Per capire un vino fino in fondo è necessario, come prima cosa, conoscere il vitigno con cui viene elaborato. Per questo quando Federica di Aroma Wine Bar, l’Enoteca di Tortona specializzata nel Derthona Timorasso, mi ha proposto di parlare di questo vino ho accettato con grande piacere. Ho parlato con Federica al telefono per ore, dato che siamo ancora in zona arancione con parecchie sfumature di rosso e, anche se questo è il mio lavoro, non mi sembra prudente andarla a trovare adesso. Il Coronavirus si sta accanendo ancora su Brescia e meno ci muoviamo meglio è… ed è ora che se lo mettano in testa un po’ tutti o ne usciremo nell’anno del mai. Federica ha un bellissimo palato e una grande passione: parlare con lei di vino è entusiasmante. Ho apprezzato moltissimo la sua volontà di proporre varie annate di Derthona Timorasso e ho degustato con piacere i vari campioni che mi ha inviato. Prima di raccontarti le mie degustazioni però ti voglio parlare un po’ di questo vitigno capace di creare un vino piemontese bianco straordinario.
Timorasso: il vitigno
Se si parla di vitigni a bacca bianca autoctoni il Timorasso è probabilmente nella mia top 10. Coltivato nella provincia di Alessandria fin dall’antichità, se ne hanno testimonianze già nel XIV secolo, nel Trattato di agronomia di Pietro de’ Crescenzi, e nel Bollettino Ampelografico del Di Rovasenda, del 1885 che lo collocavano come il vitigno più coltivato del tortonese.
La sua foglia è molto caratteristica perchè è un po’ più piccola della media, pentagonale e quinquelobata, con il seno peziolare (dove è attaccata al resto della pianta) a U con gli estremi convergenti, un po’ chiusi. La pagina superiore è di colore verde cupo opaco ed è quasi glabra. La pagina inferiore è ti colore verde bottiglia con nervature sporgenti e tomento vellutato. In botanica il tomento è l’insieme di peli più o meno lunghi, assai fitti e talvolta intrecciati, che eventualmente ricopre la superficie delle foglie. In autunno diventano di un bellissimo giallo intenso.
Il grappolo quando è maturo si presenta abbastanza grande (circa 20 cm) e compatto, spesso alato. Se trovi dei grappoli radi dipendono da qualche problema di allegagione e acinellatura verde. L’acino è piuttosto grosso, sferoide e regolare. La buccia è spessa e consistente, di colore verde giallo e molto pruinosa. La polpa è succosa e carnosa, di sapore neutro. Il succo è incolore. Sono sempre presenti due vinaccioli a forma di pera.
Data la sua scarsa vigoria e la sua produzione limitata, nel corso dei secoli è stato lentamente abbandonato a favore delle uve a bacca rossa più produttive e meno delicate come barbera e croatina. Solo negli anni ’80 un gruppo di vignaioli lungimiranti, primo tra tutti Walter Massa, ha deciso di dargli nuova vita capendo le sue straordinarie potenzialità.
Timorasso: il vino
Parlare di caratteristiche del vino prodotto è impossibile date le differenti vinificazioni. Tuttavia, per darti un’idea generale, ti dirò che il timorasso vinificato in bianco è un vino che si può assimilare a certi riesling per via degli idrocarburi meravigliosi che è capace di esprimere, soprattutto dopo un periodo anche lungo di affinamento in bottiglia. Generalmente è un vino molto strutturato, alcolico e sapido, caratterizzato da un grande potenziale di invecchiamento che lo rende ancora più equilibrato e affascinante. Dato che la sua zona di produzione è molto circoscritta, oserei dire limitata, è sicuramente un vino di nicchia per appassionati di grandi vini bianchi.
Timorasso: le degustazioni di Derthona
Tra i Derthona Timorasso che ho assaggiato ce ne sono stati 2 che mi hanno particolarmente entusiasmato… senza scomodare i più blasonati Cru di Vigneti Massa tipo il Montecitorio o il Costa del Vento, anch’essi nell’interessante selezione Federica. Ho scelto di parlarti proprio di questi anche perchè in un’interessante chiacchierata che ho tenuto su ClubHouse nessuno dei partecipanti conosceva queste due etichette che per me meritano assolutamente di essere scoperte. E tu li hai mai assaggiati?
