Io bevo così è la manifestazione dedicata al vino etico che è giunta quest’anno alla sua quarta edizione. In una location di grande charme, Villa Sommi Picenardi ad Olgiate Molgora, sono stati presentati per 2 giorni consecutivi, il 21e il 22 maggio 2017, oltre 450 vini naturali, biologici e biodinamici provenienti da tutta Italia… e anche dall’estero! La kermesse è organizzata da Andrea Sala (That’s Wine – Distribuzione vini naturali, biologici e biodinamici) e Andrea Pesce (Vini e Più… Posteria e Caffè di Cantù) e divulgata con l’aiuto di Nicola di Maso dell’ufficio stampa Luxury Bureau di Milano. Quando il mio collega sommelier, wine blogger e caro amico Gabriele Scalici mi ha chiesto di andarci, sono stata ben felice di girare l’invito alla mia cara amica Annabella dato che abita proprio da quelle parti!

io bevo così

Io bevo così: vini biologici sì, vini biologici no… sul biologico nel mondo del vino si fa un gran parlare e c’è chi lo esalta e chi lo demolisce, come in tutte le cose del resto! Personalmente, quando si parla di vino biologico non mi sento “di parte”. A me il vino piace “buono” e se è anche “biologico” ne sono più che felice!  Per quanto riguarda il biodinamico, invece, mi immagino i produttori armati di cornoletame che inneggiano qualche dio della fertilità mentre sotterrano i corni delle vacche che hanno partorito almeno una volta riempiti di preparato 500…

Preparato 500 utilizzato in viticoltura biodinamica. Il preparato è costituito da letame di vacca infilato nel cavo di un corno proveniente da una vacca che abbia partorito almeno una volta. Il corno, una volta riempito, viene sotterrato per lasciarlo fermentare durante l’inverno. Il composto viene recuperato nei giorni prossimi alla Pasqua, quando ormai si è trasformato in humus e ha perso l’odore del letame, acquisendo quello nobile del sottobosco. Viene allora distribuito, miscelato e diluito con acqua (in gergo dinamizzato), con lo scopo (presunto e non dimostrato) di incrementare la resa produttiva del terreno.

fonte: Wikipedia

Ma cos’è un vino biologico, biodinamico o naturale?

  • VINO BIOLOGICO: vino ottenuto con uve biologiche certificate dove sono espressamente vietati fitofarmaci, concimi, diserbanti e pesticidi di sintesi, la vinificazione avviene senza coadiuvanti e additivi e i pochi prodotti permessi devono avere origine biologica e la quantità di anidride solforosa presente è ridotta rispetto al vino convenzionale. Inoltre i produttori devono essere certificati dall’organismo competente ed impiegano 3 anni per fare la conversione al biologico.
  • VINO BIODINAMICO: vino ottenuto seguendo i dettami dell’agricoltura biodinamica di Rudolf Steiner. Pur non esistendo una normativa in materia, si può definire il vino biodinamico come un vino “biologico” (spesso/quasi sempre non certificato) ottenuto con un approccio “olistico” la cui efficacia non ha fondamento scientifico. Personalmente ritengo che ogni cosa, prima di essere verificata dalla scienza, non aveva ancora un fondamento scientifico. Per questo forse, tra le varie pratiche biodinamiche, qualcosa che dà un effettivo beneficio sicuramente ci può essere. In linea generale tuttavia non riesco a condividere i dettami dell’agricoltura biodinamica anche se ho comunque rispetto della filosofia steineriana. A differenza della viticoltura biologica, non esistono studi che dimostrano che la viticoltura biodinamica accresce la qualità del vino prodotto.
  • VINO NATURALE: vino ottenuto seguendo i dettami dell’agricoltura biologica e/o biodinamica i cui produttori però rifiutano di aderire all’una o all’altra “filosofia” per non sentirsi intrappolati in una serie di leggi e assiomi che, non essendo scritti per loro, non farebbero che omologare i vini che producono snaturandone di fatto la loro unicità. Ecco, personalmente abbraccio la filosofia dei vini naturali. Mentre certificarsi come produttore biologico può avere almeno un senso da un punto di vista strettamente commerciale (che poi ce ne sarebbe tanta, ma proprio tanta, da dire… vogliamo parlare di un vino biologico ottenuto da uve provenienti da un vigneto certificato biologico che però si trova più o meno vicino ad uno stabilimento chimico?), aderire al movimento biodinamico è qualcosa che a mio avviso restringe le possibilità di un viticoltore senza garantire un effettivo beneficio. Meglio quindi considerare il biologico e il biodinamico come un menù da cui scegliere le migliori portate.
    A questo proposito ti voglio segnalare, se ti va di approfondire, qualche lettura interessante che puoi trovare su Amazon sul biologico e sul biodinamico:

