Sono molto attaccata alla Sicilia, un po’ perché, dopo aver visitato ogni angolo d’Italia, non riesco a trovare un luogo in Italia altrettanto stupefacente per la sua bellezza naturalistica, artistica, gastronomica e umana, un po’ perché ha dato i natali al mio Maestro, Franco Battiato. Per questo oggi ho deciso di raccontarti la storia del vino e della vite e la cucina di questa terra che adoro e in cui spero di ritornare presto, anche perché ci vive uno degli amici più preziosi che ho fin dal liceo, Gabriele Salamone, e la sua splendida famiglia.
Ieri sera sono stata con Francesco al Teatro degli Arcimboldi di Milano ad ascoltare Franco Battiato & Alice. Concerto strepitoso, Battiato e Alice favolosi… peccato per il Teatro, con un’acustica buona (ma a mio avviso non eccellente), ma con dei posti davvero strettissimi, sembrava uno di quei vecchi cinema in cui si stava scomodissimi (è stato inaugurato nel 2002). I biglietti, gli ultimi disponibili i primi di gennaio quando li ho comprati, erano letteralmente in piccionaia (la chiamano platea alta, pensa ai poveretti in galleria laterale!)… 62 € di biglietto? A Ravenna a quasi parità di spesa ero in 2 fila… meglio non pensarci!
Tutti, più o meno, siamo prigionieri delle nostre abitudini, paure, illusioni.
Le sofferenze dovrebbero indurci ad abbandonare l’ego, che chiude la strada del ritorno alla nostra natura divina.
Noi esseri umani siamo orgogliosi del libero arbitrio e guai a chi mette in discussione questa libertà.
Ma ahimè, non è così.
In realtà siamo schiavi delle nostre emozioni che ci determinano, dei desideri che ci dominano e spesso finiscono in tragedia… bella libertà!
La liberazione non può avere legami, né attaccamenti.
Di notte, quando si sogna, ci sembra tutto vero.
Al risveglio scopriamo che non lo era.
Franco Battiato
Ma torniamo a parlare di vino!
Breve storia della viticoltura siciliana
La viticoltura è presente in Sicilia dal 2000 a.C., ancora prima dello sbarco dei coloni greci che ebbero però il merito di migliorare la qualità dei vitigni e delle tecniche colturali. I vini erano prodotti in abbondanza e con grandiosi risultati per la viticoltura dell’epoca e i più famosi erano il Mamertino e il Tauromenio e il vino da solo reggeva l’economia sicula.
A causa della conquista romana intorno all’alba del II secolo a.C., il benessere che aveva conferito l’eccellente panorama vinicolo alla regione siciliana, scompare: Roma obbligò l’espianto della vite in favore del grano e trasformò l’isola nel granaio di Roma, con rovinose conseguenze. Tuttavia gli imperatori romani avevano capito la bontà del prodotto enologico siciliano, tanto che lo stesso Giulio Cesare era un grande bevitore di Mamertino, e, anche grazie a questo, il vino si continuò a produrre anche se in modeste quantità.
Con la caduta dell’impero romano nel 476 d.C. per mezzo dell’imperatore Odoacre (sì, a scuola studiavo molto 😀 ) la Sicilia fu oggetto di varie dominazioni: Vandali, Ostrogoti, Bizantini furono, per fortuna data la pesantissima tassazione che imponevano ai suoi abitanti, spazzati via dagli Arabi, che la occuparono per circa 2 secoli riportando allo splendore questa magnifica regione. Fu grazie a loro che l’agricoltura conobbe una nuova era dorata, anche se questi, per loro cultura, si concentravano soprattutto nel riso e nello zucchero e la vite serviva per produrre l’uva passa, di cui gli arabi facevano un grandissimo uso.
I Normanni, appoggiati dal Papa, riuscirono a cacciare gli Arabi dalla Sicilia e questa divenne nuovamente teatro di guerre e povertà: angioini e aragonesi non portarono benefici all’agricoltura. La vite ebbe una nuova rinascita intorno al 1500 quando la Sicilia passò alla dominazione spagnola, che portò la regione ad una brillante crescita e Palermo quintuplicò la sua popolazione fino a diventare una delle 10 città più popolate, belle e ricche d’Europa… anche grazie alla pace interna che ebbe la Sicilia per tutto il periodo. In questi anni, sulla scia Araba, si favorì la coltivazione della canna da zucchero e della seta e il vino ebbe un nuovo splendore, al punto da iniziare ad essere esportato in tutto il mondo! Purtroppo però la dominazione spagnola ebbe anche un rovescio a causa del forte conservatorismo sociale di cui la Sicilia risente anche oggi e di scelte economiche sbagliate. Ma tanto era la sua forza che seppe rialzarsi anche dopo la grande eruzione dell’Etna del 1669 che distrusse tutta l’area di Catania, e il terremoto del 1693, rimasto alla storia come il 23esimo terremoto più catastrofico della storia dell’umanità, che provocò la morte di oltre 60.000 persone e spazzò via una cinquantina di centri abitati tra Noto e Catania. Alle 13:30 dell’11 gennaio 1693 ci fu una scossa dell’undicesimo grado della scala Mercalli a cui seguì un tremendo Maremoto.
In questi anni tuttavia la vite continuò la sua ascesa e comparvero vini rossi vivaci nel siracusano, vini alcolici nel trapanese e nel palermitano e vini leggeri alle pendici dell’Etna, gli aromaticissimi vini delle Isole Eolie e di Pantelleria… e il vino straordinario che ha reso famosa la Sicilia nel mondo: il Marsala!
Grazie a John Woodhouse che intorno al 1700 fortifica l’ambrato vino marsalese per fargli superare il viaggio fino all’Inghilterra (come successe ad un altro celebre vino, il Porto!) ci fu una stagione prosperosa per il vino siciliano, che aiutò la regione a superare la crisi seicentesca e le catastrofi naturali che l’avevano colpita.
La Sicilia passò per un brevissimo periodo sotto la dominazione dei Savoia e dell’Austria, per poi tornare alla Spagna nel 1734 con il Regno dei Borboni. Un secolo dopo ci fu la più grande catastrofe della vite di tutti i tempi, la Fillossera, che intorno al 1850 distrusse tutte le viti d’Europa tranne rarissime eccezioni. La Fillossera fu importata insieme alle viti americane e infatti queste sono le uniche che, geneticamente, sono capaci di resistere a questo tremendo parassita. Purtroppo la Fillossera arrivò anche in Sicilia e anche qui la viticoltura subì un cambiamento radicale: i piedi dei vitigni erano americani, mentre l’apparato vegetativo e riproduttivo era europeo.
La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo ed il territorio è perlopiù collinare (61%) e questo favorisce molto la coltivazione della vite, cosa minacciata dalla povertà di fonti naturali di acqua come fiumi, laghi e torrenti. Il clima è mediterraneo, caldo e arido sulla fascia costiera, temperato e umido nella parte centrale e sui rilievi. L’influenza del mare crea condizioni climatiche eterogenee che originano una continua ventilazione locale, favorendo tantissimo la vite che, per mantenersi sana, ha bisogno di aerazione. Allo stesso modo, lo Scirocco, che in estate raggiunge i 55°, danneggia gravemente i vigneti a causa anche della siccità che porta con sé. Le precipitazioni sono concentrate solo nei mesi invernali e sono abbondanti solo nelle zone più elevate dell’Etna, dei Monti Iblei e dell’Appennino Siculo.
Quali sono i vitigni coltivati in Sicilia?
Vitigni a bacca bianca: Ansonica, Carricante, Catarratto o Catarratto Bianco Comune, Catarratto Bianco Lucido, Damaschino, Grillo, Inzolia, Malvasia di Lipari, Minnella bianca, Zibibbo
Vitigni a bacca nera: Calabrese, Corinto nero, Frappato o Frappato d’Italia, Mondeuse, Nerello mantellato, Nero d’Avola, Perricone, Pignatello, Shiraz
La cucina Siciliana
La cucina siciliana è il prodotto di tutte le dominazioni che si sono succedute sull’isola, ricchissima e scenografica, è fonte di richiamo per turisti di tutto il mondo. Famosissime la Cassata Siciliana (che Gabriele dice che mangiano solo fuori dalla Sicilia… ma a me piace lo stesso e lui potrebbe raccontarti di come me ne sono sbafata una intera a Ragusa Ibla… la foto che è in apertura all’articolo è proprio Ragusa Ibla e l’abbiamo fatta insieme, c’era anche sua cugina Martina!!) e il cannolo siciliano… entrambi a base di ricotta perché la Sicilia ha una ricotta con una tradizione davvero pazzesca e questi due dolci hanno origini greche! La frutta Martorana è scenografica e buonissima per tutti gli amanti della pasta di mandorle! Altri piatti tipici siciliani sono la pasta alla Norma, a base di pomodoro, ricotta salata e melanzane fritte (la si può sgrassare con un Grillo fresco)… la pasta con le sarde, le sarde a beccafico, la caponata di melanzane, la parmigiana di melanzane… Anche nello street food la Sicilia ha prodotti davvero gustosi: basta pensare al pane e panelle palermitano e agli arancini di riso! Potrei andare avanti ore a parlare della cucina siciliana, ma voglio concentrarmi sugli ingredienti che per me la caratterizzano di più:
- sarde
- melanzane
- ricotta
- mandorle e pasta di mandorle
sarde e melanzane si presentano spesso fritte e per questo un vino che sgrassa può essere molto utile, quindi punterei su un metodo classico locale come il Tasca D’Almerita Spumante Extra Brut o con uno spumante metodo classico a base di Neretto mascalese come il Pàlici della Cantina Patria. Per quanto riguarda la ricotta e la pasta di mandorle, sono quasi sempre accompagnate da una massiccia dose di zucchero nella preparazione degli squisiti dolci, quindi direi che il Mozia è perfetto.
Non dimenticare mai che la Sicilia ha i pistacchi di Bronte e i canditi più buoni che esistono… e per questi un Marsala si abbina bene!
Quale vino siciliano non puoi assolutamente perderti?
Il “Mothia” o “Mozia” dell’Isola di San Pantaleo.
Chiamato anche Vino dei Fenici, riprodotto da un vecchio vigneto di uve Grillo sull’isola-città fondata dai Fenici alla fine dell’VIII sec. a.C., posta nella punta nord-occidentale della Sicilia, quasi difronte a Marsala, dove il mare forma una laguna chiamata Stagnone di Marsala (riserva naturale dal 1984), ricca di sale e iodio e definita un vero paradiso della pesca. Uve sovramature ed appassite sono vinificate con lieviti indigeni. Il vino viene di seguito messo a maturare in piccole vasche di cemento nel tentativo di riprodurre l’antica maturazione dei vasi in terracotta. I Fenici erano noti per la produzione del Canaan, vino dolce e speziato e dagli scavi archeologici sono emersi i buchi lasciati dalla coltivazioni della vite in quei secoli. Questo vino antico è dolce ma non stucchevole e profuma di fico secco, miele e pistacchi.
E poi amo così tanto il Marsala da aver scelto proprio il Pantone Marsala per il sito di Perlage Suite 😉
Grazie alla Sicilia per essere così splendida, anche con le sue contraddizioni.
A presto
Chiara
P.S. La cosa che ricordo con più piacere della mia ultima tappa siciliana è quando con Gabriele (in arte Salem) siamo andati dal pasticcere di Chiaramonte Gulfi di cui non ricordo il nome (spero che Salem mi aiuti in un commento) a riempire le brioche alle 4 di mattina con la sache a poche di ricotta con scaglie di cioccolato e cannella e l’ho riempita così tanto che la pasta mi è esplosa addosso 😀
P.P.S. Mi raccomando, se sei in zona, vai a mangiare da U Dammusu (metti mi piace nella pagina Facebook per rimanere aggiornato!)… io che ci ho mangiato per giorni con Gabriele (non ti dico lo spettacolo di questi piatti che magicamente arrivavano in casa diretti dal ristorante di sotto…) devo dire che merita e, dalle nuove foto, sono migliorati ancora… quindi non vedo l’ora di tornarci, magari anche con Francesco che quando ha visto la loro bistecca gigante di “Brontosauro” su Facebook aveva i goccioloni agli occhi! 😉