Ogni anno, come ormai consuetudine, scrivo un articolo sulla azienda che più è stata capace di emozionarmi al Vinitaly, e per l’edizione 2017 ho scelto Bellenda. Ne approfitto per ringraziare Agnese Ceschi e Lavinia Furlani di Wine Meridian per avermi contattata e presentata a questa bellissima realtà che prima non avevo mai avuto il piacere di conoscere. La cosa incredibile è che fino a due anni fa la mia cultura del Prosecco era davvero molto molto limitata e non avrei mai pensato di innamorarmi di lui al punto da considerarlo il mio miglior vino spumante degustato al Vinitaly per 2 anni di fila (l’anno scorso avevo scelto il P.S. di Le Vigne di Alice!).
“Prosecco” purtroppo è la parola più sputtanata del mondo del vino. Fa rima con “Prosecchino” e “Frizzantino”, e nel vocabolario medio indica una specie di vino con le bollicine di bassa, anzi bassissima qualità. Chi non ha avuto la fortuna o l’intelligenza di approfondire, ancora è convinto che il Prosecco sia una pseudo schifezza da allungare con l’aperol e chiamare “Spritz” (vi prego, no! Se proprio volete compiere un simile scempio, almeno ordinate un Hugo… fatelo per me!) In realtà il Prosecco è un vino spumante ottenuto da uva Glera, tipico del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia e, a seconda delle aree di produzione, appartiene ad una di queste 3 denominazioni:
- Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG
- Asolo Prosecco Superiore DOCG
- Prosecco DOC (Treviso, Belluno, Padova, Venezia, Vicenza in Veneto; Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste in Friuli-Venezia Giulia)
Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei bar e ristoranti d’Italia, anzi del mondo, con “Prosecco”, “Prosecchino” e “Frizzantino” si intendono tutti i vini spumanti, a prescindere dal loro metodo di produzione e dall’uvaggio. In tantissimi ristoranti italiani addirittura i camerieri confondono il Prosecco con il Trento DOC o il Franciacorta DOCG. Io per prima, pur non avendo mai confuso le rispettive denominazioni, per tanti anni sono stata vittima dell’ignoranza collettiva che riteneva il Prosecco un vino da discriminare. Oggi invece colloco il Prosecco, quello vero e buono, nella rosa dei miei vini preferiti. Ed è qui che entra in gioco Bellenda, azienda di Carpesica, piccolo borgo di Vittorio Veneto, che produce Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG e Provincia di Treviso Prosecco DOC.
Quando ho visto questa foto mi sono innamorata: è davvero bellissima… e secondo me racchiude davvero lo spirito del Prosecco Bellenda. Se dovessi definirlo in una sola parola direi: “Cura”. Bellenda CURA qualsiasi cosa: dalla vigna al vino, dalla comunicazione alla carta del materiale informativo. Niente è per caso, niente è “arrangiato”. Nota di merito per la Carta Enografica della provincia di Treviso che mi ha mostrato Umberto: davvero stupenda! L’ho ritrovata nella cartella press che mi hanno lasciato e la conserverò con cura, grazie!
Ho conosciuto Umberto Cosmo proprio in questa degustazione: un grande personaggio ed è davvero piacevole conversare con lui. Oltre ad una spiccata simpatia, ama davvero la sua azienda. Non è apparenza, non è raccontare una storiella che si è imparata a memoria per vendere un prodotto. Lui ama Bellenda, ama il Prosecco, ama il suo territorio. Sul serio.
Prosecco Bellenda: un vino ecosostenibile!
Prima ancora di parlarti della degustazione, voglio spendere qualche parola sul rispetto per l’ambiente che caraterizza tutta la produzione di Bellenda, perché è qualcosa a cui tengo molto. La vigna è il prodotto della Natura e dell’uomo. Bellenda è una cantina vinicola che si distingue anche per la cura che rivolge all’ambiente: come gli stessi titolari dichiarano sono i primi a vivere tra queste vigne e a consumare un prodotto a cui chiedono, prima di tutto, di essere sano. Ma in pratica, cosa fa Bellenda per rispettare l’ambiente?