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    Io bevo così: i vini che mi hanno colpito

    Weißburgunder 2001, Bretz Jörg  – Austria

    Di tutti è stata la degustazione che ho preferito per questa quarta edizione di Io bevo così, nonostante chi mi conosce sa che difficilmente apprezzo maggiormente i vini bianchi fermi a meno che non siano riesling renano 100% con un idrocarburo così forte da farmi innamorare. Eppure questo pinot bianco si presenta dotato di una longevità incredibile: 16 anni e non sentirli! Sarà che avevo appena degustato un vino marchigiano che definire “stanco di vivere” è un complimento (ed era un’annata 2007), ho davvero apprezzato la pulizia, i sentori maturi che si fondono con un’incredibile freschezza e quel tocco di legno che dona un caratterino davvero piacevole a questo Bretz Jörg Weißburgunder 2001. Un vino straordinario con un ottimo rapporto qualità prezzo! Sicuramente l’ho trovata una cantina “da approfondire” in futuro, magari in Austria 🙂

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    Pas Operé Millesimato 2012, Ca del Vent – Lombardia

    Ad assaggiare gli spumanti di Ca del Vent esposti in questa edizione di Io bevo così mi ci ha portato Gabriele Scalici che, come sempre, non sbaglia (quasi mai) un colpo in fatto di degustazioni. (E niente, a me quei vini marchigiani “stanchi di esistere” proprio non mi sono piaciuti… anche se amo i vini che hanno almeno la metà dei miei anni…). Beh che dire? Mi sono piaciuti entrambi! Li ho trovati vini “non convenzionali” sia al naso sia in bocca. I vini di un’azienda che non ha paura di “osare” o differenziarsi perché sicura del proprio lavoro. In particolare il Pas Operé mi è piaciuto tantissimo: è un vino grasso, burroso, fragrante, con una crosta di pane appena accennata, una punta di zafferano e una nota minerale in evoluzione. Da riassaggiare con calma in cantina per fare una valutazione più precisa… intanto complimenti!

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    Moscatello di Saracena, Azienda Agricola Diana – Calabria

    Per l’ultima scoperta eccomi in Calabria, una terra purtroppo ad oggi troppo bistrattata quando si parla di vino. Per morfologia del territorio, grazie ad un’affaccio su due mari, alle montagne… beh potrebbe produrre vini ancora più straordinari di tante altre regioni storicamente vocate al vino di pregio. L’Azienda Agricola Diana, nel comune di Saracena, produce un Moscato Passito Presidio Slow Food che definire delizioso è riduttivo. Vino apprezzato alla corte papale dal 1500, tradizionalmente preparato dalle famiglie di Saracena per essere in gran parte donato agli avvocati ed ai medici della città, mentre una piccola parte rimaneva nascosto nelle loro cantine per essere aperto nei giorni di festa. Il Moscato di Saracena viene preparato con un vitigno autoctono locale, il Moscatello, che viene appassito, selezionato e delicatamente pressato per poi essere aggiunto al mosto cotto e ridotto di circa 1/3 per concentrare gli zuccheri ed aumentare il titolo alcolometrico di Guarnaccia, Malvasia e Adduraca. Dopo una lunga e lenta fermentazione si ottiene un vino di colore ambrato, con un intenso profumo di croccante alle nocciole, fico caramellato, fava tonka, maracuja e dattero fresco. Assolutamente un vino da meditazione, rovinato da qualsiasi cibo in abbinamento. Posso perdonare solo un cantuccio di Prato alle mandorle, che ben concorda con il suo finale mandorlato. Che dire? Spero di poter fare presto un giro a Saracena, in Calabria, a scoprire tutti i produttori di Moscatello di Saracena!

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    E infine qualche riconferma!

