Da qualche giorno volevo scrivere un articolo sul nuovo DPCM che ammetto mi ha spiazzato e non perchè io sia una negazionista o una che sminuisce la pericolosità del coronavirus. Questo decreto – con i ristoranti chiusi alle 18 – mi ha spiazzato perchè mette definitivamente in ginocchio una categoria e tutte le attività che ci ruotano attorno (tra cui la mia). Per questo quando ho ricevuto dall’ufficio stampa di Massimo Bottura la sua lettera a Giuseppe Conte ho deciso di riportarla qui. Tutto il contenuto della lettera è quello che sto ripetendo da giorni. Quindi partiamo da qui.
Ristoranti chiusi: la lettera di Massimo Bottura a Giuseppe Conte
Io mi domando: ma noi chi siamo? Io credo che oggi un ristorante, in Italia, valga una bottega rinascimentale: facciamo cultura, siamo ambasciatori dell’agricoltura, siamo il motore del turismo gastronomico, facciamo formazione, ed ora abbiamo dato inizio ad una rivoluzione culinaria “umanistica” che coinvolge il sociale. L’ospitalità e la ristorazione, l’arte e l’architettura, il design e la luce sono gli assi portanti della nostra identità. Negli ultimi cinque anni a Modena, grazie ad un micro ristorante come l’Osteria Francescana, sono nati oltre 80 b&b. È nato il turismo gastronomico dove migliaia di famiglie, coppie, amici, passano due o tre giorni, in giro per l’Emilia, a scoprire e celebrare i territori e i loro eroi: contadini, casari, artigiani, e pescatori.
Focalizzandoci sulla ristorazione in pochi oggi hanno liquidità, anzi, oggi più che mai ci sentiamo soli. Abbiamo chiuso a marzo e ci avete chiesto di riaprire dopo tre mesi rispettando le regole. L’abbiamo fatto. In tantissimi si sono indebitati per mettersi in regola: mascherine, gel, scanner di temperatura, saturimetri, sanificazione dell’aria, test per tutto lo staff, ingressi alternati, tavoli distanziati. Per uscire da questa crisi senza precedenti, abbiamo bisogno di speranza e fiducia. La speranza è quella che ci mantiene in una condizione attiva e propositiva. La fiducia è credere nelle potenzialità personali e degli altri.
La forza principale che ci ha sempre sostenuto è il sogno, non il guadagno. Oggi, senza liquidità, perché in tanti continuano a sognare con l’incasso giornaliero, molti non ce la faranno e il paese perderà una delle colonne portanti della sua identità.La mancanza di contante porta prima di tutto al mancato pagamento degli stipendi, poi dei fornitori, le rate dei mutui e infine gli affitti. Serve un segnale che ci riporti fiducia. Ora si rischia la depressione. Ora abbiamo bisogno di coraggio e di stimoli. Per trovare la voglia di continuare e non sentirci soli.
In concreto abbiamo bisogno:
- della chiusura serale almeno alle 23.
- di liquidità in parametro ai fatturati.
- della cassa integrazione almeno fino alla stabilizzazione del turismo europeo.
- della decontribuzione 2021 visto che per il 2020 abbiamo già adempiuto in pieno
- dell’abbassamento dell’aliquota Iva al 4% per il prossimo anno.
La politica è fatta di coraggio e di sogni. È simile alla poesia. È fatta di immaginazione e di futuro. La politica deve rendere visibile l’invisibile.
Massimo Bottura
Come ti ho anticipato avevo già pubblicato un post sul mio profilo Instagram il giorno prima che questa lettera fosse diffusa. La mia umile protesta contro la folle decisione dei ristoranti chiusi alle 18.
Il mio post su Instagram di lunedì 27 ottobre 2020 con il mio primo commento sul nuovo DPCM di Giuseppe Conte.
Giusto un paio di sere fa @_emanuelepellegrini_ mi ha invitato a diffondere l’hashtag #iostoconiristoratori e a unirmi al loro “grido di aiuto”. Sarò onesta, subito non ci volevo credere. Non volevo credere che sarebbe stato firmato un provvedimento simile.
Vivo in Lombardia, in provincia di Brescia. Il mio è un piccolo comune #covidfree da mesi, ma anche qui sono morte delle persone. Ogni mattina mi sveglio e guardo l’altra sponda del lago, dove al di là di splendidi Monti la #valseriana è stata teatro di morte. Quando sfilavano le bare nei camion militari a #bergamo, io ero a pochi passi con mio marito e no, non dimentico. Sarò sincera, a me il #coronavirus fa paura. Ho paura che la mia mamma o la mia zia si possano ammalare. Ho paura che noi ci possiamo ammalare. Ho paura che si possa ammalare qualcuno a cui voglio bene.
Questo governo si è ritrovato a gestire una delle situazioni peggiori dalla seconda guerra mondiale. Una situazione difficile, dove sbagliare è umano e forse inevitabile. Sono fiera di avere @giuseppeconte_ufficiale perché è serio e non incita all’odio per una manciata di voti. In effetti l’Italia è stata un modello di gestione della pandemia e Conte è stato elogiato dal @nytimes all’Europa intera.
C’è un MA. Io non mi intendo di medicina o di politica e ragiono da comune cittadina che sta vivendo da mesi una situazione pesante. Cosa c’entrano i #ristoranti o i #bar? Avete chiesto si ristoratori un impegno economico nell’adeguamento per poter stare aperti. Io per lavoro frequento tantissimi ristoranti da Nord a Sud e mi permetto di dire che ho visto imprenditori serissimi, che mi hanno provato la febbre all’ingresso, che si sono segnati il mio nome e i miei recapiti per il tracciamento, che mi hanno fatto igienizzare le mani. Ho visto sale col plexiglass o tavoli giganti per poche persone. Ho visto capienze più che dimezzate. Ho visto una categoria che ce l’ha messa davvero tutta per ripartire perché stare chiusi significa ridurre famiglie alla fame. Dietro a un #ristorante ruotano una marea di attività. A incominciare dal mio mondo, quello del vino, fino a chi lava le tovaglie.
Questo è un errore a cui chiedo umilmente di rimediare.
Ristoranti chiusi vs mezzi pubblici saturi e sporchi
Alle mie parole, così vicine a quelle di Massimo Bottura, voglio aggiungere anche un’altra riflessione. Giusto un paio di settimane fa sono stata a Milano quasi ogni giorno in occasione della Milano Wine Week. Forse hai letto il mio articolo dedicato alla Masterclass del Lugana o quello dedicato alla Masterclass di Partesa sui vini esteri.
Per andare a Milano ho preso prima un treno da terzo mondo di TreNord che collega Sale Marasino a Brescia, poi un treno regionale che collega Brescia a Milano Greco Pirelli. Alla stazione di Milano Centrale uno dei due giorni non sono riuscita nemmeno ad arrivare perchè, nonostante fossi partita con largo anticipo, il treno delle 15:28 era in ritardo di quasi un’ora e il mio evento iniziava alle 18. Comunque mentre nel treno per Milano Greco Pirelli ho trovato posto, seppur in condivisione con altri 3 passeggeri vicini vicini, nel treno per Milano Centrale ero in piedi tra i sedili appiccicata a tantissima gente perchè non c’era posto nemmeno nel collegamento tra le carrozze.
Il vero scandalo però era la metro di Milano, da me sempre elogiata per pulizia, continuità e puntualità. Meno treni del solito, fermate soppresse, tonnellate di persone in ogni angolo, nessun distanziamento. Questi treni non erano pieni di gente che andava al ristorante – anche perchè erano le 4 di pomeriggio – ma di persone che si spostavano per scuola o lavoro. Ora, hai chiesto ai ristoranti di comprare centoquattordici mila caxxi, di distanziare i tavoli, di sanificare, di fare i test… e i ristoratori non sono bravi, sono bravissimi perchè ce l’hanno messa tutta per ripartire. E ora vuoi segare tutti gli incassi serali che sono oltretutto il motore del ristorante dato che i più a pranzo o sono chiusi o fanno un menù lavoratori che con quello che costa è più che altro un veicolo promozionale nella speranza di acquisire nuovi clienti a cena?
Ma soprattutto, mi volete dire che se io e mio marito stasera a cena andiamo in un ristorante con un tavolo a Milano e uno a Napoli per quanto sono distanti, tutto sanificato, igienizzato etc rischiamo di contagiarci più che in treno o in metro a Milano? Ci credete davvero? Sul serio?
Non sono io in questa sede che devo ripetere i tagli e le speculazioni che si sono fatte in Italia nel settore dei trasporti. In Lombardia in particolare perchè ti assicuro che in Emilia-Romagna i treni scassati e pieni di barriere architettoniche di TreNord non girano da fine anni ’90.
Quello che dico io è molto semplice: vuoi fare un lockdown parziale o totale? Prendi misure adeguate per evitare che migliaia di famiglie muoiano di fame ancor prima di doversi preoccupare di tirare lo sciacquone dopo aver buttato nel cesso anni di sacrifici per costruire aziende e materializzare sogni, grandi o piccoli che siano. In tal senso le proposte di Massimo Bottura sono le stesse che ho pensato anche io (lui ha aggiunto in più l’abbassamento dell’IVA a cui non ero arrivata!). Non puoi o non vuoi prendere queste misure e salvare le persone che “vivono alla giornata” dal perdere tutto? Allora DEVI dar loro la possibilità di lavorare.
In sintesi o aiuti concretamente le persone o le lasci lavorare. Perdere il lavoro significa perdere la dignità. Significa non potere mettere un piatto in tavola e sentire i crampi dalla fame, a volte vomitare. Perdere il lavoro significa vedersi staccare la luce, il gas, l’acqua. Significa rinunciare anche a una corretta igiene personale e della casa che è la prima risorsa che possiamo mettere in campo per vincere questo virus.
Ristoranti chiusi: la protesta degli chef stellati
Bowerman: «Tutto il mondo sapeva che la situazione si sarebbe verificata e sembra da quello che è successo che siano stati colti di sorpresa. Questo è inammissibile. Non è possibile tenere l’intera popolazione e l’intera imprenditoria sospesa. Dal premier Conte non c’è stata alcuna comunicazione. Parliamo di 3 Dpcm nell’arco di cinque giorni. Io non contesto, anzi per certi versi penso che sia a maggiore tutela una chiusura totale, ma quello che manca è la parte degli aiuti finanziari alle imprese che devono chiudere alle 18. È inammissibile che un governo non possa immaginare che gli imprenditori siano impanicati perché non sanno cosa succederà. Giusto chiudere, previene morti e contagi, ma mi devi dire cosa succederà. So che devo chiudere e non so cosa riceverò. Ancora oggi non ho i codici per sgravarmi gli F24. Non è stato fatto accenno agli aiuti finanziari. È giusto che siano dati, non è una concessione del governo. Sono soldi che abbiamo versato, soldi cui abbiamo il diritto all’accesso»
Andrea Berton: «È una situazione difficile, ma ci voleva più attenzione per le attività di ristorazione. Forse era giusto diversificare tra le differenti attività e i non penalizzare chi ha fatto tanti sforzi e investimenti per rispettare regole e protocolli, in modo da garantire la sicurezza»
Ciccio Sultano: «il mio ristorante come chiunque si sia attenuto alle regole e le abbia fatte rispettare, ha rappresentato una sorta di presidio medico. Nel mare magnum della ristorazione le situazioni e i comportamenti non sono sempre gli stessi. Fare di tutta l’erba un fascio, di solito, denota un fondo di paura o di incomprensione della realtà»
Niko Romito: «Questo decreto mi sembra ipocrita perché ci lascia aperti come contentino ma di fatto, chiudendoci a cena, quando la maggior parte di noi lavora di più, taglia oltre il 60 per cento del nostro fatturato. Sarebbe stato più responsabile chiudere tutti i ristoranti per 20 giorni e darci un ristoro economico. Così invece è folle, anche la gestione dei dipendenti: cosa facciamo, li mettiamo part time? E ancora: con che spirito la gente viene al ristorante se i tavoli devono essere da 4 e solo per congiunti? Tutto ciò ci danneggia e basta»
Antonino Cannavacciulo: «Ci siamo messi in regola da maggio, rispettando leggi e regolamenti, riducendo i coperti, prevedendo i distanziamenti. Abbiamo fatto tutto per riaprire in sicurezza e ora rischiamo di dover chiudere un’altra volta. Non dovevamo arrivare a questo punto. Per l’impegno che ci abbiamo messo non ce lo meritiamo. Ci organizzeremo come abbiamo sempre fatto – ha spiegato Cannavacciuolo – Dopo di che, però, perché ci siamo ridotti così? Quest’estate abbiamo visto feste ovunque, barche piene… E i ristoratori che hanno, giustamente, rispettato le regole ora si trovano di nuovo a rischio chiusura. No, bisognava evitare di allentare troppo nei mesi scorsi. Del resto, l’Italia ha fatto un ottimo lavoro chiudendosi per mesi. All’estero, invece, dove hanno aperto troppo presto o non hanno mai chiuso stanno peggio di noi. Questo vantaggio non andava sprecato».
Ti invito a leggere l’intervista completa di Wladimir Carlisi su COOK – Corriere della Sera cliccando QUI.
Quest’anno il numero di suicidi è raddoppiato rispetto a quello dell’anno scorso, anche se non sfiora comunque nemmeno il numero dei morti di Covid in Italia. Dai 44 suicidi del 2019 si è passato a 71 suicidi nel 2020. I morti di Covid accertati ad oggi sono 37.905, ma con il sommerso che c’è stato in Lombardia e il disastro delle varie Rsa sono sicuramente molti di più. Io non sono quindi qui a sminuire niente. Ho paura che questi dati possano cambiare… o forse no. E se anche la maggior parte degli italiani si aggrapperà alla vita, si inventerà nuove idee, tenterà di sopravvivere… cosa racconterà ai loro bimbi quando l’acqua non uscirà dal rubinetto e per la terza consecutiva si mangeranno solo fagioli? Dovranno ridursi a elemosinare un piatto di pasta e una doccia agli anziani genitori in pensione, magari pure rischiando di attaccare loro il Covid?
Fagioli signori, non cipolle che ormai costano troppo perchè ci danno una scusa per piangere.
Cheers 🥂
Chiara
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