Oggi il carissimo Umberto Gambino mi tagga su Facebook nell’ultimo articolo pubblicato su Wining, con un titolo che non mi può lasciare indifferente: “Perché la comunicazione del vino fa schifo? Tutti gli errori più frequenti dei produttori”. Su gentile concessione di Reka Haros, autrice dell’articolo originale apparso su thebuyer.net, lo staff di Wining ha tradotto l’articolo per il pubblico italiano. Personalmente credo che i produttori italiani debbano ringraziare di cuore Umberto per il loro lavoro, è un articolo molto bello che ti consiglio assolutamente di leggere per intero. In questo articolo riporterò qualche estratto e ti parlerò dell’Effetto Coca-Cola nel Wine Marketing, una sorta di WOW dell’emozione. Era da un po’ che avevo voglia di scrivere qualcosa sul mio lavoro di Comunicazione del vino, così ringrazio Umberto per avermi dato questo interessante spunto.

Anche se io non bevo Coca Cola in quanto la reputo altamente dannosa per l’organismo (come tutte le altre bevande gassate zuccherate), oggi ti voglio parlare dell’Effetto Coca-Cola come colonna portante del Marketing e della Pubblicità. Ti stai chiedendo perché per un Wine Marketing efficace dovresti comunicare il vino con l’Effetto CocaCola? Beh ho scelto Coca Cola per questi 3 motivi:

  1. Coca Cola non è un produttore di vino: quindi posso parlarti di quello che penso senza condizionamenti e riferimenti “di parte”;
  2. Il nonno della Coca Cola è nato in Italia, e, in origine, era proprio un vino: il Vino Mariani;
  3. Le pubblicità della Coca Cola, da oltre 100 anni, dovrebbero ispirare tutti i produttori di vino.

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“Gusto + emozioni”: questa è Coca Cola, da sempre.

Wine Marketing #1- Davvero pensi che così mi stupirai?

Alcune delle ragioni per cui la comunicazione del vino fa schifo sono chiare come il sole in questo piccolo sondaggio condotto nel 2013, che ha esaminato 30 copertine consecutive del Wine Spectator tra il 2010 e il 2012 ed ispezionato 872 pubblicità diverse. Chi presta attenzione alla pubblicità del vino non si stupirà di sapere che tali pubblicità erano tutte più o meno identiche. In questo caso, l’86% riportava l’immagine di una bottiglia ed il 66% faceva riferimento ad una sorta di elemento geografico.
Oggi se aprite una rivista di vini ben nota, le immagini pubblicitarie non sono così diverse. Guardando le immagini di oggi attraverso gli occhi di un ex-addetto al marketing, non sono solo noiose, ma non riescono comunicare un messaggio ben definito e distinto. Gli occhi dei lettori non solo sono stati abituati a vedere gli stessi tipi di immagini più e più volte, ma gli annunci non riescono a promuovere alcuna informazione emotivamente rilevante per il lettore. Come ci si può ricordare qualcuno di questi annunci quando nessuno di essi è memorabile?
La pubblicità con contenuti emotivi è mediamente nove volte più efficace nel guidare vendite rispetto alla pubblicità non emotiva, come dimostra il rapporto degli eventi WARC, “Procter & Gamble valorizza il marketing emotivo”, di Steven Whiteside, del marzo 2015.

La riconoscibilità non vende. La geografia non vende. Certo, sicuramente potranno farti prendere in considerazione da qualcuno, ma tu vuoi che questo qualcuno ti dica che sei bravo e bello o che compri il tuo vino? Tu hai bisogno di vendere. Ci sono produttori di vino che non investono 1 € in Pubblicità e ci sono produttori di vino che investono migliaia di euro in Pubblicità, senza però dire il famoso “perché” dei consumatori. Entrambi aspettano che accada qualcosa, ovvero che i consumatori comprano i loro vini. La realtà è che il consumatore comprerà il vino di chi, nella sua testa, gli farà fare bella figura. Dare per scontato che il consumatore “ti conosca” o spendere soldi per farti riconoscere è quasi inutile.

In questa pubblicità la bottiglia della coca cola non è nemmeno a fuoco e occupa una piccolissima parte di tutta la scena, ma si nota. Non c’è una pubblicità gigantesca della fabbrica che produce la Coca Cola. Il protagonista è il potenziale consumatore in una scena di vita quotidiana. Il testo è emozionale, ma emozionale sul serio. Non emozionale di quelli che emoziona giusto il portafoglio di chi lo crea.

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Coca Cola celebra momenti autentici e reali: contesti emozionanti e prodotto al centro.

Wine Marketing #2 – L’Effetto Coca-Cola

Ma nel 2017, l’industria del vino continua a concentrarsi sul mettere il prodotto in primo piano. Perché pensiamo ancora che mettere delle immagini di bottiglie, tutte uguali tranne che per le etichette – e anche queste di solito fanno schifo – sia una forma efficace di pubblicità?

Se vuoi vendere devi fare l’amore con i tuoi potenziali clienti, non chiedergli un servizietto. Lo so: ho usato una frase forte. Però credo non ci sia un altro modo per dirlo con la stessa efficacia. Il problema della Comunicazione del vino è che le Agenzie di Pubblicità, armati di egoismo creativo, incoraggiano i produttori di vino a fare l’Amore con sé stessi. Ohibò, proprio in questi giorni sto scrivendo la trama di 3 video pubblicitari per una splendida tenuta abruzzese… e ho guardato con la titolare e da sola un numero di video di cantine da girare la testa. Alcuni fatti bene, anzi benissimo. Alcuni fatti male, anzi malissimo. Qualcuno ha vinto qualche premio. Altri non potrebbero vincere nemmeno il premio di consolazione di un “cinevento” di paese. Ma tutti hanno una cosa in comune: sono di una noia mortale. Non sono riuscita ad arrivare in fondo io che avevo tutto l’interesse di vederli, come puoi pensare che lo farà il tuo potenziale cliente? Quante bottiglie di vino pensi ti faranno vendere? Pensaci bene, come puoi pensare che il tuo potenziale consumatore scelga, o meglio RICORDI, proprio il tuo vino dopo aver visto, ad esempio, una bellissima ma banalissima foto della tua bottiglia o del tuo vigneto su una rivista, su Facebook o da qualsiasi altra parte? Con tutte quelle che vede, poi!


“Più che farci conoscere un prodotto, la pubblicità deve farcelo desiderare”. Roberto Gervaso

Wine Marketing #3 – L’Agenzia pubblicitaria dell’Imperatore

Siamo spinti a fare affidamento sui dati, su Big Data e guardare i numeri che rappresentano le correlazioni tra di loro, ma in questi tempi frenetici ci dimentichiamo di esaminare i dati che Big Data non può spiegare. Il “perché” dei consumatori. Conosciamo chi, cosa, quando, dove e come delle abitudini e dei comportamenti dei nostri consumatori, ma non stiamo scavando abbastanza in fondo alla ricerca dei loro “perché”!
I numeri non sono sentimenti né emozioni, e per esempio, i sentimenti di nostalgia o di orgoglio non possono essere misurati attraverso l’azione digitale. Dobbiamo ricordarlo e assicurarci di collegarci con i nostri consumatori attraverso le loro emozioni, non solo attraverso i loro comportamenti digitali.

Signori della Pubblicità, voi che fate i “Patacca” sui Big Data, avete sinceramente stancato con questa storia che la Pubblicità non è misurabile. A me non interessa. Il produttore di vino che spende 1, 10, 100, 1000, 100.000 € in pubblicità vuole contare quantomeno il ritorno dell’investimento. E francamente, sono d’accordo con lui. La Pubblicità si fa per vendere. Le vendite sono misurabili. Se prima di conoscerti il produttore di vino X vendeva un numero X di bottiglie, dopo aver speso Y dovrà vendere un numero X+n di bottiglie, no?

