Sabato 1 febbraio 2020, nel Wine Point del Castello di Cigognola, a pochi passi dallo splendido maniero, Giovanni Bigot ha presentato il suo “Indice Bigot“, coadiuvato da due professionisti d’eccezione: Angelo Gaja, che sono certa non devo introdurti, e Stefano Poni, docente dell’Università di Piacenza. L’Indice Bigot ha come obiettivo la valutazione empirica del potenziale qualitativo del vigneto e per questo è un argomento estremamente interessante per tutti gli appassionati e i professionisti del settore. La Famiglia Moratti è “portavoce”, quindi, di un metodo di valutazione che, potenzialmente, può essere adottato da tutti i produttori di vino che ricercano la qualità a partire dalla conduzione dei loro vigneti.

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Da sinistra: Giovanni Bigot e l’AD di Castello di Cigognola Gian Matteo Baldi

Presentazione Indice Bigot/Primo tempo: L’Indice

Indice Bigot: perchè è nato proprio in Italia?

Francia e Italia sono le due indiscusse regine del vino mondiali, eppure, nei miei viaggi, ho appurato come condividano due approcci diametralmente opposti nell’elaborazione di qualsiasi vino. Se in Francia il vino è l’espressione dello chef de cave, che con il suo stile, più o meno blasonato, firma ogni singola etichetta, in Italia il vino è l’espressione del vigneto, della terra in cui affonda le radici e del clima di cui gode. Con una semplificazione che spero mi perdonerai si può dire che in Francia il vino è un quadro astratto dove l’artista -il cantiniere- esprime il suo talento, mentre in Italia il vino è un quadro realista dove l’artista riproduce fedelmente il vero (o almeno dovrebbe).

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Da sinistra: Giovanni Bigot, Angelo Gaja e Stefano Poni

Francia e Italia giocano da sempre una partita serratissima nella produzione di vino dove si intersecano diverse correnti di pensiero volte a premiare talvolta l’una, talvolta l’altra nazione. Trovo tutto questo estremamente sbagliato. Come si possono paragonare due prodotti nati da due filosofie opposte? Senza parlare poi del fatto che Francia e Italia sì confinano, ma hanno due climi profondamente diversi. Del resto vogliamo paragonare il clima della Lombardia a quello della Sicilia? Sul serio?

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Da sinistra: Gian Matteo Baldi, Giovanni Bigot e Angelo Gaja

Questa mia riflessione nasce dal fatto che in Italia, durante le visite in cantina da un produttore o l’altro, mi sento praticamente sempre ripetere che un grande vino si fa in vigna. L’ultimo viaggio enologico che ho fatto in Francia è stato qualche mese fa quando sono stata ospite della Laurent-Perrier (puoi leggere QUI il mio reportage) e, anche lì, come sempre, mi è stato ripetuto che un grande vino lo fa un grande chef de cave. Per questo mi sembra estremamente naturale che l’Indice Bigot sia nato in ad opera di un agronomo italiano!

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Da sinistra: Angelo Gaja, Giovanni Bigot e Marina Tagliaferri (Agenzia Stampa Agorà)

La visione vignacentrica come mezzo fondamentale per la qualità del vino italiano

Del resto, nella sua splendida introduzione, Angelo Gaja mi ha ispirato questo pensiero. Come lui stesso ha detto, tra il 1970 e il 1990 c’è stato un cambio radicale del modo di vedere il vino: prima anche in Italia il vino si faceva in cantina e il vigneto praticamente non contava nulla, poi il vigneto è diventato il centro della qualità del vino. Quindi di fatto si può dire che storicamente l’Italia era allineata alla Francia e, per me, era proprio questo allineamento che ne accentuava il divario qualitativo.

Mi spiego: assumendo che Francia e Italia siano le due leader della produzione di vino mondiale, la Francia è sempre stata la Regina e l’Italia una giovane principessa, non sempre Delfina. Con questo cambio di orientamento l’Italia, nelle sue eccellenze, ha quasi completamente colmato il gap qualitativo che storicamente la separava dalla Francia. Poi come sempre so che i soliti enofighetti mi odieranno, ma pazienza… 😅

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Indice Bigot: il suo obiettivo e come utilizzarlo nella pratica

L’Indice Bigot, di fatto, è uno strumento di autovalutazione aziendale che è utile per fissare un risultato che ci si aspetta di raggiungere per poi porsi nuovi obiettivi ancora più ambiziosi. Probabilmente questo non lo rende certo interessante per tutti i produttori di vino: se non si ha come obiettivo una produzione di qualità è inutile perfino parlarne! Continuate a fare “Tavernello” e non pensateci più! C’è da dire che interfacciandomi con tantissime realtà vitivinicole posso dire che ne ho conosciute davvero poche “in cattiva fede”: quasi la totalità delle volte una cantina che fa un vino penoso non sa di farlo, anzi è convinta di lavorare bene. Questo perchè chi la gestisce è ignorante, nel senso proprio che non ha le competenze di valutare un vino se un vino è buono o no. Ammesso che vogliamo parlare di “vino buono” o “vino cattivo”… ma sto estremizzando, si intende!

