Quando sento il postino suonare il campanello e ho la consapevolezza di aspettare un favoloso pacco da Amazon sono felice come una bimba. La mia materia preferita a scuola era Storia… di qualsiasi cosa! Storia, Storia dell’Arte, Storia dell’Architettura, Storia dell’Informatica… tutti i miei 30 universitari sono andati in queste discipline. E quando ho cominciato a seguire le lezioni di Storia dell’Enogastronomia mi sono commossa! Ma quanto è affascinante sapere cosa mangiava Caterina de Medici mentre tesseva un nuovo complotto? O il vino preferito del Re Sole? Mi sembra in un qualche modo di conoscere questi personaggi che mi hanno tanto affascinato e di aver rubato loro uno spicchio di intimità. Per questo quando ho sentito Lydia Capasso raccontare – con l’eleganza di una piuma posata distrattamente sulla parrucca di un nobiluomo dei tempi – le storie e le ricette della cucina aristocratica italiana ho pensato di aver trovato il mio posto nel mondo. Così ho scoperto che ha scritto un libro “Gli aristopiatti” (puoi comprarlo su Amazon a questo link!) che già solo per il nome non si può non comprare! Ho scelto così la prima ricetta da provare e la prima storia da raccontare: i grissini torinesi.
C’erano una volta un principe russo, alcuni cuochi di talento e la corte piemontese. C’era un cuciniere-alchimista-confetturiere dalla vita travagliata, un re goloso ma dai gusti semplici e un confine vicino: quello con la Francia.
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Vittorio Amedeo II era un bambino mingherlino e i continui disturbi intestinali di cui soffriva gli impedivano di crescere forte e robusto come si addiceva a un futuro re di Casa Savoia. Leggenda vuole che verso la fine del Seicento il fornaio di corte Antonio Brunero, su indicazione del medico di corte Don Ubaldo Pecchio, ideò per il giovane Infante delle strisce di pane sottili, croccanti, prive di mollica e facilmente digeribili. Nacque così il gherssin, destinato a diventare il grissino che tutti conosciamo. Si racconta che Carlo Felice ne andasse particolarmente ghiotto tanto da non riuscire a smettere di scranocchiarne neanche durante le rappresentazioni al Teatro Regio.
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pag. 17 e pag 23 del Libro Gli Aristopiatti di Lydia Capasso e Giovanna Esposito
Vittorio Amedeo II di Savoia era figlio di Carlo Emanuele II di Savoia e della cugina Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, ramo cadetto ormai appartenente alla Francia. Abituata al lusso e ai fasti della corte francese aveva costruito anche intorno al suo matrimonio una corte pomposa e dispendiosa. Insieme alle feste la sua più grande passione è il potere e quando nasce il loro unico erede il 14 maggio 1666, per le strade e le piazze di Torino (allora capitale) vengono installate fontane da cui fuoriesce vino tutto il giorno (perchè adesso non si usa più???🤣).
Un po’ di storia…
Comunque voglio andare fuori tema per qualche riga e raccontarti un pezzetto della vita di questo principino gracile e cagionevole, con una salute molto precaria. Solo 9 anni dopo muore suo padre e si ritrova a essere Duca di Savoia. Ovviamente il piccolo Vittorio Amedeo è solo un bambino e l’ambiziosa duchessa vedova sua madre – con l’appoggio del Re Sole- diventa reggente, la Madama Reale. La sua politica filofrancese spacca in due la nobiltà sabauda che si trova divisa tra antifrancesi e madamisti. La donna per quanto si sforzi di mantenere il potere circondandosi solo di elementi fidatissimi e tenendo quanto più lontano il figlio dalla politica, si rende conto che il duca presto avrebbe compiuto 15 anni, allora “età legale” per avere l’idoneità a decidere della vita di un regno (se penso che oggi a 18 anni si può votare (spesso senza cognizione di causa) e tanti trentenni non sanno gestire nemmeno una casa propria…). Comunque la madre, pur coltivando col figlio un rapporto formale e distaccato non vuole fargli tagliare la testa né assassinarlo (grazie). La soluzione per prendere due piccioni con una fava – ovvero non rinunciare al potere senza far fuori il figlio, anzi garantendogli un futuro – è fargli sposare la sua nipotina Isabella Luisa, erede all’allora ambito trono di Portogallo. Le due sorelle tessono una tela degna di Penelope: quest’unione di casati avrebbe giovato a tutti! Il Portogallo si trovava senza erede maschio e avrebbe accolto a braccia aperte suo figlio per farlo diventare Re appena avrebbe compiuto 16 anni nel 1682!
