infanzia che mi hanno regalato, sicuramente la più bella che potessi desiderare.

Erano i primi di luglio del 2013. Mia nonna era malata terminale in una casa per anziani. Io sono cresciuta con lei, e lei è sempre stata un po’ la mia mamma. Il mio stato di sofferenza, per un amore finito ad ottobre 2009 che forse non dimenticherò mai e per la mia adorata nonna che stava morendo, era così forte che mi ha portato a rinchiudermi in me stessa a scrivere per ore, senza sentire la fame o la sete.

L’ultima Corona di Rose deve il suo nome al Rosario, una lunga collana di perle che ho visto scivolare un’infinità di volte tra le mani dei miei amati nonni che, con assoluta certezza, so di non essersi mai preoccupati che l’oggetto che scandiva le loro preghiere fosse il figlio illegittimo del sangue delle crociate in Oriente.

Questa raccolta è la dedica che regalo a due nonni splendidi, portatori di una fede smisurata pari solo al mio empirismo. Conscia di aver sofferto così tanto da non riuscire più a provare emozioni, oggi, con quest’opera che si pone quasi come un grido liberatorio tra montagne di solitudine, supplico me stessa di ritrovare i sentimenti. E, come ogni cosa della mia vita, anche questo lo faccio con metodo. Così ho diviso la raccolta in cinque poste da dieci grani ciascuna, come gli antichi rosari. E spero, con ogni cellula del mio corpo, che alla fine di questo lavoro, durato un solo giorno, sarò capace di gustare appieno ogni sfumatura di luce di un qualsiasi istante en plain air di una mezza estate che voglio rovente anche nei colori.

Ho detto che questa raccolta è il lavoro di un solo giorno perché, ad eccezione delle prime sei poesie della terza posta, di “La tela bianca” della quarta posta scritta lunedì scorso e di tutta la quinta posta introdotte per spiegare il mio sentire attuale, che si basano su scritti fatti tra il 2004 ed il 2009, (e le ultime sette poesie della quarta posta “Sul futuro” che sono state scritte successivamente) tutti i grani presenti li ho scritti oggi, venerdì 13 luglio, tra le 18 e le 22, vomitando una parola dopo l’altra. Solo alla fine mi sono resa conto di essermi creata un faro do scorrere al mio prossimo orizzonte. Una memoria storica dentro me capace di guidarmi quando le emozioni usa e getta odierne cercheranno di indurmi nuovamente al naufragio sentimentale.

Chiara Bassi, Post Scriptum de “L’Ultima Corona di Rose”

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La tela bianca

Vorrei vivere su un lago.

Ma non porterò una tela bianca

con me solo una cornice

antica, riciclata, elegante

contornerò il sole che cala

il barbone che riposa

la vecchia che guarda

il bambino che corre

il cigno che nidifica

la mia casa, tra le case.

Troppo spesso

si confonde la maestria

con il maestro.

Da “L’Ultima Corona di Rose”, posta quarta: Sul Futuro

Come un presagio, queste parole si insidiarono in me. Era lunedì 8 luglio 2013 quando parlavo che avrei circondato con una cornice la mia casa sul lago. E domani, mercoledì 8 luglio 2015, in una data assolutamente casuale che non ho nemmeno proposto io, vado a vedere la mia casa, tra le case, sul Lago di Iseo.

Ho preso questa decisione istintivamente anche se in modo del tutto casuale. Dovevo andare a vivere a Ravenna, in via Cerchio, col mio più caro amico. Avevamo già firmato la proposta, poi il contratto. Avevo già disdettato il mio appartamento. Il giorno della consegna delle chiavi, 5 giorni prima che dovevamo traslocare, il proprietario litiga con l’ex moglie (comproprietaria della casa) e ci troviamo con la super cazzola dell’essere senza casa. Io credo nei numeri. Io credo che sia stato un segno. Per un mese cerco casa a Ravenna, ma niente sento mio. E poi lei, quell’ultimo piano vista lago che passa sotto i miei occhi per caso, senza nemmeno l’avessi cercata. Si insinua come un’idea, mentre scrivo a Michele Bozza de La Montina, la mia cantina preferita della Franciacorta… che domani non vedo l’ora di rivedere. Amore a prima vista. E ho deciso in un secondo. La mia vita è lì.