Ovvio che se invece vogliamo comprare un vino al supermercato/discount da 1,50/3 € la bottiglia questo discorso non vale… ma prometto di approfondire anche questo argomento prossimamente!

L‘Indice Bigot permette di classificare i vigneti in base alla loro qualità attuale e potenziale con l’obiettivo di dargli anche un valore economico. Questo, oltre a consentire di definire le operazioni colturali e organizzare le scelte vendemmiali, fa sì che il produttore di vino sappia dove investire il maggior numero di risorse per ottenere il miglior risultato e, potenzialmente, guadagnare di più. Ti ricordi che una cantina vini non è una Onlus finalizzata a soddisfare la “sete” di sommelier e winelovers, vero?

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Al microfono il sindaco di Cigognola Gianluca Orioli

Indice Bigot: caratteristiche

L’Indice Bigot è un metodo di valutazione dei vigneti basato sulle loro osservazioni oggettive. Il suo valore è l’essere uno strumento concretamente efficace pur mantenendo una grande facilità di osservazione in un bassissimo impiego di tempo dedicato. Le misure per poterlo calcolare sono tutte semplici, veloci, intuitive e richiedono massimo 60 minuti totali per stagione a vigneto. Per effettuarle non serve nessuno strumento particolare: bastano una bilancia da campo e l’applicazione per smartphone “4grapes” per registrare i dati correttamente. Questa applicazione consente di avere sotto controllo la situazione fitopatologica, fenologica e produttiva di ogni vigneto -georeferenziato- in qualsiasi momento, con funzionalità basate su standard europei e con un protocollo di monitoraggio ottimizzato per ogni area.

La cosa che mi è piaciuta di più è che, dato che nessuno è nato imparato – forse giusto Mozart o Michelangelo – l’applicazione è integrata ad una rete neurale di intelligenza artificiale per riconoscere da immagine i sintomi delle malattie della vite. In parole povere, tu carichi l’immagine e lei ti dice se quella pianta si sta ammalando di qualcosa… è bellissimo, vero?

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Giovanni Bigot inserisce i dati raccolti nell’applicazione 4grapes

Indice Bigot: limite (secondo me)

Il peso dei diversi fattori e la loro valutazione sono stati determinati dall’esperienza ventennale di osservazione sistematica dei vigneti combinata con i risultati della ricerca vitivinicola internazionale. Ecco, secondo me il limite sta proprio in questa frase. Di fatto l’algoritmo combina i dati delle principali ricerche scientifiche internazionali con i risultati dell’esperienza individuale ed è da questo che è stata ricavata l’equazione polinomiale che rappresenta la correlazione tra la misura di campo e il punteggio. L’esperienza individuale… può essere un grande valore aggiunto, ma anche un grande limite a seconda del “chi” e delle interpretazioni. Tuttavia il limite è ampiamente superato se si utilizza l’Indice Bigot con la sua finalità originaria, ovvero a definire un metodo di autovalutazione della qualità attuale e potenziale del vigneto.

Presentazione Indice Bigot/Secondo tempo: Castello di Cigognola

Come ti ho anticipato, la presentazione dell’Indice Bigot si è tenuta nel Wine Shop di Castello di Cigognola, situato a poche centinaia di metri dal Castello vero e proprio. Con Gabriele Moratti, figlio di Gianmarco e Letizia Moratti, Castello di Cigognola è entrato in una nuova era della sua storia. I 28 ettari di vigneto si trovano intorno al castello e sono una splendida corona posata sulle cime della collina dell’Oltrepò Pavese. Anche in un giorno nebbioso come questo, i paesaggi che si scorgevano faticosamente sono stati capaci di incantarci!

Dopo la presentazione dell’Indice Bigot, l’evento stampa prevedeva un Light Lunch degli ospiti proprio lì nel Wine Shop, dove tutto è stato davvero gestito alla perfezione! Tuttavia io e Francesco siamo stati portati dall’AD Gian Matteo Baldi, che con Gabriele Moratti gestisce i vigneti e l’azienda con grande passione e serietà, in una bellissima sala del Castello di Cigognola per una degustazione privata.

