Sono le 8:40 di un sabato mattina d’inizio ottobre e a Roma è ancora piuttosto caldo. Sono sveglia da 3 ore esatte, cosa assai rara per una nottambula come me… figurati per il secondo giorno di fila. L’iPhone mi dice che ho già percorso più di 5.000 passi – ieri più di 21.000 – e che se facessi questa vita ogni giorno probabilmente sarei più magra. Vabbè. Per fortuna non sa che mi sono appena mangiata una brioche alla ricotta deliziosa da Crema & Cioccolato di Via Salara… 😄 comunque a Roma ho trovato una ricotta davvero squisita. Ora però ti racconto prima giornata del Corso Executive in Giornalismo Enogastronomico del Master in Giornalismo della Scuola di Giornalismo della Luiss Guido Carli di Roma. Ho giusto due ore prima dell’inizio della seconda lezione… che seguirò prima dal treno e poi dal transfer.
Scuola di giornalismo Luiss Guido Carli di Roma: la critica gastronomica
La lezione, dedicata alla nascita della critica gastronomica, è stata tenuta dalla giornalista Eleonora Cozzella e mi è piaciuta davvero tantissimo. Inoltre mi ha dato degli spunti di riflessione interessanti che vorrei condividerti. Quando ho pensato di scrivere questo articolo, il mio primo obiettivo è come sempre quello di ispirarti a seguire i tuoi sogni qualunque età e qualunque vita tu abbia raccontandoti di questo master alla Scuola di Giornalismo Luiss Guido Carli di Roma. Il secondo obiettivo è quello di consigliarti un ristorante che si trova in Via Adige a Roma, tra la sede dell’Università Luiss di Viale Romania e la sede dell’Università Luiss di Viale Pola (dove siamo noi). Questo mio intento, in effetti, è proprio un argomento di cui abbiamo parlato ieri.
Secondo l’antropologo Jacques Attali nel suo libro “Cibo. Una storia globale dalle origini al futuro” (l’ho appena comprato, poi ti dirò cosa ne penso!) il linguaggio nasce per l’esigenza di segnalare informazioni sui luoghi dove reperire il cibo. La necessità di scambiarsi indicazioni su dove trovare il cibo fin dalle prime comunità preistoriche ha contribuito, quindi, alla nascitadel linguaggio stesso. E in effetti quello che voglio fare io ora è indicarti dove puoi reperire un cibo di qualità se ti trovi nel Quartiere Coppadè di Roma. Si può dire che, nonostante siano passati migliaia di anni, abbiamo tutt’oggi la stessa esigenza anche se questa va interpretata in chiave moderna: non dobbiamo scoprire delle fonti di cibo in quanto l’offerta di cibo è vastissima, ma piuttosto dobbiamo orientarci nella scelta della fonte di cibo dalla quale attingere secondo criteri di compatibilità con i nostri valori “religiosi” sull’alimentazione, le nostre disponibilità economiche e la nostra ricerca qualitativa del gusto.
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Questo tema in realtà ne ha introdotto un altro, ovvero quanto la scelta che facciamo quando decidiamo cosa mangiare sia in realtà una religione. Fin dalle comunità preistoriche l’atto del mangiare non era solo fine a sé stesso e legato quindi unicamente al nutrimento, ma esisteva una vera e propria ritualizzazione del pasto che è sopravvissuta al trascorrere dei secoli. Oggi, anche se siamo atei – o ignostici, come nel mio caso – abbiamo comunque un approccio al cibo religioso dimostrato dal tipo di dieta che seguiamo. Io ad esempio sono quasi crudista, quasi perchè in realtà mangio tutto (tranne gli animali da affezione compresi i cavalli e i conigli), ma se posso scegliere cosa mangiare scelgo solo cibi crudi, prevalentemente a base di pesce.
Scuola di giornalismo Luiss Guido Carli: dove mangiare pesce a Roma in zona?
E infatti il ristorante che voglio indicarti è perfetto per mangiare il pesce crudo e sono stata così soddisfatta del mio pranzo che non vedo l’ora di tornarci anche la prossima settimana! Intanto esiste un menù delle ostriche, e già questo basta per farmi felice. Poi non c’erano tutte in quanto variano in base alla disponibilità e alla stagionalità. Mi sono fatta consigliare e ho fatto benissimo: ho scoperto l’ostrica irlandese Spéciales Julina che mi ha letteralmente conquistata per la sua carnosità, la sua generosità, il suo gusto di nocciola, la nota iodata appena accennata e una tendenza dolce che ha contrastato magnificamente con il sapido Vermentino “Acqua di Venus” Toscana Bianco IGT di Ruffino che ci ho abbinato. A vista credo che queste ostriche erano delle calibro 2 (a proposito, che ne dici di leggere questo articolo dedicato alle ostriche?).
Mi permetto di fare un appunto a tutte le donne: per favore, non uscite di casa con lo smalto mangiato perchè le vostre mani sono davvero sgradevoli da vedere. In particolare se dovete lavorare col pubblico e fare una cosa così nobile come servire un buon vino e un buon cibo, non fatelo. Curatevi di più. Lo smalto colorato non è obbligatorio e piuttosto se non avete tempo toglietevelo (ci vuole un secondo, non avete scuse!) o andate una volta al mese a farvi il gel come faccio io e non ci pensate più. Gli occhi di noi clienti ringraziano.
Ho mangiato anche la tartare di spigola con grandissimo piacere. Dico con grandissimo piacere perchè è insolito trovarla, almeno al Nord dove vivo. E io ne sono golosissima! La spigola era freschissima, come mi aspetto in una pescheria che fa anche cucina. Devo dire che questo format è quello che preferisco e quando vedo un locale di questo tipo mi fiondo sempre subito a provarlo. Il ristorante – o forse dovrei dire pescheria – dove ti consiglio di mangiare se ti trovi nei paraggi della Scuola di Giornalismo Luiss Guido Carli di Roma è Sor Duilio (Via Agri 9, aperto tutti i giorni del pesce fresco, quindi dal martedì al sabato, dalle 8:00 alle 23:00, giovedì dalle 8:30 alle 15:30)… io non vedo l’ora di tornarci anche la prossima settimana! Ho speso 34 € per due grosse ostriche, una generosa tartare, un abbondante calice di vino, il pane e l’acqua – che non ho bevuto perchè era Ferrarelle e la odio oltre che contiene troppo calcio per i miei poveri reni. Un prezzo allineato alla qualità del cibo proposto.
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Dopo sono andata all’Università Luiss Guido Carli di Roma che è davvero bellissima dove ho trovato 11 colleghi di corso appassionati di vino e di cibo come me: fantastico! La prima lezione aveva in collegamento anche lo Chef Cristiano Tomei (Eleonora Cozzella ha fatto la prefazione de “Mio nonno mi portava a fa’ gli erbi: 20 anni di ricette e ricerca in cucina“) e vorrei fare presente che quando si è collegato era piccolino sullo schermo, così me ne sono uscita con un “Come facciamo a farlo diventare più grosso?” che mi ha fatto molto ridere (non solo a me in effetti)… specie perchè lui ha detto poco dopo che la cucina deve essere scopativa e non masturbativa… 😄 In realtà questo concetto mi è piaciuto particolarmente: oggi c’è la tendenza – complice il gran numero di programmi di cucina che imperviano su qualsiasi canale a qualsiasi ora del giorno, per non parlare del grande successo di Masterchef – a considerare lo chef una figura semidivina che Achille scansati. In realtà uno chef – come ha detto lo stesso Cristiano Tomei – non è che fa interventi a cuore aperto e dovrebbe prendere il proprio lavoro con più leggerezza. Noi critici gastronomici dovremmo saper instaurare un dialogo costruttivo con gli chef che, nel rispetto della loro professionalità, è capace di raccontare anche i loro sbagli e i loro fallimenti per fornire loro occasioni di crescita. Del resto uno chef, e in particolare un cuoco, dovrebbe cucinare per fare felici le persone e non per esaltarsi da solo…
Ho conosciuto il giornalista Giorgio Casadio de Il Sole 24ore e del comitato direttivo della Scuola di Giornalismo e ho scoperto che ha origini ravennati come me. Certo, Roma è bellissima… ma anche la nostra Ravenna non scherza niente! E nemmeno se si parla di pesce fresco… a proposito, è normale che alle 9:40 di mattina sto pensando alla cozza di Ravenna sauté? 😄
Cheers 🍷
Chiara