Mi viene in mente una fiaba danese di Andersen che ho (ri)letto proprio pochi giorni fa in riva al lago che si intitola “I vestiti dell’Imperatore”. La conosci? Parla di un imperatore vanitoso e accecato dal culto dell’esteriorità che spendeva tutti i suoi soldi in vestiti lussuosi. Un giorno due imbroglioni nuovi in città spargono la voce di essere i migliori dei tessitori, capaci di trasformare le stoffe preziose in un tessuto leggerissimo, invisibile agli occhi degli stupidi. L’imperatore commissiona ai due imbroglioni l’abito e riempie loro d’oro, e durante il lavoro manda due fidati ministri a vedere come procede. I due tessitori, che hanno tessuto l’aria, fingono di mostrar loro una stoffa magnifica. I due inviati dell’imperatore, per non apparire stupidi, fingono di vederla e ne elogiano la bellezza quando tornano dall’imperatore. Quando i due tessitori imbroglioni fingono di fargli indossare l’abito finito, l’imperatore decide di fingere di vederlo per non apparire stupido, e ne elogia anch’egli la bellezza. L’imperatore sfila senza abito mentre il popolo loda la grande eleganza del sovrano, pur non vedendo alcunché, finché un bambino grida con innocenza “Il re è nudo!”. Come nulla fosse, il sovrano continua il corteo con i dietro i due ministri che fingono di tenere lo strascico.

A me questa favola ricorda tanto l’agenzia pubblicitaria di turno quando ti dice che l’efficacia della Pubblicità è un qualcosa che non si può misurare. La Pubblicità non è Arte fatta per concorsi ed essere capita solo dai creativi. E io sono stanca di vedere video, etichette e locandine brutte, autocelebrative e inefficaci solo perché i clienti fanno la parte dei ministri dell’imperatore… poi attenzione! La Pubblicità non è misurabile al 100% subito e cambiare agenzia pubblicitaria come si cambiano mutande è comunque sbagliato. Ma anche i produttori di vino che fanno la parte dell’imperatore sono assai numerosi: per vendere vino non basta produrre vino e vestirlo bene, anche se è un buon vino e l’etichetta è bellissima.

“La pubblicità è vendere aria, ma è proprio quell’aria che fa girare il mulino”. Marcel Bleustein

Wine Marketing #4 – Tu vuoi vendere i tuoi vini a 10 saputelli, 1.000 sommelier o 100.000 consumatori?

Poi c’è questa ossessione con la didattica“Come essere un esperto di vino – suggerimenti di XZY” è un titolo che vedo ovunque. Certo, capisco, è importante e credo nel potere dell’istruzione. […] Ha creato questa nozione che per poter dire anche “vino” bisogna conoscere il vino, che se non sapete abbastanza di VINO allora non siete portati per il commercio o anche semplicemente il consumo di vini. Questo tipo di comunicazione ha contribuito al rendere il vino esclusivo, mentre i nostri concorrenti alcolici sono principalmente inclusivi e accessibili nelle loro comunicazioni.

Peggio del produttore di vino che parla male degli altri produttori di vino, c’è solo il produttore di vino che si crogiola nel fare un vino che piace solo agli enofighetti. Ah beh, allora! Quanti potenziali enofighetti ci sono? E di questi, quanti potenzialmente sceglieranno proprio te? Sicuro di essere così enofighissimo per loro? Perlage Suite è anche un blog didattico sul vino, quindi la predica viene da un pulpito per cui la didattica è davvero importante. Un conto è la lodevole volontà di educare il consumatore ed aiutarlo a scegliere un buon vino, un conto è il voler collocare il proprio come un prodotto esclusivo. Leggi bene: ESCLUSIVO, ovvero che esclude una fetta di pubblico al suo potenziale consumo. No, non ci sto. Un conto è targettizzare il proprio pubblico, un conto è escluderne una parte a priori. Hai mai fatto caso che la Coca Cola la trovi tra le mani del manager della multinazionale come dello studente di terza media? Poi parliamoci chiaro, io non sono nata imparata. Le mie competenze le ho acquisite studiando, e tanti anni fa di vino non sapevo proprio niente. Chi lo dice che il consumatore medio di oggi non sarà il tuo caro enofighetto di domani?