    Bianco Provincia di Pavia IGT, Tenuta Belvedere – Lombardia

    Di Gianluca Cabrini di Tenuta Belvedere ho riassaggiato un pinot nero vinificato in bianco frizzante… che mi era già piaciuto quando lo avevo assaggiato ad Autoctona qualche mese fa! In particolare parlo del suo bianco Provincia di Pavia IGT, ottenuto da uve di pinot nero e riesling italico provenienti da vigne dell’oltrepò pavese allevate a guyot in terreni argilloso-calcarei di origine marina. Le uve vengono raccolte in piccole cassette da 18 kg e pressate in modo soffice. Dopo la chiarificazione mediante decantazione statica, il mosto ottenuto viene posto in serbatoi di acciaio inox dove fermenta a temperatura controllata con lieviti indigeni. Al termine della fermentazione si lascia affinare 6 mesi sui propri lieviti questo vino parzialmente dolce. In primavera il vino viene imbottigliato e il naturale aumento della temperatura favorisce la rifermentazione in bottiglia. Per quanto era difficile valutare il colore alla luce di Villa Sommi Picenardi, il vino è di un bel color pesca bianca “denso” con sfumature della sua stessa buccia. Al naso ha i tipici sentori del lievito che ritrovo sempre nei vini “integrali” che a me piacciono tanto (vedi il PS de Le Vigne di Alice o il Rurale di Bellenda), e in bocca entra molto fresco, acido e sapido. Mi piace moltissimo perché lo trovo un vino non convenzionale, perfetto per aperitivi o da abbinare anche al più semplice dei risotti purché riccamente mantecato con burro e parmigiano. Attenzione che non è un vino per tutti o per chi si è appena avvicinato a questo genere.

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    Sabbie Gialle, Cantina San Biagio Vecchio – Romagna

    Qui siamo nella mia terra d’origine, la Romagna, e più precisamente nella mia città natia, Faenza. Qui puoi trovare due eccellenze romagnole: Il Ristorante San Biagio Vecchio del bravissimo Igor Morini e l’omonima cantina di Lucia Ziniti, che sono sempre felice di salutare. L’Albana di Romagna è quel vitigno bianco leggendario capace di sposarsi magnificamente con la botrytis cinerea, di avere 15°C e non sentirli e di accompagnare ogni pasta all’uovo fatta in casa possibile immaginabile. Ho assaggiato tutti i vini, ma come sempre Sabbie Gialle mi ha dato un qualcosa in più. L’annata 2015 e l’annata 2016 sono diversissime, premesso che la 2016 non è ancora pronta. Sono tuttavia convinta che la 2016 sarà ancora migliore della precedente, nonostante un’acidità davvero spiccata che sicuramente si ammorbidirà nei mesi che mancano alla messa in commercio. La 2015 ha un naso intenso, mieloso, con note di sambuco e pesca gialla. Molto sapida, acidula e nel complesso equilibrata anche grazie ad una buona alcolicità, è perfetta per i nostri immancabili tortelloni burro e salvia… che la mia adorata nonna mi preparava ogni giovedì a pranzo… (quanto mi manca!).

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    La Caldera, Andrea Occhipinti – Lazio

    Ho conosciuto i vini di Andrea Occhipinti all’enoteca Tresenda di Sarnico (BG), dove andrò anche stasera con Viola a mangiarmi una deliziosa tartare di carne… mi piace proprio come posto, ottimi vini che puoi sia comprare che bere al tavolo e una ristorazione che supporta il vino semplice ma di ottima qualità. In particolare quella sera sbicchieravano La Caldera, un vino di cui mi sono davvero innamorata (al punto di comprarne una bottiglia… e con tutte le bottiglie campioni che mi arrivano da degustare non compravo una bottiglia da più di un anno)! Grechetto rosso allevato a cordone speronato su terreni di lapillo vulcanico, conduzione biologica delle vigne, macerazione di 15 giorni sulle bucce, fermentazione spontanea con soli lieviti indigeni in piccole botti di cemento, affinamento di 18 mesi in botti di acciaio/cemento e riposo in bottiglia di almeno 2 mesi. Ho assaggiato anche l’Alea Viva che mi è davvero piaciuto, stessa lavorazione de La Caldera ma da uve di Aleatico. Avendo la stessa lavorazione si può sentire bene in fase di degustazione le caratteristiche del vitigno: l’Aleatico rimane molto più fruttato e intenso, il Grechetto più speziato e floreale.