Derthona Timorasso “Lacrime del Bricco”, Vigneti Boveri Giacomo 2017
Alla fine, seppur tentennando, ho scelto questo come miglior Derthona Timorasso della degustazione che ho fatto con Federica. Una tecnica ineccepibile per un vino che dà tanta, tantissima soddisfazione sia da solo sia accompagnato ai miei tajarin!
Si presenta di un bellissimo giallo paglierino brillante con riflessi oro verde. Roteando il bicchiere forma archetti regolari e il vino scende lento. Naso intenso e caratteristico con note di succo di lime, cedro candito, miele di tiglio e idrocarburo che viene fuori in modo più intenso dopo una decina di minuti che la bottiglia è aperta. In bocca è coerente e equilibratissimo, citrino, fresco e caldo con una pseudocalorica bilanciata e una bella sapidità. Lungo finale amaricante.
Clicca QUI per maggiori informazioni su questo Timorasso di Vigneti Boveri Giacomo.
Derthona Timorasso, Vignaioli Battegazzore 2018
Di impatto è quello che mi è piaciuto di più… anche se dal punto di vista tecnico quello di Boveri è “più perfetto” mentre questo presenta un leggero squilibrio sulla pseudocalorica, complessivamente bilanciato da acidità e sapidità.
Si presenta di un bellissimo giallo oro carico brillante e roteando il bicchiere forma archetti regolari confessandoci una certa alcolicità. Al naso è caratteristico ed elegante, con note di agrumi molto marcate, prugna, mandorla e accenni di idrocarburi. In bocca è caldo, strutturato e sapido, con una pseudocalorica piuttosto tosta. Lungo finale ammandorlato.
Clicca QUI per maggiori informazioni su questo Timorasso di Vignaioli Bottegazzore
Tajarin: un abbinamento vino piemontese-cibo piemontese!
Quando si parla di abbinamento cibo vino, ti consiglierò sempre un abbinamento territoriale. Ed è così che per questi due Derthona Timorasso ho scomodato lei, Rosa Vercellana, diventata poi contessa di Mirafiori e Fontanafredda. Nota come Bela Rosin, fu prima amante e poi moglie morganatica di Re Vittorio Emanuele II. Mi innamorai della loro storia quando fui ospite con l’amico Guido Barosio, allora direttore di La Presse e del Torino Magazine, dello splendido Relais Bella Rosina nel Parco della Mandria, nei dintorni di Venaria Reale… era il lontano luglio 2012! Possibile siano già passati quasi 9 anni?
Lei, Rosa Vercellana, era una donna bella e semplice, ottima cuoca di stampo casalingo.
Lui, Vittorio Emanuele II, era costretto dall’etichetta di corte e dagli impegni di Stato a prendere parte a pranzi ufficiali e banchetti, ma non li amava, e non faceva nulla per nascondere noia e insofferenza.
Così lei, Rosin, lo confortava preparandogli piatti meno elaborati ma più di suo gusto come i tajarin, pasta fresca sottile e ricchissima di uova che il re sembra apprezzasse molto.
Gli Aristopiatti, Lydia Capasso
Tajarin, ingredienti per 3 mangioni (ovvero 2 porzioni abbondanti e resta quella per la schiscetta di mio marito il giorno dopo!)
- 250g di semola rimacinata di grano duro
- 10 tuorli
Tajarin, preparazione:
- Separa i tuorli dagli albumi (che puoi riutilizzare per preparare delle squisite meringhe).
- Aggiungi la farina e impasta o a mano o con la planetaria con la foglia o col gancio (io ho usato il gancio).
- Dopo qualche minuto otterrai un impasto omogeneo, un po’ duro. Fai una palla e coprilo con una ciotola, lascia riposare per circa 10 minuti (intanto ti dedichi al ragù di fegato).
- Stendi la pasta con il matterello poi passa alla macchina per pasta, irrinunciabile la mia adorata Marcato Classic Atlas (la puoi comprare su Amazon QUI) che mi accompagna da quando sono andata a vivere fuori casa nel lontano 2006. Ho steso fino allo spessore 5, poi ho tagliato le sfoglie con una rotella fino ad avere circa 30 cm di lunghezza e le ho passate una dopo l’altra nella fila dei tagliolini. In pochi minuti questi squisiti tajarin erano pronti!
Ragù di fegato, ingredienti:
- 300g di fegato di bovino
- 100g di carota, sedano e cipolla a cubetti
- 1/2 bicchiere di latte intero
- 1/2 tubetto di concentrato di pomodoro
- 1/2 bicchiere (da acqua, circa 150g) di Timorasso
- 1 noce di strutto o 2 cucchiai d’olio extravergine di oliva
- Acqua calda QB
- noce moscata, sale
Ragù di fegato, preparazione:
- Rosola nello strutto (o nell’olio) i cubetti di sedano carota e cipolla.
- Taglia il fegato di bovino a striscioline grossolane e aggiungilo nella padella quando le verdure sono tenere.
- Sfuma con il vino e aspetta che evapora.
- Stempra il concentrato di pomodoro in un po’ d’acqua calda e aggiungilo.
- Copri la carne con acqua calda – deve essere totalmente immersa – e mescola con cura.
- Lascia sobbollire per un paio di minuti poi aggiungi il latte, il sale e la noce moscata e lascia cuocere il tempo che prepari i tajarin a fuoco dolce (se lo prepari prima anche per un’oretta… diventa ancora più buono!).
Infine un’ultima degustazione: una chicca per gli amanti dei vini naturali…
Prima di questo vino una doverosa premessa: non sono una talebana dei vini naturali, anzi… tra le due sono una talebana all’incontrario. A me il vino interessa che sia buono e tante volte vedo più un preciso collocamento di marketing che un vero interesse alla naturalità. Inoltre, come è emerso anche nella mia Room su ClubHouse di ieri sera, è paradossale che nel 2021 dobbiamo scrivere che un vino è naturale o che un cibo non contiene olio di palma! Eppure così ci siamo ridotti e non possiamo fare altro che sperare che ci sia un’improbabile inversione di tendenza nel prossimo futuro. Di fianco a più o meno grandi, o grandissimi, produttori che riducono i concetti di biologico o di naturale in un claim per abbracciare una più ampia fetta di consumatori, c’è anche qualche piccolo produttore che lo fa perchè ci crede davvero. Ecco, questo è sicuramente il caso del vino qui sotto.
“Phoenix” 2020, Viticoltori il vino e le rose
Si presenta di un giallo oro carico e brillante. Al naso è particolare, sicuramente si sente che è un vino naturale… o almeno io ormai li individuo subito. Il timorasso è irriconoscibile per come lo intendiamo, ma è comunque interessante. Mi ricorda il sake giapponese. Si riconoscono il cedro, il lievito, la mela e la salsa di soia. in bocca è coerente, equilibrato e persistente con un finale delicatamente agrumato.
Quindi, se cerchi un Timorasso convenzionale ti consiglio di puntare su uno dei due Derthona (o entrambi) tra quelli precedentemente degustati. Se invece vuoi provare come si può esprimere questo vitigno con un approccio completamente diverso questo vino è perfetto.
Clicca QUI per maggiori informazioni su questo Timorasso di Viticoltori il vino e le rose
Ho degustato ancora un Timorasso di cui mi piacerebbe parlarti, ma essendo uno spumante metodo classico te lo racconto nei prossimi giorni in un articolo dedicato proprio al vino piemontese spumante!
A questo punto non vedo l’ora di andare a trovare Federica a Tortona: la sua Aroma Wine Bar Enoteca è stupenda… un piccolo tempio di design, cibi e vini per appassionati che non hanno fretta… proprio come me! Nel frattempo ti segnalo che questi Timorasso e un’altra serie di vini frutto di grande qualità e ricerca sono disponibili nel suo wine shop online… che ne dici, ci beviamo su in quest’ennesima quarantena?
Cheers
Chiara