“La migliore pubblicità è un cliente soddisfatto”. Bill Gates

Wine Marketing #5 –  Emoziona

Anche se molti di noi si ritengono essere creature pensanti con dei sentimenti, biologicamente siamo creature sentimentali che pensano”.
Jill Bolte Taylor, neurologa

“La maggior parte della pubblicità non fa tanto appello alla ragione quanto all’emozione”. E. Fromm

Quindi, invece di concentrarsi tanto sull’istruzione, perché non concentrarsi un po’ più sulla creazione di esperienze? I clienti non pagano i vini che stanno degustando, ma pagano una grande storia che potranno raccontare ai loro amici. E questa storia deve farli apparire belli e interessanti agli occhi degli altri. A quel punto, voi e il vostro marchio diventate un’esperienza indimenticabile nelle menti dei vostri clienti, così loro faranno conoscere la vostra storia. E indovinate un po’? Non solo diffonderanno la parola sul vostro marchio, ma lo consiglieranno, e in tutto questo avranno anche imparato molto sul vino.

Per vendere devi creare immagini bellissime dove il tuo vino fa parte della vita delle persone, un protagonista discreto nei momenti più rilevanti della loro vita.

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“Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia”. Seth Godin

Wine Marketing/6 – Abbassare i prezzi significa limitare le scelte. Ma solo le tue.

E infine, la comunicazione del vino fa schifo quando verte tutto e sempre sulle promozioni dei prezzi. “Nel tempo, però, in un mercato competitivo, la ricerca del fondo porta alla brutalità. La brutalità di danneggiare i fornitori, la brutalità di compromettere la tua morale e la tua missione. Qualcun altro è sempre disposto ad andare un centesimo più basso di quello che sei e per competere, le tue scelte diventano sempre più limitate “.

Seth Godin

Caro produttore di vino, ricordatelo bene: ci sarà sempre qualcuno che può più di te vincere la guerra dei prezzi. Ci sarà sempre una cantina che può comprare più pubblicità di te. Ci sarà sempre una cantina che può abbassare il prezzo più di te. Se tu stai al gioco del prezzo e abbassi fino alla soglia del mancato guadagno, non stai limitando le scelte del consumatore. Non lo stai inducendo a comprarti. Le uniche scelte che stai limitando sono le tue. La guerra dei prezzi ti fa limitare ogni cosa, dalla qualità di quello che metti nella bottiglia alla tua vita. La guerra dei prezzi che ti costringe a non pagare i tuoi fornitori crea attorno a te una pubblicità negativa che presto o tardi ti danneggerà. La guerra dei prezzi ti fa toccare il fondo, ma soprattutto non ti fa essere una “prima scelta” per nessun consumatore. Credi che Louis Vuitton sia un oggetto di culto e desiderio per una gran fetta di popolazione perché costa poco, anzi pochissimo?

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Nessuno desidera quello che tutti possono avere. Nessuno ti sceglie perché sei quello che costa meno, basta voltare l’angolo per trovare qualcuno che costa meno di te. Quello che fa sì che il consumatore scelga proprio il tuo vino, è come sei capace di farlo sentire mentre lo beve. A prescindere che il tuo vino costa 10 € o 100 € alla bottiglia. Scopri dentro di te come vuoi che si sente il tuo potenziale cliente mentre beve il tuo prodotto. Fai l’amore con questa idea e dopo pubblicizzala.
“Investire in pubblicità in tempi di crisi è come costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”. Steve Jobs
La Pubblicità è quel Quid che dai al tuo vino per vendere più bottiglie, più spesso e dopo aver aumentato i prezzi.

Questo è il mio modo di Comunicare il vino per i miei clienti.

Per me, tutto il resto è fuffa.
Cheers 🍷
Chiara

P.S. Ti consiglio di leggere anche questo articolo di Wine Marketing: Famosa attrice cinese firma il vino italiano di Tenuta Pianirossi – scelta vincente oppure no?

Leggi la fiaba completa I vestiti nuovi dell'imperatore di Hans C. Andersen, 1837

Molti anni fa viveva un imperatore che amava tanto avere sempre bellissimi vestiti nuovi da usare tutti i suoi soldi per vestirsi elegantemente. Non si curava dei suoi soldati né di andare a teatro o di passeggiare nel bosco, se non per sfoggiare i vestiti nuovi. Possedeva un vestito per ogni ora del giorno e come di solito si dice che un re è al consiglio, così di lui si diceva sempre: «E nello spogliatoio!». Nella grande città in cui abitava ci si divertiva molto; ogni giorno giungevano molti stranieri e una volta arrivarono due impostori: si fecero passare per tessitori e sostennero di saper tessere la stoffa più bella che mai si potesse immaginare. Non solo i colori e il disegno erano straordinariamente belli, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili agli uomini che non erano all’altezza della loro carica e a quelli molto stupidi. “Sono proprio dei bei vestiti!” pensò l’imperatore. “Con questi potrei scoprire chi nel mio regno non è all’altezza dell’incarico che ha, e riconoscere gli stupidi dagli intelligenti. Sì, questa stoffa dev’essere immediatamente tessuta per me!” e diede ai due truffatori molti soldi, affinché potessero cominciare a lavorare. Questi montarono due telai e fecero fìnta di lavorare, ma non avevano proprio nulla sul telaio. Senza scrupoli chiesero la seta più bella e l’oro più prezioso, ne riempirono le borse e lavorarono con i telai vuoti fino a notte tarda. “Mi piacerebbe sapere come proseguono i lavori per la stoffa” pensò l’imperatore, ma in verità si sentiva un po’ agitato al pensiero che gli stupidi o chi non era adatto al suo incarico non potessero vedere la stoffa. Naturalmente non temeva per se stesso; tuttavia preferì mandare prima un altro a vedere come le cose proseguivano. Tutti in città sapevano che straordinario potere avesse quella stoffa e tutti erano ansiosi di scoprire quanto stupido o incompetente fosse il loro vicino. “Manderò il mio vecchio bravo ministro dai tessitori” pensò l’imperatore “lui potrà certo vedere meglio degli altri come sta venendo la stoffa, dato che ha buon senso e non c’è nessuno migliore di lui nel fare il suo lavoro.” Il vecchio ministro entrò nel salone dove i due truffatori stavano lavorando con i due telai vuoti. “Dio mi protegga!” pensò, e spalancò gli occhi “non riesco a vedere niente!” Ma non lo disse. Entrambi i truffatori lo pregarono di avvicinarsi di più e chiesero se i colori e il disegno non erano belli. Intanto indicavano i telai vuoti e il povero ministro continuò a sgranare gli occhi, ma non potè dir nulla, perché non c’era nulla. “Signore!” pensò “forse sono stupido? Non l’ho mai pensato ma non si sa mai. Forse non sono adatto al mio incarico? Non posso raccontare che non riesco a vedere la stoffa!” «Ebbene, lei non dice nulla!» esclamò uno dei tessitori. «È splendida! Bellissima!» disse il vecchio ministro guardando attraverso gli occhiali. «Che disegni e che colori! Sì, sì, dirò all’imperatore che mi piacciono moltissimo!» «Ne siamo molto felici!» dissero i due tessitori, e cominciarono a nominare i vari colori e lo splendido disegno. Il vecchio ministro ascoltò attentamente per poter dire lo stesso una volta tornato dall’imperatore, e così infatti fece. Gli imbroglioni richiesero altri soldi, seta e oro, necessari per tessere. Ma si misero tutto in tasca; sul telaio non giunse mai nulla, e loro continuarono a tessere sui telai vuoti. L’imperatore inviò poco dopo un altro onesto funzionario per vedere come proseguivano i lavori, e quanto mancava prima che il tessuto fosse pronto. A lui successe quello che era capitato al ministro; guardò con attenzione, ma non c’era nulla da vedere se non i telai vuoti, e difatti non vide nulla. «Non è una bella stoffa?» chiesero i due truffatori, spiegando e mostrando il bel disegno che non c’era affatto. “Stupido non sono” pensò il funzionario “è dunque la carica che ho che non è adatta a me? Mi sembra strano! Comunque nessuno deve accorgersene!” e così lodò la stoffa che non vedeva e li rassicurò sulla gioia che i colori e il magnifico disegno gli procuravano. «Sì, è proprio magnifica» riferì poi all’imperatore. Tutti in città parlavano di quella magnifica stoffa. L’imperatore volle vederla personalmente mentre ancora era sul telaio. Con un gruppo di uomini scelti, tra cui anche i due funzionari che già erano stati a vederla, si recò dai furbi truffatori che stavano tessendo con grande impegno, ma senza filo. «Non èmagnifique?» esclamarono i due bravi funzionari. «Sua Maestà guardi che disegno, che colori!» e indicarono il telaio vuoto, pensando che gli altri potessero vedere la stoffa. “Come sarebbe!” pensò l’imperatore. “Io non vedo nulla! È terribile! sono forse stupido? o non sono degno di essere imperatore? È la cosa più terribile che mi possa capitare.” «Oh, è bellissima!» esclamò «ha la mia piena approvazione!» e ammirava, osservandolo soddisfatto, il telaio vuoto; non voleva dire che non ci vedeva niente. Tutto il suo seguito guardò con attenzione, e non scoprì nulla di più; tutti dissero ugualmente all’imperatore: «È bellissima» e gli consigliarono di farsi un vestito con quella nuova meravigliosa stoffa e di indossarlo per la prima volta al corteo che doveva avvenire tra breve. «Emagnifìque , bellissima,excellente » esclamarono l’uno con l’altro, e si rallegrarono molto delle loro parole. L’imperatore consegnò ai truffatori la Croce di Cavaliere da appendere all’occhiello, e il titolo di Nobili Tessitori. Tutta la notte che precedette il corteo i truffatori restarono alzati con sedici candele accese. Così la gente poteva vedere che avevano da fare per preparare il nuovo vestito dell’imperatore. Finsero di togliere la stoffa dal telaio, tagliarono l’aria con grosse forbici e cucirono con ago senza filo, infine annunciarono: «Ora il vestito è pronto.» Giunse l’imperatore in persona con i suoi illustri cavalieri, e i due imbroglioni sollevarono un braccio come se tenessero qualcosa e dissero: «Questi sono i calzoni; e poi la giacca – e infine il mantello!» e così via. «La stoffa è leggera come una tela di ragno! si potrebbe quasi credere di non aver niente addosso, ma e proprio questo il suo pregio!». «Sì» confermarono tutti i cavalieri, anche se non potevano vedere nulla, dato che non c’era nulla. «Vuole Sua Maestà Imperiale degnarsi ora di spogliarsi?» dissero i truffatori «così le metteremo i nuovi abiti proprio qui davanti allo specchio.» L’imperatore si svestì e i truffatori fìnsero di porgergli le varie parti del nuovo vestito, che stavano terminando di cucire; lo presero per la vita come se gli dovessero legare qualcosa ben stretto, era lo strascico, e l’imperatore si rigirava davanti allo specchio. «Come le sta bene! come le dona!» dissero tutti. «Che disegno! che colori! È un abito preziosissimo!» «Qui fuori sono arrivati i portatori del baldacchino che dovrà essere tenuto sopra Sua Maestà durante il corteo!» annunciò il Gran Maestro del Cerimoniale. «Sì, anch’io sono pronto» rispose l’imperatore. «Mi sta proprio bene, vero?» E si rigirò ancora una volta davanti allo specchio, come se contemplasse la sua tenuta. I ciambellani che dovevano reggere lo strascico finsero di afferrarlo da terra e si avviarono tenendo l’aria, dato che non potevano far capire che non vedevano niente. E così l’imperatore aprì il corteo sotto il bel baldacchino e la gente che era per strada o alla finestra diceva: «Che meraviglia i nuovi vestiti dell’imperatore! Che splendido strascico porta! Come gli stanno bene!». Nessuno voleva far capire che non vedeva niente, perché altrimenti avrebbe dimostrato di essere stupido o di non essere all’altezza del suo incarico. Nessuno dei vestiti dell’imperatore aveva mai avuto una tale successo. «Ma non ha niente addosso!» disse un bambino. «Signore sentite la voce dell’innocenza!» replicò il padre, e ognuno sussurrava all’altro quel che il bambino aveva detto. «Non ha niente addosso! C’è un bambino che dice che non ha niente addosso!» «Non ha proprio niente addosso!» gridava alla fine tutta la gente. E l’imperatore, rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: “Ormai devo restare fino alla fine.” E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era.

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