Oggi voglio parlarti di una perla della Val Gardena: il ristorante Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena! Grazie al talento dello chef Andrea Moccia ho potuto vivere, insieme a mio marito e agli altri ospiti, un’esperienza davvero speciale. Cene gourmet come questa sono capaci di rubare sorrisi, far dimenticare i problemi e creare complicità tra chi le condivide… ma sia chiaro che una cucina, per quanto grande, non è sufficiente se la sala non è all’altezza. Pertanto, prima di svelarti le delizie che ho degustato, voglio dire grazie anche al maître Marco e a tutto lo staff di sala per averci coccolato con sincerità e maestria.

Frequento ristoranti di tutti i tipi, dal sushi all can you eat ai migliori chef stellati della Guida Michelin e devo dire che la cena di sabato sera all’Hotel Granbaita Dolomites di Selva Val Gardena è stata una delle migliori di sempre. E dato che ci sono chef che vogliono la stella michelin e chef che mentono, auguro ad Andrea Moccia di raggiungere questo traguardo. A tal proposito ti segnalo questo articolo dedicato a un altro ristorante che adoro, con qualche mia personale riflessione sull’attribuzione delle stelle della Guida Michelin…

Cene Gourmet a Selva di Val Gardena: il Menu Dolomites

In questo articolo ho deciso di farti vivere l’esperienza del Menu di pesce Dolomites di 6 portate. Per l’abbinamento dei vini ho lasciato fare al maître Marco e allo chef Andrea Moccia, ma la carta è giustamente ampia e con delle referenze di ottimo livello, sia locali sia internazionali. Mio marito ha scelto il menu a sorpresa di 8 portate, pertanto ho assaggiato anche altri piatti rispetto a quelli che ho scelto di riportarti. Tra questi il più interessante è stato sicuramente Primordiale, ovvero il riso Acquerello con nocciola fermentata, finferli, formaggio erborinato, ricotta e lievito secco.

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

Königsbacher Ölberg Riesling Pfalz 2017, A. Christmann 

Se penso a un Riesling capace di emozionarmi questo è sicuramente in cima alla lista! Eccezionale, divino, superbo! Quando me lo sono vista arrivare mi sono sentita come un bimbo nel parco giochi: felice! Si presenta di un colore giallo paglierino brillante e consistente. Al naso è un intenso trionfo di idrocarburi e note minerali che sfumano in un sentore di bergamotto appena accennato. In bocca è coerente, strutturato e con una grande spalla acida che ne preannuncia una grande potenzialità di invecchiamento in bottiglia.

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

In Alto Adige un benvenuto a base di speck è più che apprezzato… soprattutto se servito su corna di cervo che fanno tanto baita di montagna. Ho apprezzato il gesto di tagliarlo al momento con una affettatrice manuale: il modo migliore per non ossidare un ottimo prodotto. Inoltre è sempre molto scenografico in sala… soprattutto se ci si presenta con un’affettatrice rosso laccato così bella!

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

Altra cosa che ho particolarmente apprezzato è l’assenza della tovaglia: un grande architetto/designer evita di coprire un tavolo magnifico con della stoffa, qualunque sia il suo pregio. Un sottopiatto in pelle o in sughero è la scelta migliore dal punto di vista estetico (oltre che igienico). Stupende le posate. Da collezionista di orchidee ho particolarmente apprezzato anche l’elegante Phalaenopsis bianca sul tavolo, solo consiglio di non lasciare l’acqua nel sottovaso o sono destinate a durare meno di un gatto in tangenziale…

Le grandi vetrate che lasciano ammirare un panorama fatto di montagne e abeti sono la perfetta cornice di un momento speciale. Io poi adoro gli abeti innevati d’inverno… deve essere ancora più bello!

Il “cestino” del pane è stato meraviglioso, valorizzato poi alla perfezione da un burro nocciola magistralmente eseguito. In questo caso forse il burro è stato portato a una temperatura bassa tale che gli ha conferito un color nocciola appena accennato e non ha innescato la Reazione di Maillard, oppure il burro nocciola è stato mantecato con burro crudo per ottenere un gusto più delicato… in ogni caso squisito e bellissima la presentazione spatolata sul sasso antracite. L’ho spalmato con grande piacere sul pane.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la prima portata

Predator (Plancton, gambero rosso di Mazara, alici di Lampara, calamaretto spillo, sgombro, tonno del Mediterraneo e amaro M Zero) è più di un piatto… è un’idea. Cercare di ricostruire una catena alimentare marina è affascinante e il risultato è stato eccellente. Giochi di consistenze e cotture sono culminate in un gambero cotto magistralmente. Bella la presentazione con il ghiaccio secco che “esplode” in un fumo bianco, intrappolato poi dalla campana di servizio su cui sono adagiati gli ingredienti.

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“Lieben Aich” Alto Adige DOC Sauvignon 2019, Manincor

Quando parti con un Riesling come il precedente essere all’altezza non è semplice, ma ci sono riusciti. Neanche a farlo apposta, il mio secondo vitigno preferito è proprio il sauvignon. Questo si presenta di un bel giallo paglierino carico, brillante e consistente. Al naso è elegante e caratteristico, con note di legno di bosso e frutto della passione. In bocca rivela sia una grande struttura sia una grande acidità e l’alcolicità è ben dosata, fatto per nulla scontato per la maggior pare dei sauvignon altoatesini delle ultime annate (piuttosto calde). Il finale lungo e intenso ha supportato magnificamente la portata a cui è stato abbinato. Pronto, ma con ancora un radioso futuro per i prossimi dieci anni…

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la seconda portata

Di tutta la cena Asparagus (Asparagi del momento, uovo biologico, caviale, ostrica e Champagne Philipponnat) è stato il piatto che più mi ha emozionato e resa felice. Come donna e come gastronoma. Un equilibrio di sapori e consistenze che si sono manifestate nel tuorlo d’uovo contenuto in una chiara spumosa come una meringa con un finto guscio. E poi il caviale che stempra la tendenza dolce dell’uovo con la sua sapidità. L’ostrica servita con una perla che non è altro che una sferificazione dello Champagne probabilmente dipinta con un aerografo per una questione di consistenze (se sbaglio invito lo Chef Andrea Moccia a correggermi in un commento sotto questo articolo) è stata la cosiddetta ciliegina sulla torta: divino! Ottima anche la qualità dell’ostrica, che si potrebbe sostituire con una Fine de Claire Verte almeno per la stagione invernale e la tarda primavera: è molto scenografica per la sua colorazione smeraldo (dovuta a un’alga presente nell’acqua che filtra naturalmente) e in più al gusto di nocciola aggiunge una leggera piccantezza simile a quella dei formaggi erborinati. Si potrebbe poi provare ad utilizzare il caviale Oscietra che si abbina ancora meglio all’ostrica. Complimenti!

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Meursault Blagny AOC 1er cru 2013, Antoine Jobard

Chardonnay e Borgogna: breve storia di un binomio perfetto per un vino superbo, ancora incredibilmente giovane. Si presenta di un giallo paglierino intenso con riflessi oro, consistente. Al naso è intenso, con note di fieno, affumicato, vaniglia, burro e marmellata di arancia amara che sfumano in un sottofondo minerale. In bocca è coerente, elegante, strutturato e leggermente spostato sulle durezze. Persistente, ha ancora un lungo percorso di affinamento in bottiglia da compiere per esprimere tutto il suo potenziale.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la terza portata

Questo per me è stato il piatto più estremo e “difficile”, la cui resa – in termini complessivi – ha superato le aspettative. Intanto estremamente scenografica la sua preparazione: il cameriere ha portato al tavolo un Syphon, lo stesso che si usa per il caffè (ti ricordi quando ho scritto di questa squisita cena a base di caffè TrisMoka all’Osteria Cielo in Franciacorta?) e ha estratto un brodo molto aromatico che ha poi versato su Homard au Gin (Astice, pomodori, miso, Gin”8025″, guacamole, levistico, raviolo di burrata, pesto). Nel piatto ho trovato una cucina che definirei molecolare senza eccessi, ma con tanto equilibrio di profumi, gusti e consistenze. Stupendo il raviolo.

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“Vieilles Vignes” Gevrey Chambertin AOC 2017, Domaine Humbert

Un Pinot Nero di Borgogna eccellente che pecca di gioventù: non è ancora pronto per essere apprezzato come merita. Promette però assai bene: si presenta di un rosso rubino impenetrabile, consistente. Al naso note di cacao amaro, sottobosco, pepe di Giamaica, prugne sfumano in un finale terroso. Al palato è coerente, avvolgente, abbastanza morbido, strutturato e con un tannino ancora da smussare. Il finale è un lungo susseguirsi di spezie.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la quarta portata

Con Soqquadro (mezze maniche, canocchie, carciofi alpini, vongole, pescatrice e kefir) lo chef Andrea Moccia è riuscito a farmi apprezzare un piatto composto da più pesci/crostacei. Sì, io non ho mai capito perchè prendere i famosi “spaghetti allo scoglio” o mangiare più salumi nello stesso panino… così ho sempre preferito condire la pasta con sughi composti da un solo ingrediente principale. L’equilibrio dei gusti è stato impeccabile. La pescatrice è stata tagliata in un filetto sottile e probabilmente scottata con un cannello o comunque grigliata, data la sua nota affumicata deliziosa. I carciofi alpini hanno creato una crema capace di amalgamare tutti i sapori.

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“LÖWENGANG” 2018, Cantina Alois Lageder

Insieme al riesling sicuramente questo è stato il vino che ho apprezzato di più dell’intera serata. Il carménère è prepotente e indiscreto con la sua nota di peperone verde. L’uso del legno è sapiente: si sente, ma più che altro è stato fatto a scopo micro-ossidativo in quanto i profumi primari dei vitigni sono più che rispettati. Arricchito di una nota balsamica e resinosa, scivola in bocca con una grande struttura e un tannino potente. Lungo finale di pepe nero. Il sommelier l’ha giustamente abbinato al bufalo BBQ di mio marito, ma assicuro che è stato magnifico assaggiarlo anche da solo. Con il Glacier 51 si è continuato ad abbinare lo Chardonnay di Borgogna.

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la quinta portata

Indossiamo una mascherina di seta nera per compiere un viaggio dei sensi: senza lasciare che la vista ci guidi, è il gusto a svelarci il prossimo piatto. Marcatamente riconosco olive, pomodoro, acciuga. Apro gli occhi e osservo mio marito mentre, con l’aiuto del cameriere Federico, mangia questa piccola e deliziosa crocchetta.

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

La quinta portata è Altitude: Glacier 51 (-2000 m), lardo del Pretzhof (1600 m), zafferano (1000 m), bieta (Selva 1563 m), coriandolo, acciuga e lime. Anche qui Andrea Moccia crea un gioco di equilibri tra ingredienti che vivono a 3600 metri di differenza di altitudine. Il Glacier 51 è un pesce e precisamente il Dissostichus eleginoides, commercialmente conosciuto come moro oceanico e da non confondere con il moro, non altrettanto pregiato. Purtroppo i nomi commerciali inducono facilmente nell’errore: in testate giornalistiche e blog scritti da persone meno preparate ti può capitare di leggere che il moro oceanico è della stessa famiglia del branzino: niente di più sbagliato! Quello è il Mora moro, ovvero il pesce con cui viene confuso, e bada che non è un dettaglio da poco! Il branzino (Dicentrarchus labrax), così come il Mora moro, sono due pesci della famiglia Moronidae, mentre il Glacier 51 è un pesce della famiglia Nototheniidae (chiamati anche pesci ghiaccio). Giuro, non voglio annoiarti, ma spiegarti perchè questo piatto è stato così ben riuscito! 🙂

I pesci ghiaccio vivono in acque profondissime, fino a 2500 metri di profondità e pertanto l’evoluzione ha fatto sviluppare loro caratteristiche diverse rispetto ai pesci che vivono in acque più calde (come ad esempio i più comuni branzini). Come puoi facilmente intuire a quella profondità fa freddissimo e pertanto è essenziale disporre di una buona riserva di grasso e muoversi molto lentamente per non sprecare energia. A questo fine il tessuto osseo e la pinna caudale sono stati sostituiti da cartilagine e tessuto gelatinoso, che insieme al grasso isola gli organi vitali del pesce. Quindi abbiamo un pesce con un grasso uniformemente distribuito e con una spiccata tendenza dolce, la stessa della bieta e del lardo. Il lardo “abbrustolito” e l’acciuga danno anche sapidità, il lime acidità e lo zafferano amalgama i sapori: Altitude è un piatto costruito alla perfezione che denota grande cultura.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: il pre-dessert

Se c’è un’erba aromatica senza la quale la mia vita non sarebbe la stessa questa è l’aneto: ne vado letteralmente pazza, tanto da “obbligare” mia madre a comprarmi quello buono in Romagna. Ultimamente poi ho scoperto anche i semi di aneto e sono una goduria incredibile… quindi immagina la mia gioia quando come pre-dessert mi è stato servito un sorbetto all’aneto! Squisito, mi ha pulito la bocca e preparato ad accogliere l’ultima portata!

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“Le Petit” 2018, Cantina Manincor

Amo i vini muffati vendemmia tardiva: la Botrytis cinerea conferisce un profumo caratteristico al vino che oscilla tra l’albicocca e lo zafferano e un gusto non troppo dolce, nonostante spesso queste vendemmie tardive siano i vini con più g/l di zucchero. Questo Petit Manseng si è adagiato nel mio calice con un colore ambrato chiaro dai riflessi oro verde, con profumi eleganti di miele e fichi disidratati (oltre a quelli enunciati sopra), strutturato, con una buona spalla acida e tanta sapidità. Un equilibrio perfetto che ha valorizzato tutti i formaggi, con una nota di merito per quello erborinato e per quello di capra.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la sesta portata

Anche se il Menu Dolomites si conclude con Scacco Matto (cioccolato caramelia, fava tonka, formaggio fresco, lampone e latte bruciato) non ho saputo resistere a U-Lat (selezione di formaggi con mostarda). Io vivo per il formaggio e non sono un’appassionata di dolci (salvo tutto ciò che contiene anche una micro goccia di pistacchio), pertanto per me questa era la conclusione migliore. Ho avuto modo comunque di assaggiarlo da un altro ospite e l’ho trovato delizioso, oltre che la presentazione sulla scacchiera era incredibile! I formaggi sono stati porzionati direttamente in sala dal cameriere, cosa che ho gradito moltissimo e non solo perchè contenuti in uno splendido baule di legno. Negli ultimi anni, anche in ristoranti di pregio, i camerieri sono un po’ relegati a porta piatti e questo svilisce una professione bellissima che ha una parte dominante sull’esperienza finale. Non c’è cucina eccellente che tenga senza un servizio in sala ugualmente eccellente, ed è proprio questo il più grande miracolo che ho vissuto a Selva di Val Gardena: il ruolo del cameriere nell’estetica del cibo.

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Granbaita Gourmet a Selva di Val Gardena: la piccola pasticceria

Ecco, forse l’unica cosa non a livello dell’intera serata è stata la piccola pasticceria. Certo, è un extra,  ma è implicito che da un ristorante di altissimo livello mi aspetto mi sia servita. Seppur l’effetto a sorpresa dei contenitori è stato carino, né la stoviglia né il contenuto mi hanno entusiasmato. Intendiamoci: i biscottini, il torroncino e la pralina erano buoni (un po’ così la frutta), ma in un qualche modo “ordinari”. Ordinari, in una cena straordinaria come questa stona un po’: secondo me meglio puntare su un unico pasticcino, ma indimenticabile. Io lavorerei sulla pralina: già bella e buona, potrebbe avere un gusto più particolare e al contempo territoriale (ad esempio una pralina con un ripieno di mela e cannella e un cuore liquido di rum ispirata allo strudel) e la valorizzerei servendola da sola.

Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

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Cene gourmet Granbaita selva di val gardena

Ecco lo chef Andrea Moccia, classe 1980 e originario di Aversa (Caserta). Dalla sua terra di origine ha ereditato le cotture brevi, ma non stupisce: tutta la sua cucina ricalca con precisione tutti i dettami della Nouvelle Cousine “colta”: leggerezza, erbe aromatiche, rispetto della materia prima. La sua gestione del piatto è sapiente e per me è un genio assoluto: come ho già detto con il carpaccio di anguria alla brace mi ha rubato il cuore. Ho letto che Andrea Moccia, nelle pause stagionali, ha viaggiato e conosciuto grandi cucine per imparare e questo, ai miei occhi, gli fa un grande onore. Tra tutti forse Ronny Emborg di Copenaghen (che io trovo un genio assoluto), con la sua cucina sensoriale e multidisciplinare, deve averlo ispirato particolarmente. La cucina di chef Andrea Moccia per me è contaminazione di idee, sapori, luoghi.

Grazie di cuore a tutto lo staff per avermi fatto vivere una delle esperienze enogastronomiche più belle della mia vita… perfetta per un viaggiatore gourmet come me!

Cheers 🍷

Chiara

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