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Castello di Cigognola: i vini

Il pinot nero è il re della produzione, grazie all’eccellente maturazione fenolica che raggiunge in Oltrepò Pavese e al lavoro dell’enologo Federico Staderini. L’obiettivo è occupare un posto di rilievo nel piccolo mondo dell’alta gamma. Per me Castello di Cigognola ha tutte le risorse per diventare una vera eccellenza, in particolare grazie a 3 vini.

castello di cigognola degustazione

La splendida sala del Castello di Cigognola dove è stata allestita la nostra degustazione

I vini spumanti

Castello di Cigognola: “More” Pas Dosé

Giallo paglierino brillante con un perlage fine e numeroso. Al naso si intrecciano piacevoli sentori di burro fuso, nocciola fresca, una leggera nota vanigliata e yogurt alla fragola. In bocca è croccante, con una buona acidità e una morbidezza che lo rende godibile anche da chi non ama questo stile di bollicina.

Castello di Cigognola spumante pas dose

Castello di Cigognola: “More” Brut

Giallo paglierino brillante con un perlage fine e numeroso. Anche se cambia solo il dosaggio, il naso è completamente diverso dal precedente! Anche se tendenzialmente preferisco gli spumanti pas dosé, in questo caso ho preferito il brut, soprattutto per le sue accennate e interessanti note balsamiche. Al naso burro crudo, nocciola tostata e un finale quasi affumicato. In bocca è sempre croccante, ma si sente il dosaggio. Sicuramente è ancora più “facile” e godibile del primo (che già era piuttosto facile da apprezzare!).

Castello di Cigognola spumante

Castello di Cigognola: “Cuvée dell’Angelo” Pas Dosé 2012

Giallo paglierino brillante con un perlage finissimo, ma non molto numeroso. Al naso è fine e delicato, con forti sentori di noce, cumino, erba cedrina, ciliegia fresca e burro a pomata. In bocca è più cremoso, fine ed elegante, coerente e persistente. Tuttavia la bolla manca di spinta e confido nella prossima annata per sorprendermi.

Castello di Cigognola spumante

Castello di Cigognola: Rosé 2013

Rosa buccia di cipolla brillante con un perlage molto numeroso e fine. Naso piacevolmente balsamico con note di pepe nero, cioccolato fondente, mentuccia. In bocca è molto cremoso, fine, morbido, abbastanza persistente e particolarmente godibile.

Castello di Cigognola: Rosé 2010

Rosa buccia di cipolla brillante con un perlage fine e abbastanza numeroso. Il naso è pazzesco: elegantissimo, finissimo e ampio. Si intrecciano intriganti notte di cumino, pepe nero, zest d’arancia e fiori di rosa inglese. In bocca è molto cremoso, molto fine, molto elegante e piuttosto lungo sul finale.

Castello di Cigognola nebbiolo

I vini rossi

Per il mio gusto personale è con questa tipologia di vini che l’azienda raggiunge la massima espressione di sé. I vini rossi di Castello di Cigognola hanno tutti un rapporto qualità-prezzo eccezionale. Eleganza, struttura, morbidezza e piacevolezza sono le caratteristiche che li rendono speciali. Quello che più mi ha colpito è il “DodiciDodici“, la Barbera base se la posso chiamare così. Ecco, se tutti i vini sotto i 10€ fossero così buoni sarebbe un mondo di winelovers felici!

Castello di Cigognola vino rosso barbera superiore

Anche “La Maga” (Barbera Superiore) e “Per Papà” (Nebbiolo) sono entrambi due vini entusiasmanti! Da riassaggiare con calma! Comunque non vedo l’ora di sentire il nuovo progetto a base di pinot nero vinificato in rosso… adoro il pinot nero come vitigno e date le indiscusse capacità della Famiglia Moratti di proporre grandi vini rossi che non hanno nulla da invidiare a terroir più blasonati, sono certa che mi sorprenderà!

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Un momento della nostra degustazione con Gian Matteo Baldi

Gian Matteo Baldi è stata una presenza perfetta: discrezione, competenza e una evidente grande passione per il suo lavoro!

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Un post condiviso da Chiara Bassi (@perlagesuite) in data:



Insomma, è stata davvero una bellissima esperienza… ah! C’è una cosa che ancora non ti ho detto… sai che una volta tornati al wine shop, quando ormai eravamo pochissimi, Giovanni Bigot ha stappato una bottiglia di Champagne dell’anno del mio fidanzato? Adoro quelle note ossidative dei grandi Champagne! A proposito, se vuoi scoprire 6 grandi champagne che mi hanno stupita… leggi questo articolo!

Cheers 🤗🥂

Chiara

champagne charles heidsieck brut reserve 1993

PS un enorme grazie a tutti per la splendida giornata e in particolare a Marina Tagliaferri per essere sempre al top! Ce ne fossero di agenzie stampa come la sua Agorà…

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