Sai perchè ho scelto di scrivere solo sul mio wine blog? Perchè il blog è, per definizione, un diario online e per questo la narrazione non è demandabile a terzi. Per questo i tempi del mio blog sono i miei e non c’è una frequenza regolare degli articoli. Anzi, ti confesso che sono piuttosto indietro: ci sono diverse cose che devo ancora raccontarti! Di questa esperienza nell’Alto Piemonte però voglio parlarti subito perchè Castellengo è davvero un luogo magico. A novembre 2021 sono stata a una deliziosa degustazione Go Wine dedicata al vino nebbiolo dell’Alto Piemonte e lì mi sono innamorata di qualche cantina, tra cui Castellengo. Per questo sono stata felicissima di andare a trovare Alessandro Ciccioni – che dirige l’azienda insieme a sua moglie Magda – giovedì scorso.
Castellengo, in Alto Piemonte, è una piccolissima frazione di poco più di 80 abitanti stabili del comune di Cossato in provincia di Biella. La posizione la definirei strategica: Milano e Torino sono a circa un’ora di distanza e l’uscita dell’autostrada A4 è davvero comoda. Inoltre la vicinanza al Monte Rosa e alla Riserva Naturale delle Baragge lo rendono il luogo perfetto per il turista che ama sia la pace della collina, sia la frenesia della città. Castellengo è un complesso di varie attività: la cantina vini Centovigne si trova proprio sotto il B&B di Charme “La Carosera” dove ho pernottato. In particolare ti segnalo la stanza “Piccionaia” perchè con il suo letto a baldacchino è semplicemente meravigliosa.
Se invece desideri pernottare come un reale, anche nel Castello di Castellengo sono disponibili delle camere. La visita al Castello tuttavia me la tengo per la prossima volta che andrò a trovare Alessandro! Questa è stata un po’ una toccata e fuga, e così sarà fino al 21 marzo 2022, giorno in cui consegnerò la tesi di laurea. Quindi portate tutti pazienza! 😇
Sono stata particolarmente fortunata però: l’imbrunire di una giornata di sole è il momento più suggestivo per scattare qualche foto memorabile, che spero ti farà venire voglia di vivere la mia stessa esperienza in Alto Piemonte. Dentro alle mura, insieme al Castello, ci sono una serie di strutture un tempo di servizio, oggi attività indipendenti. Partiamo da La Carosera, il B&B, subito alla destra della storica Porta del Moro. Al primo piano rialzato le camere, nei due piani sottostanti la cantina Centovigne. La Carosera deve il nome al suo essere lo storico ricovero delle carrozze dei nobili che giungevano al castello. Centovigne invece è ispirato ai tanti piccoli appezzamenti che caratterizzano la proprietà.
Il primo piano della cantina è proprio il luogo che ospitava un tempo le carrozze e questo probabilmente è il motivo della magnificenza con cui viene accolto l’ospite. Dal 1600 Castellengo era la residenza del conte Pietro Francesco Frichignono che per tutta la vita si occupò di gestire giuridicamente le faccende dei Savoia, degli Asburgo e di altre tra le famiglie regnanti d’Europa. Per questo il castello doveva letteralmente essere all’altezza dei suoi ospiti fin dall’ingresso.
Ho visto molti ricoveri di carrozze in Piemonte e questo è sicuramente uno dei più belli. Le vasche in inox che si trovano tra le colonne di pietra chiara sembrano sussurrare eleganza ai mosti che fermentano. Eleganza è sicuramente la caratteristica sensoriale che accumuna tutti i vini della cantina Centovigne elaborati dai due vitigni caratteristici dell’Alto Piemonte: il nebbiolo e l’erbaluce.
Sotto al piano delle vasche in inox la cantina settecentesca dove si trovano botti in cemento e in legno di rovere. Qui si fa vino dai tempi del conte e i primi scritti che attestano le dimensioni della cantina risalgono al 1682. Nel 1748, nel Cabreo – un documento giudiziario – si leggono l’estensione dei vigneti e i sistemi di viticoltura impiegati.
Alla fine del 1800 la famiglia Sella acquisisce la proprietà di Castellengo in Alto Piemonte ed esce nel 1904 con un’annata storica che farà il giro dei collezionisti in onore della nascita dell’erede. Questa bottiglia purtroppo non ho avuto il privilegio di assaggiarla, anche se difficilmente nel 2022 penso sarebbe diversa dall’aceto. Tuttavia è un onore anche solo toccarla per la storia che reca con sé.