Come da programma Vittorio Amedeo sale al trono il 14 maggio 1681 e “supplica” la madre di regnare al suo posto fino alla sua partenza. Peccato sia solo un’abile baro perchè lui tutto vuole meno che partire… anche se nemmeno lui vuole mandare la madre al patibolo e sventa ogni congiura ordita dai suoi sostenitori contro di lei! Sfrutta la sua salute cagionevole per “ammalarsi ad arte” proprio quando deve partire per Lisbona guadagnando tempo e guarisce miracolosamente quando il Portogallo, stanco di aspettare un re che capisce non sarebbe mai arrivato, annulla il contratto di matrimonio! A quel punto Vittorio Amedeo porta il Re Sole dalla sua parte “corteggiando” la nipote Anna Maria d’Orleans e col suo sostegno spodesta la madre guadagnandosi il titolo di “volpe savoiarda”. Il fanciullino “gracile” regnerà per 46 lunghi anni facendo le scarpe alla stessa Francia che l’aveva aiutato. Noi comunque ringraziamo per i grissini.
Grissini stirati a mano: La ricetta…
Ingredienti per circa 20 grissini:
- 500 g di farina (nel libro non è specificata la tipologia, io ho usato questa farina di tipo 1 di Tenuta Casa del Sole e ne ho aggiunto un altro cucchiaio perchè non assorbe abbastanza liquido… buonissima e molto saporita)
- 250 ml di acqua (tiepida)
- 50 g di olio extra vergine di oliva
- 15 g di lievito di birra fresco
- 1 cucchiaino di sale
- olio per spennellare
Preparazione facilissima:
- Sciogli il lievito in poca acqua poi aggiungi tutta la farina e comincia ad impastare a mano in una spianatoia o con l’aiuto della planetaria (sia benedetta la mia Kenwook Chef, come facevo prima senza di lei?) con il gancio;
- Aggiungi acqua a poco a poco e quando hai ottenuto un impasto omogeneo, poi aggiungi l’olio un cucchiaio per volta;
- Quando hai ottenuto un impasto omogeneo aggiungi il sale impasta energicamente (se usi la planetaria a buona velocità) per 10 minuti (in modo da consentire la formazione del glutine);
- In un piano che hai unto con un po’ d’olio forma un filone (nel libro è scritto rettangolare, diciamo il più rettangolare possibile ma se è ovale viene tutto perfetto comunque) e copri con una ciotola o con un contenitore. Lascia lievitare per circa un’ora;
- Prendi le teglie del forno e copri con la carta forno. Taglia dal lato corto dei bastoncini larghi circa 1,5 cm. Sul libro c’è scritto di tenerli per il centro e di spostare le dita verso le estremità. Io ti suggerisco un procedimento ancora più semplice: prendi con pollice e indice di una mano un’estremità e con pollice e indice dell’altra mano l’altra estremità. Tira in senso opposto fino ad ottenere i tuoi grissini, vedrai è facilissimo! Non devono essere regolari, anzi irregolari sono ancora più belli. Fai un grissino per volta e adagialo delicatamente sulla teglia;
- Otterrai 2 teglie di grissini perchè devi tenerli leggermente distanziati in modo da consentire di fare una piccola lievitazione. Spennella con l’olio (se non lo fai o ti dimentichi sono buonissimi comunque). Cuoci a 200°C in forno statico per 20/22 minuti per la teglia a media altezza, 27/30 minuti la teglia nel ripiano più basso.
Grissini… un goloso abbinamento cibo-vino
C’era una volta un buon burro da panne di centrifuga, un carpaccio di salmone al naturale arrotolato generosamente intorno ai grissini e un vino… così è cominciata la favola di un abbinamento perfetto. La canna e l’orzo è un vino spumante metodo classico rosé dell’Azienda Agricola Ghio Roberto. Viene elaborato da uve Nibiö, antica varietà di Dolcetto dal peduncolo rosso e riposa sui lieviti per almeno 24 mesi. Avendone due bottiglie ho avuto modo di assaggiare la stessa sboccatura a distanza di 3 anni e devo dire che come sempre ho apprezzato più la degustazione di oggi. Del resto ormai lo sai che mi piacciono i sentori opulenti, tostati e leggermente ossidati…
Si presenta di un bel rosa buccia di cipolla con la bollicina cremosa, abbondante e persistente. Al naso è un intreccio di note floreali e minerali che sfumano nella nocciola tostata. In bocca è piacevole, elegante, complesso con buona struttura e dotato di una beva anche troppo ottima: non ci siamo accorti in quanti minuti è finita la bottiglia a cena!
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Io davvero non pensavo che fare i grissini in casa fosse così semplice. Li ho sempre visti come una preparazione laboriosa, ma dopo oggi a casa nostra diventeranno quotidiani come la piadina romagnola.
Grazie di cuore Lydia, ti ascolterei e leggerei per ore. 😍
Cheers 🍷
Chiara
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