Per l’esame di Ecologia e Sostenibilità, dove ho preso un bellissimo 30 il 31 marzo, ho preparato una tesina dedicata al cacao e all’abbinamento con vino, vermuth o distillato. Questo elaborato vuole analizzare il cacao dalla sua storia alla sua diffusione, dai suoi effetti alla sua produzione fino a uno dei suoi prodotti per eccellenza: il cioccolato.

1. Cacao: una lunghissima storia

1.1 Le origini: Maja e Atzechi

Le ricostruzioni storiche hanno collocato i Maya come primi scopritori e coltivatori della pianta del cacao intorno al 1000 a.C. Secondo una leggenda azteca questa preziosa pianta venne donata dal dio Quetzalcoatl per alleviare gli esseri umani dalla fatica. Per gli aztechi erano un bene di lusso in quanto la pianta non cresceva nei loro territori e dovevano essere importati. Questo ci fornisce un’ulteriore conferma di come le proprietà del cacao e i suoi effetti sugli uomini fossero in parte noti fin da questi antichissimi popoli.

I semi erano contemporaneamente un simbolo di prosperità nei riti religiosi, una medicina capace di guarire le malattia della mente e del corpo e la base del sistema monetario. Con 3 semi di cacao si poteva comprare un uovo di tacchino e con 100 semi una canoa o un mantello di cotone. I semi erano così preziosi che venivano spesso contraffatti riempiendo gusci vuoti col fango. Il consumo del cacao era una prerogativa dei ceti alti (nobili, guerrieri e sacerdoti), e rappresentava uno dei cardini della cucina azteca.

Inizialmente il cacao si chiamava kakawa, una parola di origine proto amerinda che è stata sostituita Amygdalae pecuniariae (mandorla di denaro) e infine dal termine scientifico “theobroma cacao” (cibo degli dei) coniata da Carlo Linneo nel XVIII sec. Questo nome fu scelto proprio per le numerose proprietà attribuite al cacao fin dagli antichi popoli dell’America centrale.

1.2 L’arrivo del cacao nel vecchio continente

Il cacao arrivò in Europa dopo la scoperta dell’America, intorno al 1500. Si narra che il primo ad assaggiarlo fu proprio Cristoforo Colombo dopo averlo ricevuto in dono nel 1502 al largo delle coste dell’Honduras. Lo portò in dono a Ferdinando ed Isabella di Spagna, ma tutti snobbarono questo cibo probabilmente perchè troppo amaro e quindi poco incline ai gusti dell’epoca.

Solo nel 1528 con Hernàn Cortés, si ebbe un introduzione più diffusa del cacao in Europa quando portò in Spagna alcuni semi di cacao, recandoli in dono a Carlo V.

Le prime fonti scritte però risalgono solo al 1544 quando una rappresentanza di nobili Maya furono condotti in visita a Filippo di Spagna portando molti doni dal Nuovo Mondo, tra cui una bevanda scura e densa chiamata xocoatl elaborata proprio dai semi del cacao. La bevanda fu un successo solo dopo l’aggiunta di zucchero e spezie, tra la cannella e la vaniglia. Nel 1585 cominciò il commercio transoceanico del cacao, da Veracruz a Siviglia.

1.3 Il contributo Italiano

Il cioccolato, pur rimanendo, un’esclusiva della Spagna per tutto il 1500, sbarca a Modica in Sicilia, allora un protettorato spagnolo. Qui viene importata la maniera azteca di produrre il cioccolato solido chiamato xocoatl, che si otteneva tritando i semi di cacao su una pietra chiamata metate. Da qui nasce il famoso cioccolato di Modica.

La produzione davvero italiana di cioccolato comincia agli albori del 1600 a Firenze e Venezia, allora chiamata proprio città dei dolciumi e ricco teatro di golosità e bevande corroboranti. Nel 1678 Antonio Ari ottiene dai Savoia il permesso di vendere la cioccolata in “bevanda”. Nel 1802 il genovese Bozelli costruisce una macchina per raffinare la pasta di cacao. Alla scuola torinese di cioccolato si forma Francois-Luis Cailler che nel 1819 fonda la prima fabbrica svizzera di cioccolato a Vevey. Nel 1865 a Torino, Caffarel mescola cacao e nocciole producendo il cioccolato gianduia.

