Il sommelier è quella mitologica figura che dicono che ne capisca di vino, a prescindere che abbia scelto di seguire un corso AIS o Fisar. Niente di più sbagliato: la sua competenza nel mondo del pregiato figlio di Bacco si basa tanto sugli studi quanto su altri 3 fattori imprescindibili: la CULTURA (non si può pensare di essere un bravo Sommelier senza una cultura storico/gastronomica adeguata), l’ESPERIENZA (rassegnatevi: i vini che degusterete ai corsi non sono assolutamente un metro universale e soprattutto bastano malapena per farvi un’idea! Per essere in gamba dovete girovagare per cantine e degustazioni ogni qualvolta potete) e la PASSIONE (diventare sommelier è un percorso lunghino e constosetto e chi non ha davvero passione temo che difficilmente arriverà in fondo).
Il termine “sommelier” deriva dal francese provenzale “saumalier”, il cui significato originale era “conducente di bestie da soma”, col tempo mutato in “addetto ai viveri”, poi in “cantiniere”. L’origine latina va individuata nella parola sagma, che significa soma e, per estensione, il carico che gli animali da soma trasportano.
Il sommelier oggi è un professionista in grado di effettuare un’analisi organolettica delle bevande al fine di valutarne la tipologia, la qualità, le caratteristiche, le potenzialità di conservazione, soprattutto in funzione del corretto abbinamento vino-cibo.
[In foto il Presidente AIS Antonello Maietta]
Oltre alla fondamentale preparazione tecnica ed al bagaglio d’esperienza che ogni sommelier deve possedere, vi sono alcuni accessori che risultano essere imprescindibili e fondamentali.
- tastevin: oramai caduto in disuso come strumento tecnico, ma che non deve mancare mai al collo di ogni sommelier, in quanto, nel corso degli anni, ha assunto il valore di autentico simbolo della categoria. Oggi questo accessorio è utilizzato anche per informarci se un sommelier è in servizio oppure no. Quando è in servizio, il tastevin è posizionato normalmente, quando invece il sommelier termina il suo turno – o, comunque, si prende una pausa – appende la coppa metallica al taschino della giacca: questo ci dice che quel sommelier non è, momentaneamente, “operativo”.
- cavatappi: È con il cavatappi che il sommelier effettua l’apertura della bottiglia. Il cavatappi del sommelier deve essere di tipo tascabile, dall’estetica sobria, non particolarmente vistoso o appariscente. È dotato di lama, vite autofilettante e dente d’appoggio per l’estrazione. Questo tipo di cavatappi è disponibile in diversi materiali, ma le caratteristiche salienti rimangono comuni. Altri tipi di cavatappi – come, ad esempio, il ben noto modello casalingo, con le due caratteristiche leve d’estrazione laterali – non sono ammessi. L’eccezione alla regola, che ciascun sommelier sa di dover usare con moderazione, è rappresentata dal vecchio tirabusciòn, costituito dalla sola vite autofilettante e dal manico ad essa perpendicolare. Poiché questo strumento non ha denti d’appoggio o leve d’estrazione, è consentito – caso unico nel rigoroso codice della sommelierie – di bloccare la bottiglia stringendola tra le cosce, in modo da avere le mani libere per esercitare la necessaria forza per l’estrazione del tappo.
- frangino: è un piccolo tovagliolo – solitamente di cotone bianco – utilizzato sia per pulire la bottiglia da eventuali residui di tappo o “lacrime” dopo la stappatura, sia per appoggiarvi la bottiglia nello spostarsi fra i tavoli ed i commensali e, infine, per asciugare il collo della bottiglia dopo aver versato il vino nel calice, onde evitare la perdita di gocce.
- termometro: per poter godere delle qualità di un vino, è imperativo che venga servito alla giusta temperatura, la quale varia, a seconda della tipologia del vino.
- abbigliamento: Quando esercita le sue funzioni, il sommelier deve essere vestito secondo il codice e la tradizione richieste dalle associazioni di categoria. A seconda delle circostanze, l’abbigliamento può variare, ma sempre rispettando regole precise.
Prima di tutto voglio fare un appunto: ci sono solo due strutture riconosciute dallo Stato Italiano come formative per diventare Sommelier e sono l’AIS “Associazione Italiana Sommelier” e la FISAR “Federazione Italiana Sommelier degli Albergatori e Ristoratori”. Parallelamente sono nate una serie infinita di altre organizzazioni che fanno corsi “sottocosto” ed in brevissimo tempo ti dicono che diventi Sommelier: bene, toglitelo dalla testa! Quel pezzo di carta non ha valore se non per chi glielo vuole attribuire. A fianco a questo posso dire, per esperienza diretta, che l’AIS tiene un corso molto valido per dare delle nozioni di base di pregiata fattura sul mondo del vino. Tuttavia questo corso non basta per essere conoscitori del vino ma deve essere visto come un ottimo punto di partenza. Per diventare dei veri “Sommelier” occorre bere, bere e ancora bere vini di diversa qualità per imparare a distinguerli, occorre fare degustazioni verticali ed orizzontali, occorre vagabondare per cantine, parlare con i produttori. La morale è: qualsiasi corso scegliate, ricordate sempre che questa è la partenza e non l’arrivo. Per il vino, a mio parere, un vero arrivo non esiste. L’unico limite che avrete è quello che vi porrete voi.