Dalla cantina ci siamo spostati nel piccolo edificio di fronte che oggi ospita il negozio e lo spazio degustazioni. Come ogni angolo che ho avuto modo di vedere è ben arredato e organizzato grazie a un eccellente gusto capace di mixare armoniosamente diversi stili.
Alto Piemonte vini nebbiolo firmati Castellengo
Adoro confrontare lo stesso vino di diverse annate. Posso sentire le sfumature di qualsiasi cosa: dall’andamento climatico alla vendemmia, dalle pratiche di cantina all’affinamento. E, in effetti, è esattamente quello che è successo, partendo proprio dall’esame visivo dei due calici a confronto. Il 2011 si presenta di colore rosso rubino molto concentrato e profondo mentre il 2012 di un rosso rubino trasparente. Questo ci fa fare una prima considerazione sull’annata: la 2011 probabilmente è stata più calda della 2012. Al naso quanto osservato è confermato e forse ci indica anche che se nel 2012 l’epoca di vendemmia è stata centrata alla perfezione, nel 2011 è sfuggita di circa un paio di giorni. Caratteristica che ho annusato nei profumi di ciliegie molto mature, fragole in confettura e prugne essicate. Infine il legno, con la sua nota più vanigliata nella 2011, ci racconta come è stata sicuramente introdotta in cantina almeno una botte nuova, il cui carattere si è ingentilito l’annata successiva. Per me l’utilizzo del legno nuovo in un’annata forse un po’ calda ha reso anche il 2011 un grande vino coprendo con piacevoli note speziate quella nota di frutta un po’ “passata” di maturazione. Entrambe le annate in bocca si reincontrano con quelle note sapide conferite da quei terreni sabbiosi con resti fossili, una grande struttura e un tannino ben amalgamato. Il 2012 è un’annata magica, semplicemente perfetta in tutti gli aspetti. Se entrambi sono due vini nebbiolo Alto Piemonte eleganti, la 2012 è – come direbbe Mario Soldati – “poesia della terra”.
Alessandro ha sfettolato la Paletta Biellese come non ci fosse un domani e io ho scoperto così uno di quei salumi destinato a svettare nell’Olimpo dei miei preferiti. Il nome deriva dalla forma a paletta della scapola del maiale e quella di Coggiola è un Presidio Slow Food. Nata come salume per il ceto medio (la coscia era riservata ai nobili e al clero), fin dal 1400 era talmente buona che era ricercata anche nei banchetti dell’alta aristocrazia. Tradizionalmente si consuma cotta, ma nel nostro caso l’abbiamo mangiata cruda e credo sia ancora più buona così!
Il mio rapporto con i vini bianchi con qualche anno sulle spalle è sempre più intimo, complice anche la mia recente collaborazione con il Consorzio di Tutela del Gavi. Del resto sono convinta che in Piemonte ci siano tre dei cinque vitigni a bacca bianca autoctoni italiani con il più straordinario potenziale di invecchiamento: gavi, timorasso e erbaluce. E proprio l’erbaluce è qui coltivato da sempre e utilizzato per elaborare un vino interessante che non si può chiamare erbaluce per via di quello di Caluso. Del resto i terreni sono diversissimi e se devo fare un raffronto, l’erbaluce di Alessandro e altri degustati al Go Wine sono generalmente meno erbacei e meno verticali rispetto all’Erbaluce di Caluso DOP.
Alto Piemonte vini bianchi: Miranda 2012
Giallo paglierino intenso con riflessi oro, consistente. Al naso dopo qualche minuto è eccezionale con note di miele e cioccolato bianco, pera candita e un finale di fiori di campo e semi di aneto. In bocca è morbidissimo, strutturato e ben equilibrato, lungo finale.
Alto Piemonte: da sempre vini di qualità premiati
Questo premio per i vini rossi d’arrosto dice tutto secondo me… e l’impeccabile grafica del ventennio dovrebbe ispirare i grafici contemporanei: vedo un attestato più triste dell’altro ultimamente! E comunque voglio fare da giudice per un eventuale concorso di vini rossi d’arrosto (di tutta Italia, non solo dell’Alto Piemonte), vi anticipo che valuterò con un plus tutte le cantine che insieme ai campioni di vino porteranno anche teglie d’arrosto per valutare l’abbinamento! 😄😄😄
Finita la degustazione abbiamo fatto due passi verso l’Osteria della Villa, dove la chef Annamaria coniuga i piatti della tradizione biellese con materie prime di altissima qualità. Il ristorante è all’interno di una dimora storica ottocentesca dove si è attuato un buon restauro conservativo. La mise en place è semplice, come ti aspetti in un’osteria, e con dei bei piatti. I tavoli sono distanziati, merito di un susseguirsi di salette che regalano intimità e privacy.
Ah, il pane: croce e delizia di tutti i ristoranti! Questo buonissimo, un pezzetto tira l’altro e così – tanto per cambiare – ne ho mangiato troppo!
Che considero i vini rosati un trend è uscito su vari giornali, sia cartacei sia online come ioDonna o Repubblica.it. Beh questo di Castellengo ha uno stile che mi piace particolarmente perchè è molto equilibrato e facilissimo da abbinare. Un vino perfetto da aperitivo, ma anche in accompagnamento a una cena di pesce per chi, come mio marito, non ama i vini bianchi.
Il piatto misto di antipasti tipici l’ho adorato, dalla presentazione sull’alzata (forse dovrei dire “alzatona”) alla varietà di preparazioni. Mi sono piaciuti tantissimo gli involtini e il semolino dolce fritto, ma anche la carne con la salsa verde era speciale!
Un piatto davvero intrigante l’anguilla affumicata con il duetto di cavolo e la bavarese alla panna acida. La chef Annamaria con le marinature se la cava piuttosto bene: già delizioso il salmone di benvenuto, con l’anguilla eccelle sul serio. La panna acida ha bilanciato la naturale grassezza dell’anguilla e il cavolo si è ben contrapposto alla tendenza dolce dell’anguilla con le sue note delicatamente amare.
Il vitello tonnato è un piatto tradizionale che credo conoscano tutti in quanto è in tutto il Nord Italia (e di conseguenza anche in Argentina) un antipasto tipico delle feste, in particolare del Natale. Mia nonna Mira, romagnola DOC, ne preparava “delle sbadilate”. A me piace tantissimo e questo l’ho trovato ben fatto: la carne tenera e spessa al punto giusto e la salsa delicata.
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Quando si parla di carne cruda mi si illuminano gli occhi, a riprova che non ho speranze di diventare vegetariana! Questa battuta a coltello di manzo piemontese con radicchio lungo di verona e bagna cauda è stata mistica! Sia perchè la carne era tagliata alla perfezione, sia perchè la bagna cauda – ovvero una squisita salsa tradizionale a base di aglio e acciughe – con la sua sapidità è perfetta per valorizzare il sapore della tartare di manzo.
Io non sono un’amante dei risotti e ammetto che i maltagliati al ragu d’anatra all’arancia che faccio anche io spesso a casa mi avevano incuriosita molto di più. La panissa alla vercellese con riso carnaroli Acquerello è però quanto di più tipico puoi assaggiare in questa zona e quindi… panissa sia! Beh era fatta magistralmente e assolutamente squisita! La ricetta tradizionale parla di salamino della Duja sotto grasso e di fagioli di Saluggia, lardo, cipolle e cotiche. Questa Alessandro ci ha detto che era alleggerita…
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Il Brasato di bue piemontese al Nebbiolo di Castellengo l’ho trovato gustosissimo, ma soprattutto sfizioso con la variazione di polenta proposta sia dolce sia salata. Anche se la cosa più buona era sicuramente il fondo di cottura che, tra l’altro, si è abbinato benissimo a questa annata che avevo già degustato al Go Wine!
Una vera ottima colazione grazie al succo di mela di cui sono ghiotta, e ai canestrelli biellesi, di cui ignoravo l’esistenza. Più simili ai wafers (non quelli commerciali) che ai più famosi canestrelli liguri, sono assolutamente divini. Immagina la mia gioia quando ho scoperto che sono in vendita su Amazon (qui il link dei canestrelli biellesi artigianali di Coggiola!). Anche il cappuccino aveva un bellissimo aspetto e i cereali molto croccanti!
Grazie infinite per la squisita ospitalità e la piacevole compagnia!
Cheers 🍷
Chiara