2. La pianta del cacao

Il cacao – Theobroma (che significa “cibo degli dei”) – è una pianta appartenente alla famiglia delle Sterculiaceae originaria dell’America Meridionale. Questo albero sempreverde può raggiungere i 10 metri di altezza. Le foglie ovali sono collegate a un picciolo che presenta un’articolazione capace di orientarsi a seconda dell’intensità luminosa. I fiori, che possono essere di colore bianco, verde o rosa, sono raggruppati in mazzetti che spuntano o sul tronco o sui rami adulti.

Il frutto ha una forma allungata ed è di colore giallo-verde, mentre a maturità si colora di marrone. Può pesare da 300g a 1 kg e contenere fino a 40 semi (fave) immersi in una specie di gelatina chiara ricca di zuccheri. I semi sono ovali e piatti, a forma di mandorla e di colore bruno-violaceo.

semi cacao

3. La coltivazione e la diffusione della pianta del cacao

La coltivazione del cacao è molto costosa, partendo dalle elevate spese per un impianto che diventa produttivo solo dal quinto anno. La fruttificazione, continua durante l’anno, dura circa trent’anni e ogni albero produce mediamente 1-2 kg di semi secchi.

3.1 La diffusione del cacao nel mondo

Il cacao viene coltivato tra il 20° parallelo nord e il 20° parallelo sud. In particolare viene coltivato in America centrale e meridionale, Asia e Africa. In totale sono coltivati poco meno di 70.000 kmq di cacao in tutto il mondo.

Il cacao americano più pregiato viene coltivato in Messico, Brasile, Colombia, Ecuador e Venezuela. Il cacao asiatico più pregiato viene coltivato in Sri Lanka e Indonesia. Il cacao africano più pregiato viene coltivato in Ghana, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Madagascar.

produzione cacao

3.2 La diffusione del cacao in Italia

Il cacao non può essere coltivato in Italia senza essere inserito all’interno di una serra tropicale con un clima caldo-umido. Per creare una serra tropicale adatta alla coltivazione del cacao bisogna tenere una temperatura di circa 25°C con un’umidità molto alta, di almeno il 70%.

La temperatura non deve mai scendere sotto i 18°C per non mandare in sofferenza i frutti.

La luce deve essere intensa, ma indiretta. Essendo alberi che allo stato selvatico si presentano con un’altezza tra i 5 e i 10 metri, vengono riparati da quelli più alti. Per favorire la fruttificazione si può utilizzare uno spettro luminoso tra i 2.700 e i 3.500K, mentre per favorire la robustezza delle parti vegetali è consigliabile una luce di 6.500K (sono acquariofila e orchidofila).

La pianta del cacao necessità di bagnature abbondanti e regolari, possibilmente quotidiane. Anche con questi accorgimenti è quasi impossibile portare la pianta alla fruttificazione.

4. La classificazione del cacao

Ci sono circa 1300 tipi di cacao classificati, ma non c’è una classificazione universale come accade ad esempio per i vitigni nel mondo del vino, anzi ogni Paese ha sempre adottato una sua classificazione. Oggi si stanno facendo importanti sforzi per uniformare tutte le varie catalogazioni per creare un sistema unico.

La classificazione classica del cacao è sempre stata questa:

  • CACAO CRIOLLO = “Indigeno”, è originario del Messico. Ha semi tondeggianti bianchi che danno una polvere finissima, molto aromatica e poco amara. È delicato e sensibile alle intemperie e poco produttivo. È molto pregiato (circa il 10% della produzione mondiale, solo per produrre cioccolate di alto pregio).
  • CACAO FORASTERO = “Straniero”, è originario dell’Africa occidentale e del Brasile. Ha semi piatti violetti che danno una polvere con un aroma forte, aspro e amaro. Essendo robusto e ad alta produttività è molto diffuso (circa l’80% della produzione mondiale).
  • CACAO TRINITARIO = “Incrocio”, è originario dello Sri Lanka e dell’Indonesia. È una via di mezzo tra i due precedenti, con un’aroma fine e un gusto di burro di cacao.

