Uno dei massimi piaceri della mia vita per me è scrivere, e farlo a letto, con indosso solo la biancheria sotto a un piumone caldissimo in una bellissima domenica mattina con il sole che regala al lago riflessi di mille colori e penetra dalla mia portafinestra mentre sorseggio un tè nero è in assoluto ciò che mi rende più serena e felice. Oggi voglio raccontarti la mia giornata di ieri al Vivite di Milano (eccoti il link al programma)… magari se non sai cosa fare oggi pomeriggio e sei nei pressi di questa affollata città potresti decidere di passarci: merita assolutamente la tua visita (fino a mezzanotte)! Apro con un selfie con due colleghi sommelier che ho conosciuto proprio grazie a questo blog, Enza e il suo compagno di merende Giampaolo Priore, che hanno fatto “la follia” di venire al Vivite dalla Puglia!
Location stupenda, quella dell‘ex scuderia Le Cavallerizze, che si presta perfettamente a un banco d’assaggio. Inoltre la divisione in sale in cui si possono trovare diverse regioni rende il tutto molto fruibile e senza calca, che è la cosa che più odiamo noi winelovers! Deliziosa la musica di sottofondo dell’area ristoro del Wine in Jazz del Bomas Trio: io sono una grande appassionata di Jazz e lo ascolto praticamente 24 ore su 24 (quando non ascolto Franco Battiato…) quindi l’ho apprezzato tantissimo. Tutto è stato curato nei minimi dettagli, nelle sale convivevano pacificamente le due principali associazioni sommelier italiane AIS e FISAR e ho conosciuto, come spesso accade in questi eventi, persone splendide. Poi ho avuto il piacere di rivedere Denis Pantini di Nomisma… a proposito, hai già comprato il loro libro sul Wine Marketing cliccando QUI?
Alle 10:30 ha tagliato il nastro Luigi Di Maio, ma sia chiaro che te lo dico “a rigor di cronaca” perché io sono totalmente disinteressata alla politica in qualsiasi forma. E, ammetto, non ho mai compreso questo riguardo particolare verso le autorità durante le manifestazioni enologiche… davvero qualcuno pensa che la loro presenza possa indurre ad aumentare la vendita di vino delle singole aziende o, almeno, ad aumentare l’affluenza del pubblico? Un consiglio generale mi sento di darlo: fate tagliare il nastro a personaggi influenti del mondo del vino, a persone in gamba che sanno attirare un pubblico “giusto” di persone davvero interessate a cosa c’è nel calice e che possono fare discorsi capaci di aprire mondi ai winelovers! Il vino non è politica, anche se, se si parla di vino cooperativo, la politica in un qualche modo c’è di mezzo per forza.
Vivite: vino cooperativo sì o vino cooperativo no?
Ancora prima di raccontarti la mia giornata, parliamo di vino cooperativo e cantine sociali: cosa ne pensi? Può una realtà dove conferiscono anche migliaia di soci che produce milioni di bottiglie offrirci un vino buono, sano e di qualità? Sei un talebano dei piccoli produttori che producono chicche per pochi con prezzi più o meno sostenibili o approvi anche queste grandi realtà che producono un vino quotidiano e accessibile? Lo slogan dell’evento è “Vivite | Dove il vino parla la lingua di tutti“. Ma è davvero così? E soprattutto, cosa significa esattamente parlare la lingua di tutti? Stiamo parlando di un vino accessibile economicamente e quindi potenzialmente comprabile da tutti o di un vino di facile beva e adatto quindi anche a chi non ha studiato il mondo del vino ma gli piace berlo o ancora a chi beve e basta senza approfondire cosa beve e guarda solo il prezzo, meglio in offerta? Questo è un distinguo molto importante da fare, perché la risposta ci fa inquadrare il target di queste grandi cooperative del vino. Chi sceglie il vino delle cooperative? Personalmente sono una sostenitrice di queste realtà, spesso bistrattate, più che dai miei colleghi sommelier (a noi ci hanno insegnato ad essere brand ambassador di ogni vino, di capirlo, proporlo e servirlo con umiltà e con il solo obiettivo di fare felici le persone che serviamo scegliendo per loro il prodotto giusto ovvero alla portata del loro stato psicofisico, delle loro competenze e delle loro tasche) da certi “winelover talebani” che, tra le cose, parlano male pure di noi sommelier dicendoci che abbiamo la puzza sotto il naso e che non vogliono studiare per non legarsi ad una associazione piuttosto che ad un’altra. Mamma mia che razza di cazzate che mi tocca sentire a volte, ma si può? Allora il medico o la maestra che hanno studiato all’Università di Bologna non dovevano studiare perché magari all’ospedale di Milano o alla scuola di Roma non ci potevano lavorare perché in un qualche modo legati a Bologna? Ma dai… Le cooperative vinicole fanno un lavoro straordinario perché danno la possibilità a piccolissimi conferitori, ma talvolta anche a grandi conferitori che non hanno il vino come core business, di partecipare alla creazione di un vino che spesso è anche fatto molto bene e arriva sulle tavole di una molteplicità di persone. Il loro stesso sistema organizzativo consente la produzione di vini buoni di primo prezzo, che nascondono spesso anche enologi di fama, a volte anche parecchio in gamba. Enologi che magari il piccolo produttore non si può permettere economicamente. E sia chiaro che questo mio articolo non vuole in nessun modo togliere qualcosa ai piccoli produttori, che resteranno sempre i miei preferiti e quelli che sosterrò finché avrò la possibilità di scrivere. No, questo articolo vuole solo farti vedere le cantine sociali da una prospettiva diversa, dove l’unione fa la forza, a patto di sacrificare il proprio nome e la propria individualità per il bene del gruppo. I sentimenti e la sensibilità, che fanno parte della nostra intelligenza emotiva e che ci rendono più o meno empatici nei confronti del prossimo, sono quelli che a volte ci intrappolano in idee che nemmeno noi stessi ci siamo costruiti mentre altri ci fanno vincere qualsiasi battaglia. Il miglior risultato ce lo avrai sempre quando sarai capace contemporaneamente di fare quello che è meglio per te e per il tuo gruppo. L’uomo è un animale sociale, talvolta sa spiccare il volo da solo e del resto so bene che le aquile non volano a stormi. Ma non siamo tutti aquile, e aggiungo: “per fortuna!”. La biodiversità è qualcosa di estremamente prezioso. In un mondo di aquile potresti godere della bellezza del pettirosso o del canto dell’usignolo? In un mondo di aquile, le aquile sarebbero così speciali? Porta questo parallelo nel vino e avrai la risposta di quello che penso del vino cooperativo promosso dal Vivite. Amo i piccoli produttori, queste aquile che dominano il cielo indomite e ci regalano vini con cui vivere esperienze magiche. Ma amo anche i gabbiani, che a stormi solcano il mare e ci offrono vini buoni da portare sulla nostra tavola ogni giorno. D’altronde la storia stessa dell’uomo ci insegna che la sopravvivenza è fatta di cooperazione e che una realtà non deve necessariamente escludere l’altra, anzi!
Il primo calice è stato un omaggio alla piacentina Cantina Valtidone, il suo ortrugo frizzante della linea 50 vendemmie, di cui ti ho parlato di recente in questo articolo dedicato alla Festa del vino novello Picchio Rosso. Ne ho approfittato anche per salutare Antonio e Mario, entrambi in splendida forma. Ho fatto innumerevoli assaggi interessanti (e anche qualche assaggio terrificante) per questo Vivite, ma ho deciso di parlarti solo dei 3 vini che mi hanno incuriosita di più, con la premessa che ho degustato “solo” tutti i vini spumanti + 2 vini extra francesi (sauvignon e sauternes) e qualche deviazione piuttosto interessante (soprattutto in Romagna) del sommelier Walter. Specifico che i 3 vini non sono qui riportati in ordine di gradimento perché non paragonabili tra loro (soprattutto il Nero di Troia spumante Metodo Charmat!)
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Vivite, Degustazione 1: “Flavio” Trento DOC Riserva 2010, Rotari – Mezzacorona
100% da uve Chardonnay | 13% vol | Metodo Classico | Sboccatura 2018 | 30 €
Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlate finissimo, numeroso e persistente. Il naso è intenso e ricorda uno champagne, con sentori evoluti e note di cioccolato bianco e nocciole. In bocca è coerente, fresco, intenso ed elegante, molto lungo sul finale. Perfetto da solo, si abbina benissimo al parmigiano reggiano di varie stagionature.