Entrambe le associazioni organizzano i corsi con cadenza annuale. Non avere fretta di iniziare, scegli quella più vicina a te. Il percorso è lungo e costoso, meglio fare una decisione ponderata. Personalmente ho fatto ad ottobre/novembre/dicembre 2013 il corso di primo livello AIS, a febbraio/marzo/aprile 2014 il corso di secondo livello AIS ed attualmente sto frequentando il terzo livello (siamo ad ottobre 2014). Chi come me ha un percorso di studi piuttosto impegnativo alle spalle troverà questi corsi con una didattica molto elementare ed un metodo di insegnamento che non arriva all’approccio di un liceo di qualità. E soprattutto si scandalizzerà di trovare lungo un percorso che, se fatto con impegno, dura malapena un anno e mezzo (ho l’esame ufficiale a marzo 2015). Credo tuttavia che l’approccio elementare al vino sia giusto in quanto non tutti partono dallo stesso livello di competenza ed in questo modo si garantisce anche al più “indietro” una preparazione adeguata e facilmente seguibile. La morale è: non aspettarti di essere ad un’università del vino, piuttosto ad un monologo con “amici chiacchieroni” che amano molto l’argomento e cercano di trasmetterti la loro passione.
[Aggiornamento 2021: In foto Luigi Terzago, il nuovo Presidente FISAR]
Si può diventare Sommelier per lavoro o per passione, nel mio caso specifico è un misterioso connubio di queste due cose. Questo perché essendo fidanzata con uno Chef che ha un ristorante di quelli di alta qualità (Matteo dopo essere stato allievo di Gualtiero Marchesi ha lavorato nei più grandi ristoranti stellati Michelin di Italia e Francia) per lavoro applico i miei saperi enologici nella redazione della carta dei vini e talora, se mi trovo in ristorante, parlo per ore di vino con i miei clienti più appassionati. Tuttavia il mio lavoro principale resta quello della Web Designer e mi occupo anche di Social Media Strategist e Web Marketing e per questo non mi presto a fare servizio in sala: non è il mio lavoro e non avrei nemmeno tempo. Diciamo quindi che lo aiuto in sala solo in occasioni particolari.
Direi che dovresti diventare sommelier professionista solo se vuoi lavorare in un ristorante di livello, con l’onere di tenere in ordine la cantina, organizzandone al meglio la gestione, curando la pulizia dei locali, lo stoccaggio delle bottiglie, il controllo delle giacenze e delle scorte, verificando di volta in volta le condizioni del vino in bottiglia e la giusta temperatura di mantenimento del prodotto. Nella cantina va tenuto un certo livello di umidità per evitare che l’aroma dei vini sia danneggiato.
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Il sommelier deve:
- tenere sempre in continuo e costante aggiornamento la “carta dei vini”;
- acquistare i vini e le bevande tenendo conto delle risorse economiche a disposizione, della categoria del locale/ristorante e dello stile della cucina in una logica di grande rapporto qualità/prezzo;
- collaborare con il personale addetto alla cucina e alla sala del ristorante;
- gestire al meglio i rapporti con chi fornisce merci e bevande;
- controllare che l’ambiente rispetti le norme igienico-sanitarie previste dalla normativa di settore;
- conoscere le tecniche di degustazione dei vini.
Soprattutto il sommelier deve gestire accuratamente il rapporto con la clientela, che, se possibile, è ancora più importante della gestione della cantina. La soddisfazione del cliente deve essere l’obiettivo primario di ogni sommelier e perché questa avvenga, la partita si gioca sul piano umano. Anche il cliente più esigente può perdonare una piccola mancanza se siete in grado di incantarlo con una cultura affabile e non invadente.
Diventa sommelier se vuoi fare questo lavoro o se più semplicemente ami il vino. ti consiglio quindi di scegliere se diventare Sommelier AIS o FISAR, ma non pensare nemmeno per un momento che fare questi corsi non sia importante. La loro didattica, seppur semplice e forse un po’ troppo mnemonica a discapito del ragionamento, è fondamentale per farti capire cosa ti occorre sapere per fare il passo successivo.
Evita gli atteggiamenti da enofighetto snob: ti sei guadagnato un pezzo di carta, ma devi restare umile. Il mondo del vino è ampio e pieno di persone affascinanti da cui puoi imparare.
Io personalmente ho seguito i corsi AIS e mi sono trovata molto bene, soprattutto nella sede di Faenza, oggi Alta Romagna. L’unica pecca di questi corsi è che la qualità di quanto ho bevuto (e mangiato al 3°livello) non deve essere presa come legge universale in quanto solitamente medio-bassa. I corsi sono bellissimi perché ti mettono sulla strada, ma sta poi a te bere e ancora bere per sapere davvero di cosa parlare.
In bocca al lupo per il tuo percorso!
Cheers 🍷
Chiara
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