Poi nel 2008 il genetista venezuelano Juan C. Motamayor ha pubblicato “Geographic and genetic population differentiation of the Amazonian chocolate tree” e tutto è cambiato. In questo libro, partendo da un’analisi genetica accuratissima, si è stabilito come il cacao sia nato in Perù nell’area del fiume Marañón e come si sia diffuso nel sud America attraverso il fiumi dell’Amazzonia. Da qui Motamayor ha mappato le famiglie genetiche del cacao proponendo una nuova classificazione elaborata in base alla biodiversità divisa in 10 varietà principali da cui derivano le cultivar attuali:

  • AMELONADO
  • CONTAMANA
  • CRIOLLO
  • CURARAY
  • GUIANA
  • IQUITOS
  • MARAÑON
  • MARAÑON
  • NACIONAL
  • NANAY
  • PURÚS

5. La produzione del cacao

  1. RACCOLTA = La Cabossa è il frutto dell’albero del cacao. Questa grossa bacca (è lunga mediamente circa 25 cm, ha un diametro di circa 10 cm e pesa circa mezzo kg) dalla forma allungata ha una buccia (verde se acerba, arancione se matura) rugosa dura come il cuoio, è attaccata ai rami con un picciolo e contiene, nascoste in una polpa bianca, circa 40 fave di cacao.
  2. FERMENTAZIONE DELLE FAVE = Polpa e semi si fanno fermentare 3-7 giorni a una temperatura di circa 45°C. Durante la fermentazione la polpa si scioglie completamente e viene eliminata. La fermentazione inattiva il seme che non rischia più di germogliare. In questa fase si elimina ogni sapore sgradevole e l’acido acetico e nascono i precursori d’aroma.
  3. ESSICCAMENTO = In questo modo si blocca la fermentazione e si riduce il contenuto di umidità. L’acqua passa dal 60% al 6% e il colore diventa marrone scuro. Ci sono due tipi di essiccazione: A. Al sole = Essiccazione lenta che dura tra i 15 e i 20 giorni e da cui si ottiene un cacao di qualità superiore. Durante questa fase i semi vanno protetti sia dall’umidità (che produrrebbe muffe) sia dalle piogge. I semi di cacao che si rovinano formano il burro di cacao utilizzato nei cosmetici. B. Artificiale = Essiccazione rapida che dura meno di 7 giorni e da cui si ottiene un cacao di qualità inferiore.
  4. CERNITA E PULIZIA = Viene fatta manualmente facendo scivolare su un tavolo vibrante le fave. Ogni fava che presenta un’anomalia viene eliminata.
  5. TORREFAZIONE = Questa fase dura tra i 60 e i 120 minuti. con aria calda, a temperatura tra i 115°C e i 135°C. È la fase fondamentale in cui si formano gli aromi migliori. In questa fase si migliora la macinabilità, si rendono i gusci facilmente rimovibili e si ottiene la sicurezza batterica.
  6. ROTTURA DELLE FAVE ED ELIMINAZIONE DEI GUSCI = Le fave vengono rotte a caldo a una temperatura di 60-80°C e i gusci separati dalla granella.
  7. ESSICCAMENTO DELLE MANDORLE
  8. MACINAZIONE = Durante questa fase le fave si fondono in una pasta fluida. Questo perché la fava è composta tra il 50 e il 60% di burro di cacao che, riscaldandosi per l’azione meccanica, fluidifica e forma la pasta di cacao.
  9. MISCELAZIONE = A seconda del tipo di cioccolato la pasta di cacao viene miscelata con: Cioccolato fondente (Composto da polvere di cacao, burro di cacao, zucchero e vaniglia); Cioccolato al latte (Composto da polvere di cacao, burro di cacao, zucchero, latte scremato o in polvere, vaniglia); Cioccolato bianco (Composto da burro di cacao, zucchero, latte scremato o in polvere, vaniglia).
  10. RAFFINAZIONE O CONCAGGIO = la miscela viene mescolata in delle conche/impastatrici per tempi molto lunghi a temperatura controllata compresa tra 45°C e 75°C. Più la temperatura è bassa meglio è! La temperatura deve essere appena sufficiente a mantenere fluida la miscela. In questa fase l’obiettivo è rompere i grumi degli ingredienti fino a portarli a una dimensione impercettibile per la lingua e ossidare i tannini. Più il cioccolato è pregiato più il concaggio dura a lungo, almeno 7/10 giorni, e il cioccolato diventa plastico.
  11. TEMPERAGGIO = Il burro di cacao tende a cristallizzare in modo polimorfo e irregolare e per questo la massa fusa deve essere raffreddata il più lentamente possibile per farla cristallizzare correttamente (il cioccolato si deve spezzare ma anche sciogliere). Il cioccolato deve essere portato da 45°C a 27°C, poi riscaldata a 31°C per il cioccolato fondente e a 29°C per il cioccolato al latte.
  12. MODELLAGGIO = il cioccolato viene versato in stampi che sono mantenuti in leggera vibrazione per evitare la formazione di bolle d’aria
  13. CONFEZIONAMENTO