- Non utilizza diserbanti in vigna e per controllare le erbe infestanti lavorano il terreno e sfalciano l’erba;
- Mantengono in azienda ampi spazi boschivi per proteggere la biodiversità;
- Recupera i residui di potatura e li riutilizza per fini energetici;
- Sostituisce progressivamente i tetti convenzionali con tetti verdi per rallentare il deflusso delle acque piovane;
- L’energia elettrica che le serve proviene quasi totalmente dai suoi pannelli solari;
- Privilegia l’utilizzo di pompe di calore e gas naturali per il riscaldamento degli ambienti;
- Utilizza bottiglie da vetro riciclato e materiali di imballaggio provenienti da fonti rinnovabili certificate.
Bellenda: il vino spumante che mi ha colpito di più è S.C. 1931
S.C. 1931 è un Prosecco Metodo Classico che prende il nome dalle iniziali del fondatore di Bellenda, il signor Sergio Cosmo (S.C.) e dall’anno della sua nascita (1931). Questo Prosecco, ottenuto da uve Glera della zona di Carpesica, nasce in un clima temperato, con con inverni freddi ed estati calde ma ventilate e grande escursione termica. I vigneti, orientati a sud, sud-ovest, presentano terreni argilloso-calcarei ricchi di residui morenici dell’antico ghiacciaio del Piave. I vigneti si trovano a circa 180 m s.l.m. e sono potati a Sylvoz, un sistema di allevamento tipico di alcune zone del Nord Italia perché richiede disponibilità idriche e nutrizionali importanti. Con la sua potatura lunga e la sua medio/bassa densità di piante/ha (nel caso di Bellenda 4200) , permette una migliore captazione della luce nella parte aerea che migliora la fotosintesi, con benefici sul grado zuccherino del mosto. Di solito questo sistema di allevamento è indice più di quantità che di qualità, ma il Prosecco S.C. 1931 è la prova che non bisogna mai generalizzare. La vendemmia viene effettuata manualmente nella seconda metà di settembre e la resa media è di 85 hL/Ha. Dopo la diraspatura e la pressatura soffice, avviene la decantazione statica del mosto e la fermentazione in parte in acciaio e in parte in recipienti di legno senza controllo di temperatura. A questo punto il vino affina sulle fecce fini per 3 mesi. Dopo la rifermentazione in bottiglia, sosta sui lieviti circa 18 mesi. Dopo la sboccatura, la ricolmatura avviene senza dosaggio.
Bellenda S.C. 1931: una stupefacente verticale di Prosecco Metodo Classico!
Il Prosecco Metodo Classico S.C. 1931 è stato l’ultimo di una serie di interessanti assaggi, tra cui segnalo il Metodo Rurale. Ecco i miei appunti di degustazione:
S.C. 1931 anno 2014 sboccatura 2016 – bella bollicina croccante, al naso i tipici sentori del Metodo Classico, prevale la crosta di pane, ma si avverte anche una pera matura e la nocciola leggermente tostata. In bocca è davvero piacevole e il finale è abbastanza lungo.
S.C. 1931 anno 2011 sboccatura 2013 – Al naso è davvero eccezionale: crosta di pane, burro crudo, nocciola. In bocca entra deciso, con una bollicina croccante ma cremosa e un finale lunghissimo.
S.C. 1931 anno 2009 sboccatura 2011 – Al naso note di salvia fritta, fungo porcino e compare, per la prima volta, il solvente, per poi affievolirsi su sentori importanti di burro crudo mandorla. La bollicina è croccante, liscia e piacevolissima e riempie tutta la bocca con una straordinaria avvolgenza. Al gusto si sente una leggera ossidazione, ma è davvero buono.