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    Pranzo sull’erba

    Il titolo fa molto Manet, ma in realtà nessun cannottiere all’orizzonte, solo un tripudio di winelovers! <3 Ho apprezzato molto questa deliziosa pizza fritta mangiata seduta sull’erba con Annabella e la sua baby. In una giornata così bella, per me niente è più appagante di godermi un buon cibo con una buona compagnia in mezzo alla Natura. Oltretutto questa pizza fritta era davvero buona, la pasta sembrava quasi sciogliersi in bocca e non era per niente unta. Il fiordatte era di buona qualità e le acciughine (che adoro) ci stavano benissimo! Annabella ha preso l’hamburger piemontese dell’altro stand, e anche il suo piatto aveva un bellissimo aspetto (la porzione era fin quasi troppo abbondante!). In generale una nota di merito va all’organizzazione per aver messo un ristoro qualitativamente sopra alla media.

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    E la cena? Trattoria Pegaso da Adriano e Simone Liloni

    Visto che avevo promesso ad Adriano Liloni, il “sovversivo del gusto” titolare della Trattoria Pegaso di Gardone Riviera di cenare da lui, sono partita sulle 18 alla volta del Lago di Garda! E cosa non si fa per una golosa amicizia? Il nipote di Adriano, Simone, è sicuramente il “non sommelier” più appassionato ed acculturato di vino che ho mai conosciuto! Forse un po’ chiuso ai progetti vinicoli innovativi e commerciali, ma con una capacità degustativa davvero interessante e da approfondire. Mi ha fatto assaggiare uno spumante Metodo Classico che non conoscevo, ovvero l’Extra Brut Millesimato di Lazzari, azienda di Capriano del Colle.

    lazzari spumante metodo classico

    A questo proposito ne approfitto per segnalarti che questa domenica il Movimento del Turismo del Vino ha organizzato “Cantine Aperte” in Lombardia. Qui trovi le aziende aderenti e il programma riservato ai #winelovers. Quindi consiglio a tutti gli enonauti della zona di fare un salto a scoprire questa bollicina, perché ne vale davvero la pena. Ha note di zafferano così intense da rubare la scena a un Sauternes di Barsac! Non so se è l’annata particolare… ma non mi resta che andare a trovare Lazzari prossimamente per scoprirlo 😉

    trattoria pegaso adriano liloni

    Visto che ero ospite ho lasciato (come faccio quasi sempre) al “padrone di casa” la scelta di portarmi quelle che ritiene le sue specialità! Adriano, da bravo oste, si è limitato a chiedermi solo “carne o pesce”, ma anche qui ho lasciato fare a lui perché io mangio tutto… tranne i cavoletti di Bruxelles! Beh forse nemmeno uno scarafaggio lo mangerei, ma per fortuna in Italia non si mangiano ancora anche se si vocifera sia il cibo del futuro! Comunque direi che la cucina di Adriano è semplice, casalinga di quelle case dove si mangia bene, con sapori genuini e degli abbinamenti davvero gustosi! Gli antipasti erano tutti molto piacevoli, ma quello che ho preferito è stato il gambero avvolto nella pancetta con l’orzo e la caponatina (se posso un consiglio taglierei le verdure a tocchetti leggermente più piccoli per permettere ai sapori di amalgamarsi ancora meglio). I paccheri col dentice, il cavolo nero e i pomodorini confit avevano un olio e un gusto piacevolissimo, nonostante io preferisco la pasta “risottata” con l’amido che fa la famosa cremina!

    trattoria pegaso adriano liloni

    Voglio sottolineare la bontà di questo gelato alla vaniglia fatto in casa. Ho ancora in bocca il gusto spettacolare di una vaniglia di altissima qualità, per una crema ricca e con una consistenza deliziosa. Spero che Adriano me ne farà una damigiana il 6 giugno, quando mangerò per la prima volta il famoso spiedo bresciano in onore della presentazione della sceneggiatura del suo nuovo film! Anzi no che sono a dieta… facciamo giusto un assaggino 😀 Grazie Adriano per l’invito e a tutti per la bellissima giornata!

    Cheers <3

    Chiara

    P.S. Per tutte le foto di questo articolo ringrazio UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino!

    franciacorta universo foto

    P.P.S. Un ultimo grazie a Leoni Alfredo di Top Wine per avermi fatto degustare qualche vino interessante, ma soprattutto un formaggio così meraviglioso che ricorderò sempre: il Montebole di Marco Bernini! Definito da Identità Golose il casearo alchimista, mi è bastato questo formaggio per farmi capire che devo assolutamente fare un giro nel tortonese per incontrarlo per degustare qualcosa!

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