Il cioccolato deve essere lucido, senza macchie, deve sciogliersi rapidamente e avere una sabbiosità quasi impercettibile. In bocca deve entrare dolce, ma alla dolcezza deve subentrare immediatamente l’acidità e poi la tendenza amara.

cacao muffin cioccolata

6. Gli effetti del cacao

Il cacao contiene teobromina (alcaloide vasodilatatore e cardiotonico), caffeina (alcaloide che migliora la concentrazione, l’eccitabilità, i riflessi e ha anche una funzione analgesica), la teofillina (alcaloide utilizzato anche nel trattamento delle malattie respiratorie), feniletilamina (alcaloide e neurotrasmettitore ritenuto responsabile dell’innamoramento e chiamato anche “ormone della felicità”) anandamide (deriva dal sanscrito “ananda” che significa beatitudine ed è un neurotrasmettitore endocannabinoide in grado di influenzare il nostro umore calmandoci e rilassandoci) che sono sostanze nervine che stimolano il sistema nervoso, favoriscono l’attenzione e la concentrazione e limitano la stanchezza. Io amo il cioccolato e ne sono assolutamente dipendente.

7. Gli utilizzi del cacao

Il cacao viene utilizzato per uso alimentare. La buccia, che deriva dalla torrefazione del cacao nel processo di produzione della cioccolata, viene utilizzata per produrre pacciame o come concime organico a lenta cessione. Inoltre drena il terreno e è un biocida antiparassitario che allontana le lumache.

8. Il cacao Per la produzione di cioccolato: Tipi di cioccolato e abbinamenti

  • CIOCCOLATO AROMATIZZATO = Vaniglia, peperoncino, cannella, caffè, scorze d’arancia, menta o ripieni di liquore… sono solo alcuni dei gusti dei cioccolatini e delle praline che ci incantano con la loro tendenza amara, dolcezza, aromaticità e grassezza… per me l’abbinamento ideale è il Vermouth.
  • CIOCCOLATO BIANCO = Colore avorio lucido, dolce e burroso, con un intenso profumo di vaniglia. Non avendo la massa di cacao tra i suoi ingredienti, non ha la tipica tendenza amara del cioccolato. Deve contenere almeno il 20% di burro di cacao e almeno il 14% di latte, zucchero (max il 55%) e vaniglia. Non si presta per essere abbinato al vino, ma se proprio “dobbiamo” proviamo un vin santo o un moscadello di Montalcino.
  • CIOCCOLATO AL LATTE = Si presenta di colore marrone più o meno chiaro. Aroma intenso e persistente, con uno spiccato gusto di caramello e cacao. Al palato ha una buona fusibilità, un sapore “soffice” e burroso, una quantità percettibile di grassi e una struttura croccante. L’abbinamento ideale è un vino passito tipo Moscato Rosa altoatesino o Recioto della Valpolicella.
  • CIOCCOLATO GIANDUIA = La nocciola gli dà aromaticità, rotondità e pastosità e si fonde divinamente con il gusto del cioccolato. Il gianduia deve contenere almeno il 32% di sostanza secca del cacao e dal 20 al 40% di nocciole. Simbolo di Torino, mi piace tantissimo anche nella versione cremino. Prova ad abbinarlo ad un Marsala giovane.
  • CIOCCOLATO FONDENTE O AMARO = Colore marrone più o meno scuro. Per quanto riguarda l’abbinamento, qui si entra nel territorio dei distillati.