S.C. 1931 anno 2006 sboccatura 2008 – Solo una parola per descriverlo: eccezionale. In assoluto il mio miglior assaggio di questo Vinitaly 2017. Ha un idrocarburo che “spiazza” perché non te lo aspetti assolutamente da un Prosecco, ancora meno da un Prosecco Metodo Classico. Giallo paglierino con riflessi dorati, brillante, in bocca entra con una bella bollicina croccante ma vellutata e conferma gli idrocarburi e la mineralità dell’esame olfattivo. Al naso fa concorrenza a quei meravigliosi Riesling della Mosella, tanto ha un idrocarburo eccezionale e una complessità che lo rende assolutamente un vino da meditazione.
E cosa ci abbiniamo a questo grandioso Prosecco? L’annata 2006 lasciamola da sola… qualunque cosa sarebbe peccato per me. Ma se andiamo a prendere un’annata più giovane, la 2009, dove l’idrocarburo si fonde appunto con il burro, il porcino e la salvia… io andrei a cercare la concordanza organolettica di una bella tagliatella fatta in casa con tanti tuorli d’uovo e condita con burro, salvia e porcini: sono certa che la esalterebbe per poi lasciare la bocca perfettamente pulita.
Bellenda è anche importatore di una piccola Maison de Champagne di Vrigny: Roger Coulon. D’altronde, quando finisce il loro Prosecco, bisogna pur mettere della buona “benzina” nella moto per raggiungere la Francia! 😀
Un’ultima degustazione da Bellenda:
Champagne Roger Coulon Blanc de Noirs Vintage 2005
“Il desiderio più grande è che il mio vino possa lasciare un segno nel tempo per confermare il carattere unico della nostra terra e offrire la migliore espressione di questa magnifica denominazione.”
Eric Coulon
Per quanto questa frase possa apparire un po’ “trita e ritrita” tra i vari produttori di vino, questa è una delle migliori bottiglie di Champagne che ho degustato quest’anno… e ti assicuro che ne ho bevuto parecchio di Champagne in Francia per le premiazioni dei Millésima Blog Awards 2017! 😉
“Il nostro lavoro è una ricerca interessante, un continuo adoperarsi per differenziare l’uno dall’altro quei quasi cento piccoli appezzamenti che compongono la nostra proprietà di famiglia”.
Eric Coulon
I vigneti di Roger Coulon si trovano in 5 villages a mezzacosta sulla Montagne de Reims e questo lo rende particolarmente ricco grazie alla diversità dei suoli e del clima del suo centinaio di particelle, tutte classificate Premier Cru. L’età media delle piante è 38 anni, ma c’è una particella che risale al 1924 e un’altra che è stata piantata a piede franco nel 1953 su un terreno sabbioso che impedisce lo sviluppo della fillossera. I 6 punti chiave della coltivazione di Roger Coulon sono:
- inerbimento;
- utilizzo dell’aratro;
- conservazione degli elementi naturali del suolo;
- basse rese per ettaro;
- lotta all’erosione;
- ricerca di longevità della vigna.
Realizzare questi punti non è certo semplice quando ogni stagione è diversa dalla precedente e dalla successiva. Il vignaiolo sa come aiutare la vigna a superare anche i momenti difficili, tra cui le nefaste gelate (un brindisi a tutti i vignaioli colpiti dalla terribile gelata del 20 aprile 2017, QUI puoi leggere le loro testimonianze dirette).
“Solo un lungo periodo di affinamento garantisce la qualità e l’ottimale maturità allo Champagne. Ecco perché il periodo di affinamento dello Champagne Roger Coulon è ben più lungo del minimo legale di 15 mesi”.
Isabelle Coulon
“In funzione all’annata decidiamo quali mosti, se di Pinot Nero, Pinot Maunier o Chardonnay, vengono messi a riposare in fusti di legno, alcuni molto vecchi, anche di generazioni. L’utilizzo di vecchi fusti permette una ossidazione controllata, propria della filosofia dello Champagne Roger Coulon”.
