Oggi su Intravino mi è capitato di leggere un articolo intitolato “Perché Slow Food sul vino di Al Bano alla Coop per 1,91 euro sbaglia (spiegato in modo convincente)” che non mi ha convinto affatto. A me Intravino tendenzialmente piace molto, tuttavia talvolta mi sembra che i giornalisti peccano di una saccente onnipotenza… Non fraintendermi: sono d’accordo su molte cose scritte da Antonio Tomacelli… ma ho diversi punti che non mi tornano e per questo vorrei approfondire quanto ho letto.
L’oggetto è il vino di Al Bano. Tuttavia chiamarlo “vino di Al Bano” mi sembra assolutamente improprio dato che non lo produce lui, ma compra le uve dalle cooperative locali. Ho sentito parlare di tradizione di famiglia. Sarò antica, ma per me il vino lo fa “chi si sporca le mani”. Sono grata di avere tanti amici vignaioli… E se c’è una cosa che ho imparato nel mio percorso nel mondo del vino è che a fare il vino si comincia dalla vigna. Punto. Il resto tendo a considerarlo più una moda… Del resto fa figo dire “il mio vino” e regalarlo ad amici e parenti, no? Ancora di più se il vino in questione è prodotto da un personaggio del mondo dello spettacolo che può permettersi di comprare tonnellate di uve di bassa qualità da trasformare in un vino di ancor più bassa qualità che viene venduto ad un prezzo che ci si pagano malapena il tappo, il vetro e l’etichetta. Io ci aggiungerei anche una bella scatola… O una figurina di Al Bano col microfono in mano da legare al collo della bottiglia… Sono certa che le casalinghe impazziranno. E pazienza se a pochi euro in più ci puoi comprare un vino come Dio comanda: non è mica il vino di Al Bano quello, neh?
Bene, perdonami la piccola premessa acida che ho fatto… Ma sono davvero stanca di sentire storie di vip e pseudo vip che s’inventano di fare vino, olio, libri… Vado in libreria e mi trovo l’ultimo libro della Barbara D’Urso che mi spiega come va il mondo (poi a me gli editori mi chiedono di pubblicarmi gratis o quasi perché tanto poi la poesia in Italia non vende), sfoglio il volantino della Coop e mi trovo Al Bano che svende il suo vino ad 1.91 € a bottiglia. Ma è mai possibile? Gigi d’Alessio e la Tatangelo l’olio lo producono almeno?
Innanzi tutto sono stanca di vedere associato il Piemonte al Barolo e basta. Lo sai che il Piemonte ha 42 DOC e 17 DOCG? No, dico in Piemonte ci sono 42 DOC!!!! 17 DOCG!!! La smettiamo di parlare solo di Barolo quando si parla di Piemonte o no? Stesso discorso per le Langhe… Io adoro le Langhe… Ma ci sono anche altre zone vitivinicole in Piemonte! E non sono certo da meno! Personalmente credo che, al di là dell’oggettivo maggior impegno che richiede la produzione di un certo tipo di vini, il prezzo finale sia influenzato molto dal nome del vino stesso. Del resto accade lo stesso nella moda, no? Louis Vuitton può permettersi di vendere una borsa di plastica a 600 €, Patrizia Pepe o Twin Set stanno poco sotto i 200 €… E la stilista “sconosciuta alle masse” fatica a vendere una borsa di pelle di grande qualità sia come materiale e lavorazione alla stessa cifra. Ma ti rendi conto? E poi ci stupiamo se il Sangiovese Monte Brullo di Gabriele Succi (Costa Archi) costa intorno alle 20 € a bottiglia (poco meno) e il Brunello di Montalcino con alcune etichette può placidamente superare le 200 €. Stiamo parlando innanzitutto dello stesso vitigno… Si perché il Brunello di Montalcino nasce sempre dal Sangiovese eh! E per quanto riguardala vinificazione… Ci sono Sangiovesi romagnoli, come questo appunto, così “alfa” che non hanno nulla da invidiare ai famosi cugini toscani! Sono stata a Montalcino alla manifestazione Benvenuto Brunello con l’ex “povero” ora “da sposare” Andrea e vi assicuro che abbiamo bevuto Brunelli che non valevano il tappo del Monte Brullo di Succi… Eppure loro si che sanno fare a vendersi… A partire dalle manifestazioni! Tutto brandizzato e curatissimo, location d’epoca affascinante… E noi romagnoli che facciamo? Il GiovinBacco nel palazzetto di Ravenna?
