Amo tantissimo i distillati, soprattutto accompagnati da un buon sigaro. Un distillato è un prodotto alcolico derivato dalla distillazione di un liquido zuccherino fermentabile in genere di origine vegetale. La tecnica distillatoria era già nota ai Babilonesi ed agli antichi Egizi che distillavano il vino ed il sidro, ma è solo intorno all’anno 1000, grazie agli Arabi che avevano perfezionato l’Alambicco, che alla Scuola Medica Salernitana alchimisti e monaci iniziavano le prime distillazioni di oli essenziali e liquidi alcolici e li usavano soprattutto come unguenti e medicinali. Gli alchimisti, alla ricerca della pietra filosofale che li avrebbe resi ricchi perché in grado di trasformare in oro tutto quello che toccava, distillavano le sostanze più varie. Poi qualcuno scoprì che alcuni distillati, più che curare pestilenze, erano piacevoli e regalavano un po’ di allegria in quei tempi bui. La scoperta che l’invecchiamento in legno ne migliorava la qualità, portò i distillati a riposare a lungo in piccole botti per arricchirsi di profumi e perfezionare la propria armonia.

Sull’etichetta delle bottiglie dei distillati americani, oltre alla gradazione alcolica obbligatoria, a volte è riportata l’indicazione in proof (= dimostrazione, grado). Questa espressione deriva dal fatto che in America, dai tempi della conquista del West, per valutare il grado alcolico, si bagnava un po’ di polvere da sparo con la bevanda che si voleva testare e le si dava fuoco: se la polvere bruciava completamente era dimostrato che era ricca di alcol etilico e povera di acqua. 1 proof americano corrisponde allo 0.5 % di alcol etilico, quindi un distillato a 90 proof ne contiene il 45 %.

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Distillati: la produzione in 4 passi

  1. Preparazione del mosto
  2. Fermentazione del mosto
  3. Distillazione
  4. Stabilizzazione

Distillati/1: preparazione del mosto

Se il distillato è a base di frutti ricchi di zuccheri semplici basta schiacciare i frutti per ottenerne un succo dolcissimo, nel caso di cereali e patate (amido zucchero complesso insolubile e infermentescibile) servono enzimi per demolire le sue catene in maltosio e trasformarlo in glucosio (fermentescibile). Per far si che gli enzimi svolgano bene il loro lavoro sono richieste particolari condizioni di temperatura e pressione (mosto preparato con acqua calda o processi di cottura in autoclave a pressione controllata).

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Distillati/2: fermentazione del mosto

Ottenuto il mosto si aggiungono colture selezionate di lieviti, i Saccharomyces cerevisiae (saccaromiceti, organismi unicellulari osmofili importantissimi per la fermentazione usati in panificazione e per la produzione di vino e di birra. Ti consiglio di leggere questo articolo sui lieviti vino) che, nell’arco di 3-4 giorni a 18 – 25°, producono una quantità di alcol etilico compresa tra il 5 – 12 % e molte altre sostanze secondarie fondamentali per la qualità del distillato, mentre molte altre sono cedute direttamente dalla cellula del lievito.

Distillati/3: distillazione

Procedimento fisico che permette di separare i componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione con un duplice obiettivo: da un lato si concentra l’alcol etilico presente nel fermentato dal 5 – 12° % fino al 65 – 94° %, dall’altro si selezionano le sostanze che rendono pregiato un distillato e si eliminano quelle scadenti. Si hanno 2 tipi di distillazione:

  1. DISTILLAZIONE DISCONTINUA: realizzata alimentando la caldaia in modo intermittente ed ogni carico è chiamato “cotta” e viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con nuovo fermentato. Questo tipo di distillazione viene eseguita in alambicchi di rame, panciuti e con collo a cigno, utilizzati per produrre Cognac, Armagnac, Calvados, Brandy, Grappe e Whisky di malto.
  2. DISTILLAZIONE CONTINUA: realizzata alimentando la caldaia ininterrottamente di fermentato, ed il distillato viene continuamente estratto. Essa viene impiegata per la produzione di Gin, Brandy, Rum, Tequila, Whisky di cereali e per la produzione industriale di Alcol.

Prima la distillazione separa le frazioni volatili, soprattutto acqua ed alcol etilico, da quelle fisse, come sali e varie sostanze organiche. Successivamente l’alcol etilico deve essere separato dall’acqua e dalla miscela idroalcolica si devono eliminare le teste (i composti più leggeri) e le code (i composti più pesanti), che risultano sgradevoli. Se si riuscisse ad ottenere alcol etilico puro al 100 %  non ci sarebbero più sostanze capaci di alterare il profilo organolettico del distillato, ma sarebbe anche annullata la sua personalità. Per questo, se il fermentato è ricco di pregiate molecole profumate, lo si deve distillare fino a 65 – 72° % di alcol etilico, intervallo entro il quale il disciplinare di molti produttori blasonati ha inserito il limite di ricchezza alcolica all’origine. Un ottimo prodotto non supera mai i 75° %, ad eccezione della Grappa (86° %),  mentre Cognac (72° %) e Scotch Whisky (72° %).

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Distillati/4: stabilizzazione

Prima dell’imbottigliamento quasi tutti i distillati subiscono la RIDUZIONE del grado alcolico, la refrigerazione e la filtrazione. La riduzione del grado alcolico si ha miscelando acqua demineralizzata assolutamente inodore, insapore e povera di sali minerali fino ad arrivare alla gradazione desiderata.

La REFRIGERAZIONE a – 10°/ -20° per qualche ora permette la condensazione e precipitazione delle sostanze più pesanti, in genere poco nobili ed a volte causa di torbidità. Queste vengono poi separate ed eliminate con la FILTRAZIONE attraverso filtri di cellulosa e cotone, fossili microscopici (diatomee) e rocce finemente frantumate (perliti) o membrane microporose.

Alla fine viene fatto un RITOCCO per il quale la legge permette l’eventuale aggiunta del max 2 % di zucchero per dare morbidezza ed amplificare la persistenza aromatica.

Alcuni sostengono che l’aggiunta di zucchero serve anche per mascherare distillati scadenti, ma questo è falso in quanto aggiungendolo sarebbero esaltati anche i difetti. Inoltre l’aggiunta di caramello o zucchero bruciato influenza si il colore fino a far apparire invecchiati anche i distillati giovani, ma spesso apporta sapori e sensazioni retronasali spiacevoli.

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Distillati: composizione

Acqua 40 – 64 %    Alcol 30 – 60 %    Zucchero < 20 g/l

  • Metanolo: più volatile e maltollerato dall’organismo umano (limitato all’ 1% del totale dell’alcol etilico);
  • Alcoli superiori: spesso sono profumati ma a volte danno note di medicinale e devono essere limitati;
  • Esteri: note floreali di mughetto e lillà, fruttate di mela, pera, banana, pesca, frutti esotici, secchi… (distillati invecchiati a lungo in botte o rimasti decenni in bottiglia);
  • Aldeidi: molto numerose. Siringica (piacevole e suadente), acetaldeide, valerianica (note erbacee)… le aldeidi insature possono dare odori sgradevoli;
  • Chetoni: poco presenti (aroma di burro) possono essere responsabili di note non troppo fini;
  • Terpeni e Pirazine: profumi primari acquaviti perché derivano direttamente dal frutto impiegato. Tra questi i più famosi sono quelli delle uve moscato, gewurztraminer e pera williams.

Spero di cuore che questo approfondimento ti sia piaciuto e ti sia stato utile. Se hai domande o spunti, lasciami un commento scorrendo la pagina!

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Chiara

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