Eric Coulon
Ogni particella e ogni varietà sono vinificati separatamente e conservati in tini diversi per una miglior rispetto del terroir. Viene utilizzata solo la prima spremitura, e i vini sono posti in acciaio o legno dipendentemente dalle loro caratteristiche, senza una regola fissa. La prima fermentazione avviene in acciaio con i lieviti propri della buccia degli acini d’uva. L’uso dei solfiti è limitato il più possibile e la quantità utilizzata è sempre inferiore alla media della denominazione.
Champagne Brut Millésime 2005 Blanc de Noirs Roger Coulon
Si ottiene con un assemblaggio al 50% di uve di Pinot Maunier e Pinot Noir provenienti da vigneti classificati Premier Cru e situati a Vrigny, Gueux e Pargny les Reims, Montagne de Reims e Champagne che presentano suoli argilloso calcarei. In particolare il Pinot Maunier proviene dalla particella “Les Linguets” piantata nel 1953 a piede franco, senza portainnesto americano, e per questo conserva tutto il carattere del territorio. Questo Champagne viene elaborato al naturale, ovvero senza aggiunta di lieviti selezionati. Non fa fermentazione malolattica, non subisce chiarificazioni e filtrazioni e non fa nemmeno la stabilizzazione a freddo. Viene proposto sul mercato dopo un periodo di affinamento in cantina che dura 8 anni, giovane ma pronto. Da il meglio di sé dopo 2/3 anni e ha un potenziale di invecchiamento di 10/15 anni.
I miei appunti di degustazione: Si presenta di un bel giallo dorato con un perlage finissimo e davvero persistente. Il naso è intrigante e complesso, con note di burro, brioche, miele di tiglio, confettura di fragole, nocciola fresca, biscotto con gocce di cioccolato e un finale mentolato. In bocca è rispondente al naso, meno complesso ma più verticale, spostato sui sentori di burro e crosta di pane e con una nocciola che diventa più tostata. Grande armonia e un finale lunghissimo.
Beh visto che ho vinto il premio come miglior blog d’Europa nella categoria abbinamento cibo – vino anche qui un accompagnamento gastronomico è “d’obbligo”. Chi mi segue sa che il mio concetto di abbinamento si discosta dal semplice ingrediente per privilegiare il tipo di cottura… e con questo Champagne Blanc de Noirs punterei a un petto d’anatra appena scottato, con una gustosa pelle croccante da condire con una chutney di dattero leggermente piccante e agrumata con aggiunta di fave fresche crude. Proviamo?
L’ultimo calice… Bellenda o non Bellenda?
Insomma, dal padiglione di Bellenda sono approdata al magnifico mondo de Le Vigne di Alice. Ma non sono carini marito e moglie vicini anche al Vinitaly? 🙂
Ebbene sì, ho “scoperto” che Umberto Cosmo – Bellenda – è il marito di Cinzia Canzian – Le Vigne di Alice-! E come l’ha definita qualcuno, la “Prosecco Beautiful” non finisce qui! Ma durerà tanti, tanti anni… e milioni di puntate… che sono certa vedrà sempre questa simpatica e bravissima coppia ai vertici del Prosecco, quello vero, sano e buono!
Così il mio ultimo calice del Vinitaly è stato identico a quello dell’anno prima, ovvero il Prosecco Metodo Classico Integrale P.S. di Le Vigne di Alice! Ogni anno lo adoro sempre di più… e poi va bene assaggiare sempre qualcosa di nuovo… e so che c’è che chi dice che mangiare sempre la stessa “minestra” stanca… ma io sono romagnola e da noi la “minestra” è soprattutto il cappelletto al ragù, mica la pastina in brodo che fanno qua al Nord! 😀 E a me mangiare cappelletti ogni volta che posso non stanca mai! 😉
Cheers <3
Chiara
P.S. Per tutte le foto fatte da me di questo articolo ringrazio UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino!