Sono quasi le due di notte e dalla porta entra un favoloso venticello che mi accarezza le guance. Si sta davvero benissimo. E dato che adoro scrivere la notte, questo è davvero il momento perfetto per condividerti alcuni passaggi del nuovo libro di Francesco GalvaniCome non farsi fregare dai falsi guru” con annesse le mie riflessioni declinate all’influencer marketing del vino. Certo, a ispirare Francesco sono stati guru di tutt’altra natura, quelli che intonano la canzone “Sole cuore amore” al ritmo di “Dubai Lambo Capponi (sì, proprio quelli che in Romagna usiamo per fare il brodo…)”. Eppure più righe leggevo di questo libro più scorrevano in me le immagini di certi influencer del vino.

Influencer o Content Creator?

Prima di addentrarci nei meandri di questo trattato tanto scientifico quanto ironico (per dirla alla Galvani) voglio fare due importanti precisazioni: una sui Content Creator e una sul significato stesso della parola influencer. Il Content Creator, ovvero il creatore di contenuti, è colui che – in qualità di dipendente o di collaboratore esterno di un’azienda – crea contenuti di qualità (si spera) capaci di costruire, diffondere e preservare l’immagine del brand committente. Poi qualcuno potrebbe obiettare che anche il blogger è un content creator… e in parte ha ragione. La differenza però sta proprio nella professione: qualsiasi professionista è di fatto un “creatore di contenuti”, sia un revisore contabile sia un architetto. La differenza è che il Content Creator è un lavoro e si traduce come sopra, non va quindi intesa SOLO la traduzione letterale. L’Influencer è colui che – in qualità di personaggio di successo in un certo campo o  di personaggio popolare/televisivo – è in grado di influenzare i comportamenti e/o le scelte di un determinato pubblico. Si evince quindi che qualunque persona può essere un influencer, da Giorgio Mastrota a Cristiano Ronaldo, da Chiara Ferragni alla rompicoglioni che abita nell’appartamento sopra al tuo e gira con i tacchi in casa la notte e sposta i mobili il sabato mattina. Chiunque è potenzialmente un influencer per un certo pubblico di persone la cui numerosità aumenta all’aumentare della popolarità. Il content creator invece è un lavoro e come tale va trattato. Viene svolto da un professionista esperto o popolare in un certo campo (raramente entrambe le cose) che crea contenuti di qualità (per YouPorn o, più raramente, per il suo pubblico).

Influencer marketing champagne

Influencer marketing e “fuffa guru”

Sopra il feed del profilo Instagram @champagne_fun. Ora, è chiaro che stuoli di signorine Instagrammer mi darebbero della rosicona: ho una taglia 46 e le mie tette sono tutto fuorchè scappate fuori dal costumino rosso di Baywatch! Ma davvero pensate che ci sia qualcosa di invidiabile a esibire un corpo nel mondo del vino per acchiappare qualche like in più dall’ennesimo morto di figa? Davvero, siete uguali ai ragazzetti fuffa guru che noleggiano la Lambo e l’appartamento a Dubai solo per fare le foto (a qualcuno ho dato lo spunto, vero???) e chiamano “rosicone” chi cerca di smascherarli. Un altro doveroso chiarimento: non ho nulla in contrario a chi utilizza le proprie beltà per lavoro: dalle modelle alle attrici porno e tutto quello che sta nel mezzo… io rispetto tutti. Ma non riesco a capire il nesso tra tette, culi e bottiglie di vino. Poi dico anche come sempre: se il vostro profilo Instagram funziona e vi pagano per questo fate benissimo, sul serio! Ma vi prego: non pensate mai che io rosico per voi… in 8 anni di lavoro ho costruito qualcosa con studio, sudore e rinunce che mi dà da vivere e mi darà da vivere anche quando le mie piccole tette sfideranno la legge di Newton.

C’è una categoria di Instagrammer che invece proprio non rispetto: sono i fuffaguru del vino. E ora vediamo un po’ di smascherarli insieme con l’aiuto del libro “Come non farsi fregare dai fuffaguru” di Francesco Galvani.

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“I fuffaguru dominano dove la maggior parte delle persone, correttamente o meno, ritiene che un campo del sapere o un particolare lavoro siano tutto sommato alla portata di tutti e, apparentemente, ci sia più teoria che pratica specialistica. Parliamo di campi con basse barriere all’ingresso illusorie”.

Francesco Galvani

TAAAAC, ecco la prima ragione della nascita dei profili fuffa spesso tanto ammirati dall’influencer marketing. Con un “investimento” da 100 € a 1000 € ti compri 100.000 K followers di bassa o bassissima qualità, anche italiani. Con 5 € ti compri 1000 like sul tuo post: cosa ci vuole ad aumentare l’engagement anche senza POD? Ed è così che sono nati tutta una serie di profili di maschietti instagrammer che non avendo né meloni nè pesche da vendere hanno ricorso e/o ricorrono tutt’oggi a un’acquisto compulsivo che Paris Hilton scansati.

Instagram è percepito come un “campo prediletto” perchè le barriere all’ingresso appaiono basse e la competenza non necessaria. Che si faccia un selfie con la bocca a culo di gallina o si compri l’ultimo pacchetto di followers/like, avere successo su Instagram è percepito come alla portata di tutti. Quello che stupisce però è il raccordo col vino, campo tecnico piuttosto difficile che richiede tantissimo studio, una certa attitudine personale e allenamento continuo. La spiegazione risiede probabilmente nel fatto che Instagram è un media visivo e non è strettamente necessario possedere una reale cultura del vino/dell’argomento in cui si “fuffeggia”. E i friggitori d’aria nell’influencer marketing e nell’ignoranza di chi li ingaggia ci sguazzano e toccano tutte le “nicchie”, dal fashion al food. Sono lì, tutti in fila… in bella mostra. E vedi cantine, consorzi, fiere, festival e aziende in generale che li chiamano e li pagano per mostrare le loro bottiglie/i loro eventi a un pubblico che esiste solo nei loro sogni. Complimenti!

E così i profili instagram degli Influencer del vino sono spesso popolati di vini che io non userei nemmeno per lavare l’anatra, e ringrazio quindi che il loro pubblico, nella maggior parte dei casi, se è reale predilige “la frutta”, se è finto nemmeno se ne accorge.

Influencer Marketing: due aspetti, anzi bias, di cui tenere conto

Francesco Galvani nel suo libro parla di halo effect (effetto alone) e WYSIATI (What You See Is All There Is, quel che vedi è tutto quel che c’è). 

“L’effetto alone rappresenta la nostra tendenza innata a estendere i tratti positivi o negativi di uno specifico aspetto di una persona su quasi tutti gli altri aspetti della sua personalità. È stato coniato dallo psicologo Edward Thorndike che l’ha sfruttato per stabilire metodi educativi estremamente efficaci. Ci è caduto pure Dante, quando ha dedotto che Beatrice fosse la donna più angelica del mondo visti i suoi tratti estetici incantevoli. Curiosamente questo errore sistematico ha un nome: lo stereotipo della bellezza. Non solo per Dante. Quasi chiunque di noi si aspetta che una persona di stupefacente beltà sia anche simpatica, gentile, divertente, carismatica, intelligente”.

Francesco Galvani

Sono sicura che molti golosi di pesche e meloni sono portati a vedere la signorina in questione come detentrice della verità assoluta del vino, altri la riterranno competente al pari di quanto la ritengono bella. Ma lo stesso vale anche al di fuori della cerchia dei morti di figa: la stessa agenzia di comunicazione, mentre seleziona i profili per la sua campagna di Influencer Marketing, sarà portata a vedere una Instagrammer bellissima e ben (s)vestita come una comunicatrice di successo colma di carisma.

Allo stesso modo il WSYATI, che rappresenta una sorta di prima impressione che ci fa velocemente trarre delle conclusioni, può essere applicata a quei maschietti (e femminucce) dall’acquisto compulsivo di cui ti ho parlato poco fa.

Il WYSIATI implica che chiunque vi dia un’immagine coerente e vi riporti argomenti coerenti con un’alta immagine di status e di successo avrà una certa vostra fiducia a priori. Peggio ancora, troverete molto difficile essere cinici ed estrarre dalla memoria argomentazioni contrarie a quanto vi viene fornito. Semplicemente perchè siamo letterali e amiamo credere a tutto ciò che abbiamo sotto gli occhi.

Quando in gruppo cerchi di opporre argomentazioni (per dimostrare il talento di friggitoria di aria e acini d’uva dell’Instagrammer di turno) passi tu sul banco degli imputati. Hai tu l’onere della prova e non la persona che in quel momento sta dicendo e promuovendo scemenze.

Ohibò, quando l’ho letto mi è venuto in mente più di un profilo Instagram. E a te?

Vedo continuamente profili instagram coerenti nell’aspetto che ostentano uno status di successo ricevere la fiducia incondizionata di aziende, agenzie di comunicazione e altri operatori di settore… e nessuno si preoccupa di raccogliere l’onere della prova e dimostrare il valore di questi soggetti.

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Influencer marketing: quindi è tutto da buttare?

A scanso di equivoci ci tengo a dirti che no, io credo nell’influencer marketing perchè io per prima ho prove continue della sua efficacia quando:

[Soggetto Passivo]

  • Calogero Latino – il mio pasticcere brontese preferito – pubblica un reel su Instagram mentre taglia l’ultima squisitezza farcita di crema al pistacchio e io tre secondi dopo compro 3 panettoni al pistacchio sul suo e-commerce;
  • Lee Min-Ho – il mio attore coreano preferito nonchè per me il detentore della massima beltà maschile possibile –  pubblica un video di vita quotidiana nella città più tecnologica al mondo e io tre secondi dopo ricomincio a studiare coreano;
  • Architecture & Design pubblica un video o una foto di architetture spettacolari e io mi ritrovo in un attimo a progettare la mia casa dei sogni;

[Soggetto Attivo]

  • Pubblico una Story su Instagram e pochi minuti dopo mi arriva un ordine o una richiesta in merito al contenuto che ho pubblicato;
  • Pubblico un post su Instagram e chi ha già comprato il prodotto lascia una recensione spontanea;

Questo elenco potrebbe essere moooolto più lungo, ma è per dire che non ho dubbi dell’efficacia di Instagram perchè è indubbio che vedere immagini che ci piacciono stimola i nostri desideri…

Un Content Creator quindi può essere un alleato prezioso per la creazione di un contenuto di qualità capace di accelerare la diffusione del brand, aumentarne l’autorevolezza e instillarne il desiderio. Ci sono Content Creator poi che creano contenuti straordinari che possono essere utilizzati dal brand per la promozione anche su altri canali.

La difficoltà quindi è la scelta per non cadere nei tranelli dei fuffaguru di Instagram!

Influencer Marketing: in sintesi come si smaschera un fuffarolo?

C’è un capitolo del libro che ho trovato molto efficace e parla dell’aggressività di questi soggetti.

I guru sono RE indiscussi della compensazione dell’ inettitudine con la stronzaggine:

  • Ti permetti di criticarli con fattualità? Partono le diffide e ti sparlano addosso.
  • Fai notare che non hanno esperienza di quanto insegnano? Ti rovinano la reputazione.
  • Cerchi di conversare puntualmente con loro? Non sapendo assolutamente nulla del loro settore rispondono aggredendo la tua persona. [Aggiungo alcune signorine puntano sul vittimismo, e ogni riferimento è voluto, altro che casuale…]
  • Chiedi prove delle loro dichiarazioni? Chiariscono che sei un pescivendolo, una testa d’uovo, uno sfigato, un perdente.

Francesco Galvani

Quindi se sei davanti a un soggetto passivo/aggressivo che sfrutta i bias per manipolare la percezione che hai di lui e in qualsiasi cosa che fa mette il suo bel faccione (o un’altra parte del corpo) sei probabilmente dinanzi a un friggitore di acini d’uva. Professionista, eh!

Cheers 🍷

Chiara

P.S. Nel prossimo articolo chiarirò una volta per tutte la differenza tra blogger e content creator. Se ti fa piacere lasciami un commento qui sul blog per raccontarmi cosa ne pensi…

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