Ci sono anche altri tipi di cioccolato:

  • CIOCCOLATO MI-DOUX = Una parte di cioccolato fondente e una parte di cioccolato al latte formano questo cioccolato marrone lucido dal profumo intenso e persistente di liquirizia e caffè. È croccante e ha un interno scioglievole.
  • CIOCCOLATO SURFIN = Ha un colore marrone intenso e lucido, si caratterizza per il profumo intenso, forte e ampio con note di cacao tostato, liquirizia e tabacco. Dolce e croccante, si fonde lentamente col calore della bocca. Nota media di amaro molto persistente. Perfetto in abbinamento con il Rum Agricolo.
  • CIOCCOLATO EXTRA BITTER = Ha un colore marrone scuro e molto lucido. Ha un profumo fragrante, aromatico, molto intenso e persistente. Al naso ha note di caffè e orzo tostato con un gusto amaro e dolce allo stesso tempo. Perfetto in abbinamento con il Cognac.
  • CIOCCOLATO CRUDO = Si ottiene con fave di cacao essiccate ma non tostate e in tutte le fasi della produzione viene mantenuto sempre sotto i 42 °C. La carica batterica viene ridotta con un’insufflazione di vapore. Ha un aroma pulito, delicato, acidulo e una consistenza più umida. Evitare le alte temperature significa anche che il cioccolato crudo mantiene intatte tutte le proprietà benefiche che la natura dona al cacao: è ricchissimo di sostanze antiossidanti, di minerali, di enzimi, di magnesio, vitamina C, serotonina e feniletilamina. E l’abbinamento? Siamo in presenza di un cioccolato con caratteristiche aromatiche inferiori rispetto al tradizionale, ma comunque interessante. Data la sua delicata acidità, puoi provarlo con un vino passito bianco leggermente aromatico e morbidissimo.
  • CIOCCOLATO BIANCO DULCEY = [32% di cacao, 29% di zucchero, % di grasso, % latte intero] Ha un bel colore biondo che ricorda la mou e la superficie è liscissima e vellutata. Ha un sapore tostato, burroso e non molto dolce. Nel finale ha un gusto di pasta frolla con un pizzico di sale. Venduto in pasticche con una forma che ricorda un grosso chicco di caffè, è utilizzato soprattutto in pasticceria e nel cake design.
  • CIOCCOLATO DI MODICA = Si ottiene da una particolare lavorazione a freddo del cioccolato. La massa di cacao è mescolata a una temperatura non superiore ai 40 °C con lo zucchero semolato o di canna a grana grossa, e con spezie come carruba, cannella, vaniglia, zenzero o peperoncino, oppure con scorze di limoni o di arancia, pistacchio, nocciole o polvere di caffè. Pasta di cacao minimo 65%, anche nelle versioni classiche fino ad arrivare alle versioni purissime con 90% di massa di cacao. La particolarità della lavorazione fa sì che i grani di zucchero si mantengono intatti e non si sciolgono, offrendo una sensazione tattile e gustativa unica. È il mio cioccolato preferito, da accompagnare assolutamente a un Marsala molto invecchiato.

Spero di cuore che il mio elaborato sul cacao ti sia piaciuto!

Cheers 🍷

Chiara

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