Vivite, Degustazione 2: “La Trinità” Rosé, Casal Trinità
100% da uve Nero di Troia | 12% vol | Metodo Charmat | 5 €
Si presenta rosa corallo brillante con riflessi aranciati. Il perlate è fine, numeroso e persistente. Il naso è piacevolissimo, con sentori evoluti di frutti rossi e vaniglia. In bocca è più fruttato che al naso, con un frutto fresco e piacevole. Freschissimo e abbastanza sapido. Molto morbido e dotato di una bevibilità eccezionale. Si abbina benissimo allo speck e ai salumi saporiti a taglio intero, perfetto per un aperitivo “alternativo”, con la sua capacità di accompagnare senza sovrastare.
Vivite, Degustazione 3: “Palmes d’Or” Brut Champagne 2006, Nicolas Feuillatte
50% Pinot Noir, 50% Chardonnay | 12,5% vol | Metodo Classico | Sboccatura 2018 | 130 €
Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlage finissimo e numeroso. Il naso è straordinario, con note di frutta esotica matura, spezie dolci, burro e cera d’api. In bocca è coerente e cremoso, con quei sentori evoluti che adoro, una grande freschezza nonostante l’età. Si abbina benissimo a una tartare di manzo o di tonno, ma è perfetto anche da solo.
Altro intrattenimento musicale di cui mi sono innamorata: i calici che suonano di Stefano Rubino. No, dico, ma quanto caspiterina è bravo?
Il dopo Vivite? Come sempre da Jin Sushi, in Via Luca della Robbia a Milano
Chi mi conosce bene e mi legge di frequente sa quanto odio gli All Can You Eat di finto sushi e finti giapponesi, dove la qualità si fa sistematicamente benedire in favore di abbuffate di bassa lega. Del resto è normale che sia così: tu compri il pesce buono? Quanto spendi? Io compro un salmone favoloso che pago 21,90 € al kg e, ok che se ne usa poco nel sushi… ma se uno davvero potesse mangiare illimitatamente, come potrebbe essere sostenibile la cosa? Ed è così che gli All Can You Eat ci offrono pesce ai limiti del mangiabile di tagli di scarto, sushi preparato in modo infame e via dicendo. Gli ambienti poi sono quasi sempre pessimi. Eppure c’è un All Can You Eat che amo e si chiama Jin Sushi, in via Luca della Robbia 10, in un ambiente minimal chic delizioso. Mi piace così tanto che ogni volta che vado a Milano a un evento enologico ci passo, e ogni volta ne esco più soddisfatta della precedente! Il menù costa 21,90 € e sono esclusi coperto, dolci e bevande. Nel menù trovi astice, ventresca di tonno, cappesante, salmone, branzino, gamberi rossi e gamberi classici. Io mi sono innamorata di questo bocconcino di riso avvolto in una fettina di salmone con uovo di quaglia e profumo di tartufo… ne ho mangiati una fila, lo ammetto! Però visto che sono a dieta sono andata al ristorante a piedi e ho fatto ben 7 km durante la giornata, sono stata bravissima! Già non vedo l’ora di tornare da Jin… 😍
E tu cosa pensi dei piccoli produttori e del vino cooperativo? Scrivimelo in un commento!
Cheers 😍🍷
Chiara
PS Ti ricordo che ho appena scritto un nuovo libro, “Come diventare sommelier” (che puoi comprare cliccando QUI), pensato per i già sommelier che vogliono ripassare, per gli aspiranti sommelier che stanno studiando e per tutti i winelover che vogliono approfondire le loro conoscenze sul vino. Come diventare sommelier, tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine è chiaro, ben organizzato e comodissimo da portare sempre con te: è grande come il tuo iPad e pesa esattamente come lui, incredibile vero? In questa foto stavo ripassando i vini liquorosi e i marsala per la serata fatta al Ristorante Le Proposte della cara Danila Ratti (leggi l’articolo cliccando QUI) mentre aspettavo il mio turno da Ikea!