Basta divagare! Torniamo al vino di Al Bano… Insomma la Coop Estense, che a scanso di equivoci è una società cooperativa fondata nel 1989 a Modena che opera in Italia con 55 punti vendita in Emilia Romagna, Puglia e Basilicata. Ammesso che la promozione in questione sia riservata alla Puglia, 1,91 € a bottiglia come prezzo medio non sta in piedi. Come ha riportato giustamente Tomacelli:
“Secondo i dati ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) il prezzo per 75 cl di vino Igt Salento si aggira intorno ai 55 centesimi (stime 2015). Se a questo aggiungiamo 0,20 € per la bottiglia, 0,15 € per tappo e capsula, 0,10 per l’etichetta ed altri 0,30 € di costi per il cartone, l’imbottigliamento e il trasporto, otteniamo un totale di 1,30 € finito. Ci sarebbero circa 0,60 centesimi di margine ma non stappiamo Champagne che poi il costo lievita.”
Antonio Tomacelli, Intravino
Oserei dire che a questo 1.30 € finito va aggiunta innanzitutto l’IVA al 22% di 28,60 cent. E il costo minimo lievita così a 1.60 €. E sottolineo minimo… Di un vino che fa quantità e non qualità. Quindi il guadagno del cantante si aggira a… Zero! Dimentichiamo forse un 40 % minimo di incasso della GDO?
“Le affermazioni rese dalla Associazione Slow food secondo cui la mia azienda vinicola, praticando prezzi troppo bassi rispetto a quelli applicati da altre aziende, violerebbe le norme della concorrenza lecita, tende evidentemente a determinare, ma senza alcun esito, un pubblico discredito a danno della mia correttezza imprenditoriale”
Al Bano, La Repubblica
Personalmente non so se Al Bano farà davvero causa a Slow Food. Oggigiorno si fanno cause e querele per qualsiasi cosa che fondamentalmente non servono a nulla se non a diminuire la famosa libertà d’espressione. Non trovo assolutamente sbagliato il fatto che Slow Food commenti le scelte imprenditoriali di Al Bano che, dal canto suo, ha il sacrosanto diritto di rispondere (non di minacciare). Certo è che la GDO non si fa carico delle promozioni dei singoli prodotti, ma mantiene inalterato il suo margine. Pertanto vendere una bottiglia a 1.91 € significa anche dare minimo il 40% alla GDO, ovvero 0,76 centesimi. Abbiamo detto che la bottiglia finita ci costa un minimo di 1,30 €, ma qui ne restano malapena 1,15 €. Quindi è lecito dire che Al Bano vende i suoi vini almeno sottocosto.
E poi… Solo io trovo ridicolo dire che “la promozione è riservata ai soci della cooperativa”? Stiamo o non stiamo parlando della Coop? Tutti possono diventare soci coop, basta essere maggiorenni, avere un documento di identità da esibire e pagare 26€ una tantum. Questo basta per accedere a tutte le promozioni. Intravino su una cosa ha ragione: “non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere”…
Sostenere che Al Bano abbia bisogno di un tale scivolone per farsi pubblicità alla Coop lo trovo demenziale. Concordo in pieno con Antonio Tomacelli sul finale dell’articolo:
Da queste parti non c’è muretto a secco che non conosca te e le tue canzoni e a qualche pietra piacciono pure: avevi proprio bisogno di questa operazione, degna dei migliori industriali del vino? La prossima volta controlla meglio il tuo ufficio marketing e impediscigli questi sfracelli, che poi ti tocca balbettare un mucchio di scuse non richieste. Quanto al titolo di “Ambasciatore del Vino Italiano nel Mondo”, facciamo che i colleghi qui mi tappano la bocca altrimenti straparlo.
Sono così d’accordo con Tomacelli che mi chiedo se i punti precedenti li ha scritti lui. Oppure era ironico e non l’ho capito… In tale caso gli chiedo di aggiungere uno smile alla fine di ogni punto per quelle persone musone che, come me, non capiscono mai le battute. Probabilmente ha cercato di dar un colpo al cerchio ed uno alla botte… Perché si sa, nel giornalismo di oggi, questo metodo è il più valido per piacere a molti e scatenare le ire di pochi.
Certo è che queste politiche commerciali distruggono i piccoli vignaioli locali… Ma soprattutto distruggono l’immagine dei vini pugliesi che già tanto faticano per farsi pagare rispetto agli altolocati cugini del nord. Quello che mi fa più paura è che questo sistema non inneschi un meccanismo che porterà a credere che se può Al Bano (s)vendere a quel prezzo lo possano fare anche altri… Ricordiamoci sempre che Al Bano campa sui diritti d’autore delle sue canzoni… Non certo sul vino.
Al Bano non ha bisogno di svendere il suo vino ad 1,91 € per aumentare le vendite. Preferibilmente dovrebbe rifare il sito internet che, per un artista della sua fama, non è né adeguato, né all’altezza. In tale caso io mi offro per una consulenza professionale! 😀
Quello che proprio non ho capito è perché Slow Food “attacca” le discutibili scelte vinicole di Al Bano e tace su tutti quelli che applicano quei prezzi quotidianamente. Mi è capitato spesso nella GDO di vedere vini a 1,99 €, 1,49 € o meno che nemmeno si chiamavano Tavernello. O si parla di tutti o di nessuno, a mio modesto parere.
inoltre trovo allucinante parlare di certi prezzi: i viticoltori hanno il diritto ed il dovere di vivere del loro lavoro quindi smettiamola di fare i conti in tasca. Io ho seri dubbi che un vino di qualità possa costare solamente 1,30 € a bottiglia, anzi invito tutti i miei amici produttori a lasciare un commento in proposito o, meglio, la loro testimonianza. Sicuramente non si deve pagare solo il costo fisico del vino in questione, ma anche quello intellettuale: parlo del talento di chi lo ha pensato e reso tangibile. Oppure ad un avvocato iniziamo a pagare solo i costi della pratica… Al web designer solo i costi dell’hosting… Alla parrucchiera solo il costo della porzione di tubetto di colore. E il loro lavoro? La loro professionalità? Il loro guadagno? Li mandiamo a far benedire, of course!
Un’ultima considerazione la voglio fare: a me non interessa se Al Bano discende da una famiglia contadina. Innanzitutto agricoltore e viticoltore non sono sinonimi. Ma soprattutto la professionalità non è ereditaria. Mai. Non basta un padre medico per curare un ammalato e il figlio di un cantante può essere stonato. Quindi smettiamola di giustificare questo imprenditore vitivinicolo in virtù di avi che, di fatto, si occupavano d’altro.
Quindi basta condannare Al Bano, tanti come lui sviliscono il mercato vinicolo ogni giorno ma, non essendo personaggi noti, passano inosservati. I supermercati sono pieni di etichette di qualità più o meno discutibile che ogni giorno ci propongono bottiglie sottocosto. Domanda e offerta sono sempre collegate. Invece di far della polemica, insegnamo alle masse a bere… Ma soprattutto a prediligere la qualità, sempre e comunque. Meglio una bottiglia in meno che sappia regalare un’emozione che una bottiglia in più che si lascia dimenticare con facilità.
Ah, un appunto. Come sommelier AIS (Associazione Italiana Sommelier) sono stata spesso oggetto di critica da parte dei FIS (Federazione Italiana Sommelier)… Che si propongono come i supremi maestri della purezza e della qualità. Povera Mamma AIS! Ma non sono proprio i FIS ad aver consegnato nei giorni scorsi ad Al Bano, in onda sulle reti Rai, il premio speciale di Bibenda (Fondazione Italiana Sommelier) come ambasciatore del vino italiano nel mondo?
Meno critiche, più contenuti.
e tu cosa ne pensi?
Un abbraccio e a presto,
Chiara