Ho sempre avuto un’attitudine naturale con questa terra, che mi ha portato ad avere amici speciali nei dintorni di Bergamo. Prima di tutto Annabella Brumana, che quando pensi ad un avvocato a tutto pensi fuorché ad una ragazza di tale bellezza e dolcezza… che io adoro ormai da 4 anni… e che sarò felice di vedere finalmente regolarmente. Poi Alessandro Milesi, che già solo per il fatto che suona il mio strumento musicale preferito, l’organo, è una specie di divinità per me… ed è anche un ragazzo dolcissimo con cui ho “un conto in sospeso” alla Collegiata di Roma. E infine Gianmarco Gabrieli, che già ai tempi che fondavo il grande “errore” della mia vita, errore senza il quale oggi non farei il mio lavoro e per questo se ci penso razionalmente non sono mai stata più felice di sbagliare in vita mia, mi è stato vicino e sento ancora oggi sempre con grande intesa. Su Gianmarco voglio fare un’ulteriore nota… La Pinco Pallino s.p.a. produce abbigliamento di lusso per bambini… ovvero i vestiti con cui sono cresciuta, che mamma e papà mi compravano al Pierrot di Milano Marittima. Ricordo le ore passate su quella panchina bianca con lo schienale fatto di disegni di bambini a guardare una pelliccetta bianca frou frou… che mi faceva impazzire e fui felice di indossare l’inverno successivo. Scoprire che l’azienda che adoravo fin da bambina era della sua famiglia mi ha fatto sorridere. Sembra una frase fatta, ma a volte è davvero incredibile quanto sia piccolo il mondo.

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Fino ad un paio d’anni fa non amavo particolarmente le bollicine… poi ho scoperto il metodo classico ed infine il Franciacorta. Sarà un sacrilegio per i più, ma in tutta onestà non baratterei il Riserva Villa Baiana de La Montina con nessuno Champagne, nemmeno il più blasonato. E ne ho bevuti tanti… ma non perché io non apprezzi lo Champagne, tutt’altro! Semplicemente questo vino lo sento più vicino a me.

Forse ti stai chiedendo cosa c’entra questo discorso con il compleanno di Mamma AIS… in effetti sto parlando a ruota libera, è vero… ma c’è un suo senso, come in tutte le cose. Ed il senso risiede nel mio amore immenso ed infinito per il vino. Un amore così grande da farmi decidere la mia casa solo seguendo la terra del vino che amo di più. Certo, decidere di cambiare non solo città ma regione in una settimana, e sempre in una settimana trovare casa, in un paese dove non conosco nessuno può profumare di follia. Ma non è follia, è semplicemente libertà. Per essere libera di cogliere l’attimo ho scelto di fare un lavoro che posso fare ovunque ci sia il mio MacBook e una semplice Wi-fi. Non potrei vivere in nessun altro modo.

Oggi l’AIS compie 50 anni. Da sempre sento pareri contrastanti sulla mia amata Associazione. A chiunque ne pensi male posso solo dire che è fatta di persone. E per questo non è perfetta, non può esserlo. Dentro ci sono tante cose, come un mosaico di tessere diverse. Alcune brillano di un colore intenso, altre sono anonime e forse un tantino rovinate. Ho sentito dire che è un’associazione maschilista, ma il vice delegato di Ravenna è la bellissima Raffaella Sangiorgi, e il delegato di Rimini la “provocante” Nunzia Tesoro. (Per chi si chiede perché ho usato il termine provocante, gli consiglio di leggere QUI). Ho sentito dire che il presidente è un montato bugiardo che tratta tutti con superiorità, ma l’ho conosciuto alla trentennale del Loazzolo DOC con sua moglie Ilaria e mi ha fatto davvero un’impressione bellissima: di un uomo che sa chi è e quello che vuole, sa dove è arrivato, ma è comunque figlio della sua umanità ed umiltà. Ho sentito dire che l’esame da sommelier è una sciocca formalità alla portata di tutti, ma quando l’ho fatto io hanno bocciato un mucchio di gente. Ho sentito dire che l’AIS è di parte e per questo c’è gente che non si iscrive, per non essere condizionata… ma non esiste un essere di parte, l’Associazione è formata di soci e per questo ci sono soci di parte e soci no. Ho sentito di polemiche, truffe, bugie… ma vedo ogni giorno l’amore che ci mettono persone come Carla Giorgi, responsabile del gruppo di servizio della delegazione Alta Romagna… che è una donna di una schiettezza e Bellezza abbaglianti e da sola, anche solo per conoscerla, vale andare ad un evento di questa delegazione.

Mamma AIS è mamma AIS. Con i suoi errori e le sue poesie. Ma a chiunque la rifiuti senza averla conosciuta posso solo dire che la cultura del vino che Mamma AIS insegna, difficilmente la imparerete da altre parti. Con mamma AIS puoi avere un rapporto difficile, ma è solo dopo averla conosciuta che puoi sentirti grato di quanto ti ha insegnato.

Io oggi dico grazie, Mamma AIS. Perché senza di te il mio amore per il vino non avrebbe avuto la stessa consapevolezza. Chi ti parla dietro non ti conosce. O forse ti conosce troppo bene, che equivale a non conoscerti affatto.

Felice di iniziare una nuova avventura in AIS Lombardia, spero di essere ancora viva tra altri 50 anni per essere al tuo fianco e in prima fila a festeggiare il tuo primo centenario.

Con immenso amore,

Chiara

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Un grazie a Domenico Manzari per avermi “prestato” involontariamente la foto del cigno.

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